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La Cgil conferma le critiche sulla legge di bilancio, che non crea occupazione e non risponde alle necessità del Paese, mentre fornisce un giudizio più articolato sul confronto con il governo sul sistema previdenziale. È quanto emerge dal comitato direttivo di oggi, a Corso Italia, nelle posizioni espresse in due differenti ordini del giorno diffusi al termine della giornata.
Nel documento sulla manovra di bilancio dell'esecutivo, la Confederazione ribadisce le proprie critiche con fermezza. Il comitato direttivo, nel particolare, ritiene che il disegno di legge e il decreto fiscale collegato "non rispondano affatto alle urgenze e alle necessità del Paese". Nella manovra "si conferma l’assenza di una strategia adeguata a uscire dalla crisi, a ritrovare una crescita sostenuta, a ridurre le disuguaglianze e, soprattutto a ricreare occupazione giovanile, femminile e nel Mezzogiorno".
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Lo stesso governo, prosegue, "ammette implicitamente che il risultato programmatico delle misure che intende mettere in campo sarà una crescita molto modesta (1% di Pil nel 2017), però poco credibile anche secondo le principali istituzioni nazionali e internazionali e, al tempo stesso, comunque del tutto insufficiente a recuperare i livelli precedenti alla crisi, oltre che inferiore a tutte le altre economie avanzate incluse quelle europee". Un disegno di legge che assume tratti propagandistici, se non addirittura elettorali, "senza una visione di sviluppo e di lungo periodo. Benché siano ormai tre anni in cui la cosiddetta 'austerità flessibile' ha dimostrato di non funzionare, il governo insiste con una politica economica ancora di tagli alla spesa pubblica e riduzione dei costi alle imprese, anziché prevedere maggiori investimenti pubblici (per i quali se ne programma ancora una volta la riduzione)".
Per la Cgil "si continua ad assegnare bonus, anziché creare diritti. Si scommette su decontribuzione e defiscalizzazione del lavoro, oltre che deregolazione, anziché creare direttamente occupazione". Le imprese, a fronte di circa 15 miliardi di euro di sgravi e incentivi fiscali a pioggia nel biennio 2015-2016 (più altri 20 miliardi tra impegni della scorsa legge di Stabilità, compresa il taglio delle imposte persino sui profitti, e nuove misure in legge di Bilancio), sinora hanno restituito solo 2 miliardi in investimenti fissi all’economia nazionale, secondo i calcoli di Corso d'Italia: "Manca una vera politica industriale e le uniche misure selettive sono quelle legate all’innovazione e alla sostenibilità, come da tempo ha suggerito la Cgil, anche nel confronto istituzionale sul piano Industria 4.0".
Le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici "sono ancora insufficienti", così come i fondi per il turn-over occupazionale nella Pa e i rinnovi dei precari. Non va meglio nel privato, con unica misura di sostegno la detassazione del salario di produttività di secondo livello: "Non è previsto alcun supporto ai contratti collettivi nazionali di lavoro, che invece sono l’unica garanzia di aumento generalizzato dei salari e, perciò, della domanda interna, nonché di regolazione della concorrenza tra le imprese".
La Cgil rilancia il suo Piano del lavoro, "come strategia per uscire davvero dalla crisi e riformare il modello di sviluppo del Paese". In questi anni, ricorda il direttivo, "sono state realizzate alcune esperienze positive di programmazione negoziata e di contrattazione dello sviluppo a livello regionale e territoriale ispirate dal Piano del Lavoro e da Laboratorio Sud, anche se con spostamento di fondi già esistenti, senza poter contare sulla previsione di risorse straordinarie aggiuntive. Ora più che mai, a livello nazionale occorre un Piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile". In legge di bilancio l'unica nota positiva è "l’accoglimento delle nostre proposte sul sostegno fiscale ai lavori di messa in sicurezza antisismica ed energetica".
Sul confronto sul governo in tema di pensioni il giudizio è più articolato, con luci e ombre. La Confederazione riassume i risultati positivi: "L'unificazione della no tax area, l'aumento e l’estensione della platea delle quattordicesime, legate alla storia contributiva. È questo - aggiunge - un risultato necessario, dopo anni di non rivalutazione delle pensioni che deve trovare il suo completamento in un sistema stabile di rivalutazione. Così come sono positive le soluzioni individuate sulle ricongiunzioni contributive, l’eliminazione strutturale delle penalizzazioni sulle pensioni di anzianità, il cambiamento della legge sui lavori usuranti per renderla fruibile, insieme alla cancellazione della finestra mobile e dell’attesa di vita".
Se aver introdotto 41 anni di contributi come riferimento per l'anzianità è "senz'altro positivo", al contrario il capitolo sui lavoratori precoci "è certamente lontano dall'obiettivo che ci eravamo proposti, e soprattutto distante dalle aspettative suscitate. Infatti pur avendo determinato un'area di lavori gravosi ampia, ancora tanta strada serve fare per affermare che i 41 anni sono sufficienti per il riconoscimento della pensione di anzianità".
Poi il passaggio sull'Ape, l'Anticipo pensionistico. "Il riferimento legato all'Ape sociale, (come più volte detto un 'super-ammortizzatore' per affrontare alcune emergenze), è stato però reso molto labile dall'introduzione dei due vincoli (36 anni di contributi e 6 anni di consecutività), che diminuiscono di molto, a nostro avviso, la platea potenziale. Nel dibattito parlamentare chiederemo di ridurne i vincoli". L'Ape generale "pur introdotta in via sperimentale e su cui ribadiamo la nostra contrarietà, invece continua ad avere le caratteristiche di uno strumento finanziario che scarica sui pensionandi le sbagliate rigidità del sistema". Sulla fase 2, inoltre, "riaffermiamo che i titoli sono utili e necessari per ricostruire una prospettiva previdenziale per i giovani e i lavoratori discontinui a partire dalla pensione di garanzia". Un intervento sulla previdenza che non affronti il futuro rischia di rendere instabile il sistema.
In coerenza con la piattaforma unitaria di Cgil, Cisl, Uil e l'obiettivo di modificare la Legge Fornero, infine, la Cgil "impegna tutte le sue strutture ad una campagna di assemblee che oltre ad informare sul verbale di sintesi, articoli il giudizio e costruisca le condizioni di prosecuzione della vertenza anche in relazione alla flessibilità in uscita".