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La situazione dei braccianti è drammatica. Il caporalato è sempre molto forte in agricoltura, nell'ambito delle campagne di raccolta e l'abbattimento dei diritti non riguarda più solo gli immigrati, ma anche i lavoratori di casa nostra, soprattutto le donne. L'assenza dello Stato e la diffusione dello sfruttamento della manodopera porta, oltre alla distorsione del mercato del lavoro, con percentuali crescenti di lavoro nero e sommerso, anche all'affermazione di un sistema di welfare di stampo criminale. È il quadro che emerge dalla lunga diretta di RadioArticolo1 di quest'oggi (11 novembre), dedicata alla piaga dello sfruttamento del lavoro ('Basta caporalato, senza se e senza ma'), che ha visto protagonisti la Cgil e la Flai di Vittoria e di tutta la provincia di Ragusa, in Sicilia.
Giuseppe Scifo, segretario della Camera del lavoro di Vittoria, nonché responsabile della Flai di Ragusa, ha ricordato le caratteristiche del caporalato nel suo territorio, uno dei più alti per densità agricola dell'isola. "L'illegalità ha forme diverse da altre zone. Ad esempio, il fenomeno del reclutamento di manodopera non avviene stagionalmente come da altre parti, perché qui si lavora soprattutto nelle serre, con rapporti di lavoro più o meno stabili, non essendoci campagne di raccolta, ma lavori di lunga durata. Negli ultimi anni, assistiamo a un fenomeno di interposizione di manodopera, con i lavoratori perlopiù romeni che si sono sostituiti ai tunisini, la cui comunità è presenta da noi dagli anni Ottanta. Nel corso del tempo e attraverso una forte sindacalizzazione , questi ultimi sono riusciti ad arrivare a un rapporto pressoché paritario con i braccianti locali. Ma oggi il quadro è mutato, con i romeni, per il 40% donne, che accettano di lavorare anche per 25 euro al giorno e a condizioni peggiori. in tal modo, quasi tutte le aziende tendono a rivolgersi a loro. Apparentemente, molte aziende sono in regola e rispettano i contratti, ma le giornate realmente fate sono almeno il doppio e le buste paga di gran lunga inferiori. Una competizione al ribasso, che si può battere con i sistemi delle grande distribuzione organizzata, con politiche di aggregazione delle aziende agricole, da un lato; e grazie all'introduzione della certificazione di qualità dei prodotti del nostro territorio, a garanzia dei consumatori, dall'altro".
"Offriamo sostegno a tutti coloro che cercano di sottrarsi a delle condizioni di sfruttamento, in particolare ai lavoratori delle serre, dove si assiste a un caporalato diffuso e a un'assenza contrattuale generalizzata. Quei lavoratori, spesso donne con bambini al seguito, vivono nelle stesse aziende dove operano durante il giorno in alloggi di fortuna, come baracche di deposito degli attrezzi, dove manca tutto, a cominciare dai servizi igienici. È difficili per noi avvicinarli, poiché sono molto isolati, in quanto in quelle aree non ci sono mezzi pubblici di trasporto. Spesso, sono inconsapevoli delle condizioni di sfruttamento cui vengono sottoposti: lavorano tutto il giorno e mandano i soldi a casa nei loro paesi. L'obiettivo principale da perseguire è spezzare la catena di solitudine e di omertà che li accompagna e cercare di migliorare la loro qualità di vita, prevedendo un sistema di collegamento con il paese e la fruibilità dei servizi sanitari, organizzando anche forme di accudimento dei loro figli lasciati soli durante le ore di lavoro". Così Ausilia Casentini, della cooperativa Proxima di Vittoria.
Sami Rhouma, invece, è il responsabile dell'immigrazione per la Cdl di Ragusa. "La condizione degli immigrati è molto pesante. Ogni giorno, presso gli sportelli Cgil, affrontiamo i loro problemi e non solo quelli lavorativi. Chi arriva, va a nascondersi nei campi, perché è sprovvisto di permesso di soggiorno. E la 'bossi-Fini' non aiuta certo nel processo d'integrazione, soprattutto coloro che stanno qui da molti anni con le proprie famiglie al seguito. Per risolvere il dramma dello sfruttamento, bisognerebbe non legare il lavoro al permesso di soggiorno, come fa la legge in vigore. Così le persone non sarebbero più costrette ad accettare qualsiasi cosa pur di lavorare. Poi dobbiamo dare una mano agli stranieri per quanto riguarda l'abitazione. Qui assitiamo a casi dove si dorme tutti nella stessa stanza dove ci sono insetticidi, anticrittogamici e altri prodotti nocivi per la salute. Molti s'intossicano nel corso del tempo: la loro vita media supera raramente i 55 anni".
Infine, il segretario della Flai di Ragusa, Salvatore Carpentieri, traccia il profilo del settore, numeri alla mano, indicando possibili soluzioni per il futuro. "Nella nostra provincia operano 27.000 lavoratori in agricoltura, di cui una buona metà sono immigrati. Nonostante sette anni di crisi, c'è stata una forte tenuta del lavoro nei campi. Gli iscritti agli elenchi anagrafici dell'Inps non sono diminuiti, ma c'è stato un progressivo mutamento nella gestione interna, con una grandissima riduzione di lavoratori italiani a vantaggio di manodopera straniera, in prevalenza maghrebini e poi romeni: chi lavora nelle serre, anche con temperature di 60 gradi durante l'estate, sono soprattutto stranieri. A mio avviso, due sono le sfide che il sindacato deve lanciare a imprenditori e istituzioni. la prima, quella di puntare a un'agricoltura di qualità, di processo e di prodotto, inclusi i trattamenti riservati al personale. È una sfida che non può essere vinta solo a livello locale, ma che deve riguardare tutta la penisola, con processi che aiutino ad andare in tale direzione, come meccanismi di premialità per le aziende sane, che rispettano i contratti e le condizioni di lavoro dei dipendenti. Non basta essere in regola con i contributi, ma c'è bisogno di controlli più in profondità, perché molte aziende dichiarano versamenti magari per dieci lavoratori, quando il loro organico è più del doppio. Stessa cosa avviene per le giornate di lavoro dichiarate. Dunque, garanzia dei livelli salariali e occupazionali, assicurata dalla presenza sindacale a fare da garante. L'altra sfida è alle organizzazioni d'impresa, che a parole si dicono contro la violazione dei diritti, ma poi in pratica non stanno quasi mai al nostro fianco nell'azione di denuncia delle illegalità, e allo stesso Governo, che dovrebbe intensificare l'azione repressiva di contrasto a quelli che sono veri e propri crimini ai danni dei lavoratori. Negli ultimi anni, però, abbiamo assistito all'esatto contrario, con controlli sul territorio sempre più sporadici e vani".