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La Carta dei diritti universali del lavoro è giunta al primo step. Il 7 marzo il nuovo Statuto ha fatto tappa presso la Corte di Cassazione. In quella sede, è stato costituto il Comitato per la raccolta di firme a sostegno della proposta di legge d’iniziativa popolare sulla Carta. “Perché la raccolta di firme sia regolare – ha spiegato Susanna Camusso –, ha bisogno di una serie di passaggi istituzionali, primo dei quali è la validazione da parte della Cassazione”. In tal modo, il progetto di legge d’iniziativa popolare ha mosso il suo primo passo ufficiale. Poi, tra una decina di giorni, si chiuderà la fase di consultazione degli iscritti e delle iscritte, e ai primi di aprile comincerà la raccolta di firme (ascolta il podcast integrale su RadioArticolo1).
Il Comitato promotore è composto dall’intera segreteria confederale, più Morena Piccinini, presidente del Comitato direttivo, Lorenzo Fassina, responsabile dell’Ufficio giuridico Cgil, e due giuslavoristi, Vittorio Angiolini e Umberto Carabelli, che hanno coordinato il gruppo di giuristi che ha lavorato all’impianto giuridico della Carta. “La nostra proposta – ha ricordato il segretario generale Cgil – ha l’ambizione di essere un nuovo Statuto, esteso a tuti i lavoratori, compresi quelli che finora ne sono stati esclusi, gli autonomi, i parasubordinati, i precari. Si tratta di un’innovazione nella storia del diritto italiano, e si propone come un testo compiuto. La raccolta delle firme, che inizierà il mese prossimo e durerà sei mesi, sarà caratterizzata da moltissime iniziative sul territorio, Il nostro obiettivo è arrivare al maggior numero di firme possibile”.
Secondo Angiolini, “la Carta è un’innovazione notevole del diritto del lavoro, che estende i diritti dello Statuto del 1970 a tutti i lavoratori, inclusi gli autonomi e i precari, e dunque vuole essere un compendio comune per unire tutto il mondo del lavoro dal punto di vista dei diritti. Un corpus di norme che sta in contrapposizione a quanto è avvenuto negli ultimi vent’anni nella storia del diritto del lavoro in Italia, dove si è andati esattamente nella direzione opposta. Noi tendiamo a ricostituire il diritto contenuto nella Costituzione, che pone i lavoratori nella condizione di far valere con pari opportunità i propri diritti”.
“Il titolo primo della Carta – ha rilevato Carabelli – è quello che meglio si attaglia alla definizione di diritti di cittadinanza. Ma l’intero progetto dimostra come il sindacato voglia farsi promotore di un nuovo modello di governo dell’economia e del lavoro. Anche le altre due parti della Carta sono importanti: hanno una forte identità e servono a indicare una rotta alternativa possibile a quanto è avvenuto negli ultimi vent’anni, in materia di dignità del lavoro, libertà e uguaglianza. In un contesto dove lo sfruttamento del lavoro si ripropone con maggior forza, il sindacato riveste il ruolo di unica forza di contrapposizione in campo, come soggetto rappresentativo e protettore dei lavoratori. Oggi c’è una profonda delusione di come la politica si sia interessata del lavoro. E il valore aggiunto della Carta è proprio il fermento partecipativo e la volontà di cambiamento insiti nella proposta sindacale. Quanto maggiore sarà il numero delle firme raccolte, tanto maggiore sarà la forza dei soggetti promotori a portare avanti il progetto in sede istituzionale. È un testo su cui l’autonomia del Parlamento è massima, ma l’importante è che non ne venga snaturata la filosofia, che è quella di garantire un domani diverso e migliore ai lavoratori e ai loro figli, quindi al futuro del Paese”.