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Il marmo si è fermato. È durato due giorni il secondo sciopero del settore lapideo, scattato a sorpresa tra il 4 e il 5 giugno scorsi e indetto da Fillea Cgil, Filca Cisl, Feneal Uil e Cobas Marmo nell'area di estrazione e lavorazione di Carrara. Sciopero a sorpresa, ma che in qualche modo era atteso dopo quello del 18 maggio, che aveva al centro la solita questione: il rinnovo del contratto integrativo di settore. Contratto che solo nella zona di Carrara interessa oltre 2.000 lavoratori e centinaia di aziende. All'alba del 4 giugno i cavatori hanno bloccato "la via del marmo", con un presidio davanti alla rotatoria sull’Aurelia, snodo fondamentale per il traffico dei tir in entrata e in uscita dalle cave, permettendo però il transito al traffico leggero.
La mobilitazione cominciata all’alba a poco a poco si è diramata sul territorio: volantinaggio di fronte alle sedi delle principali industrie, dalla Campolonghi alla Marmi Carrara, alla sede della Sam. E poi presidi sparsi. Il più consistente proprio alla rotatoria della via del Marmo con blocco dei camion che che ha paralizzato il traffico ma che è stato rimosso verso le 10; i lavoratori si sono poi ritrovati alla Camera del lavoro per fare il punto sulla situazione. Il secondo giorno di mobilitazione ha visto un nuovo blocco del traffico, presidi e una manifestazione che si è conclusa davanti alla sede dell'Associazione Industriali.
Il contratto è scaduto a dicembre 2014 e con il nuovo anno è iniziata la contrattazione tra aziende e sindacati per rinnovarlo. Ma dopo tre incontri le trattative con gli industriali si sono interrotte e i sindacati hanno organizzato una prima giornata di sciopero generale dalle cave al piano e poi hanno annunciato una serie di altre forme di agitazione e di protesta tra le quali, appunto, possibili scioperi a sorpresa. Come quello di giovedì e venerdì mattina.
“Lo sciopero è completamente riuscito, con un'adesione oltre il 95%, erano anni che non se ne vedeva uno così”, afferma soddisfatto Roberto Venturini, segretario della Fillea Cgil locale: “Negli ultimi tre anni il fatturato delle aziende al piano è aumentato del 12%, ancora di più quello delle imprese dell'escavazione che beneficiano di un export da record. Noi chiediamo che i guadagni siano distribuiti anche ai lavoratori, ma dalle aziende ci sono arrivate proposte ridicole e irricevibili; il problema sono i soldi, perché sulle norme possiamo facilmente trovare un accordo. Le aziende - aggiunge il sindacalista - dicono di non potersi permettere certi aumenti perché non sanno se rimarranno così produttive, viste le difficoltà dell'economia del paese e quelle create dalla nuova legge toscana sulle attività estrattive. Ma ora sono in crescita e pretendiamo che anche i lavoratori godano del momento positivo. Rimaniamo in attesa di una convocazione, ma se non ci sarà durante questa settimana decideremo le nuove iniziative da intraprendere. Noi e gli altri sindacati insieme manterremo alta l'attenzione e non smobiliteremo finché il contratto non sarà firmato”.
L'argomento su cui confederali e associazioni datoriali dovrebbero trovare un accordo è in particolare l'articolo che riguarda l'ammontare dell'indennità di presenza: i sindacati hanno chiesto un aumento di 15 euro, Assindustria si è detta disposta a salire di soli 2 euro, facendo naufragare le trattative. I sindacati hanno poi chiesto l’adeguamento del vestiario, la formazione professionale, di rivedere l’orario di lavoro. E c’è la parte economica su cui Fillea, Filca e Feneal chiedono aumenti, da contrattare, come indennità di disagio e anzianità di settore: per il secondo il premio viene erogato dopo 15 anni di lavoro e dopo 20, mentre ora i sindacati chiedono che sia anticipato rispettivamente a 12 e a 15 anni. Viene chiesto un aumento anche per il premio di risultato, fermo a 619 euro dal 1996. Richieste che gli industriali hanno definito pazzesche. A questo punto la tensione resta alta e, come ribadito da Venturini e dagli altri sindacati, la mobilitazione andrà avanti a oltranza.
Il settore è uno dei più fiorenti in Italia, soprattutto per quanto riguarda l'export di lusso. Il bianco di Carrara è da sempre stato un'eccellenza, il marmo per antonomasia. Sfruttato già all'età del rame per utensili e oggetti decorativi, saranno poi i Romani a iniziare l'attività estrattiva vera e propria per usarlo nelle costruzioni. Dopo la stasi dovuta alle invasioni barbariche, il marmo tornerà ad essere estratto nel Medioevo e usato nella costruzione di chiese, soprattutto del centro Italia, come per il duomo di Firenze e quello di Pisa, così come per la celebre torre pendente. Altrettanta fortuna l'ha avuta nell'arte, come materiale prediletto dagli scultori. Sono di marmo il gruppo scultoreo del Laocoonte, il David e la Pietà di Michelangelo, che sceglieva personalmente i blocchi da usare, o le Tre grazie e Amore e Psiche del Canova. E solo per citarne alcuni tra i più famosi. Curioso, poi, che all'interno di conche di marmo strofinate d'aglio e aromi sia fatto stagionare il celebre lardo di Colonnata. Un altro uso massiccio nelle costruzioni si avrà nel ventennio fascista, quando il regime lo donò anche per una delle due moschee della Spianata del Tempio di Gerusalemme. Oggi la produzione per monumenti e costruzioni è poca cosa, visto l'alto costo del materiale, ma è in forte crescita l'export di lusso; un'eccellenza italiana da difendere e mantenere che speriamo presto riparta con l'intesa tra sindacati e industriali.