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Colpisce una donna su dieci nell’arco della vita. È il tumore più frequente nel sesso femminile, rappresentando il 25 per cento di tutte le neoplasie che affliggono le donne. Stiamo parlando del carcinoma mammario, il cancro del seno: la prima causa di mortalità per tumore delle donne (il 22 per cento di tutti i decessi oncologici). Una patologia molto grave se non individuata e curata per tempo: ogni anno in Italia si registrano 40 mila nuovi casi, con un aumento di circa il 2 per cento (in larga parte a causa dell’invecchiamento della popolazione). La malattia, dovuta alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne, non dà dolore e spesso neanche segno di sé (la presenza di noduli palpabili o visibili non è così comune), va quindi diagnosticata con la mammografia o, nelle donne più giovani, con una ecografia.
Ma quali sono i fattori di rischio? L’età, anzitutto: più dell’80 per cento dei casi riguardano donne sopra i 50 anni. Poi la familiarità, la predisposizione genetica, l’uso eccessivo di estrogeni, la prima gravidanza in età adulta, lo stile di vita (valenza negativa hanno l’obesità, il fumo, la mancanza di attività fisica). Evidenze scientifiche che arrivano da più parti, però, mostrano che è oggi possibile aggiungere un altro fattore di rischio: il lavoro notturno.
ARCHIVIO: nel 2001 le prime prove
Negli ultimi mesi, infatti, sono stati pubblicati due importanti studi (riportati in sintesi nella newsletter medico-legale dell’Inca Cgil, curata da Marco Bottazzi), uno danese e uno francese, che confermano questa correlazione. Un nesso già sottolineato nel 2010 dall’International agency for research on cancer, che aveva appunto classificato come “probabile cancerogeno” il lavoro che comporta alterazioni del ritmo circadiano (ossia la normale alternanza tra veglia e sonno). I due studi si concentrano, dunque, sul carcinoma mammario, arrivando alle medesime preoccupanti conclusioni.
La ricerca danese evidenzia come le donne che hanno svolto turni di notte hanno una probabilità quattro volte maggiore di sviluppare il cancro del seno di quelle che lavorano di giorno. Quella francese, oltre a confermare la medesima situazione (seppur con percentuali leggermente diverse), rileva anche come questo rischio sia ancora più accentuato fra le lavoratrici che hanno svolto lavoro notturno in epoca antecedente la prima gravidanza. Ma vediamo ora in dettaglio i singoli risultati.
La ricerca danese
L’indagine riguarda 141 donne colpite da tumore del seno che hanno lavorato nell’esercito danese fra il 1990 e il 2003 (e che hanno sviluppato il cancro a partire dal 2005). Lo studio rivela che le donne impegnate in lavori notturni hanno un maggiore rischio del 40 per cento. Con un effetto cumulativo: le donne che lavorano almeno tre turni di notte a settimana per sei anni hanno il doppio del rischio di ammalarsi di quelle che lavorano solo uno o due notti a settimana. In generale, le maggiori evidenze sono state osservate nelle donne con cronotipo diurno (ossia che sono più attive nella prima parte della giornata) e turni di notte molto intensi.
La ricerca è stata realizzata da Johnni Hansen e Christina Funch Lassen dell’Institute of cancer epidemiology di Copenaghen, finanziata dal Danish cancer society e pubblicata nel maggio scorso nella rivista Occupational and Environmental Medicine. È stata conseguita mediante un questionario di 28 pagine (centrato su lavoro, famiglia, stili di vita, tempo libero, ma con domande anche sull’utilizzo dei contraccettivi, l’effettuazione di terapie ormonali, le modalità e i tempi di esposizione al sole), le risposte sono state poi confrontate con quelle fornite da 551 colleghe di pari età, anch’esse impegnate nelle forze armate, non affette da tumore del seno.
Lo studio smentisce anche un’ipotesi formulata in indagini precedenti, che legavano lo sviluppo del tumore alla minore esposizione alla luce solare delle lavoratrici notturne: i raggi del sole favoriscono livelli più alti di vitamina D, ed è dimostrata l’associazione tra la carenza di questa vitamina e l’aumentato rischio di cancro. Hansen e Funch Lassen hanno invece registrato che le lavoratrici notturne spendono all’aperto, quindi al sole, un tempo addirittura maggiore delle loro colleghe che lavorano di giorno. La spiegazione suggerita dai due epidemiologi, dunque, è di carattere biologico, legata cioè alle variazioni dei livelli ormonali a causa delle interruzioni dell’orologio “interno” del corpo. L’inversione del ritmo circadiano sopprime la produzione di melatonina pineale, un ormone che ha una funzione di protezione da alcune neoplasie, rallentando lo sviluppo delle cellule tumorali.
La melatonina normalmente aumenta di notte, al buio, mentre diminuisce se esposti alla luce artificiale, come appunto accade nel lavoro notturno, colpendo altri ormoni che influenzano la crescita delle cellule del seno. Le pazienti affetti da cancro del seno, infatti, tendono ad avere livelli più bassi di melatonina rispetto alle donne non malate. A dimostrazione che a fare la differenza è l’interruzione del ciclo circadiano e la mancata produzione di melatonina, concludono i due ricercatori, è il fatto che il rischio aumenta sensibilmente in chi lavora almeno tre notti alla settimana (cioè una quantità tale da alterare il ritmo sonno-veglia), mentre è meno determinante in chi lavora solo una o due notti alla settimana.
Lo studio francese
Anche questa ricerca conferma che il rischio di tumore del seno aumenta nelle donne che lavorano di notte. A questo risultato sono giunti gli esperti dell’Institut national de la santé et de la recherche médicale (Inserm) di Parigi, confrontando i percorsi professionali di 1.200 donne affette da tumore del seno nel periodo 2005-2008 con quelli di 1.300 non malate. Anche l’indagine francese, pubblicata sulla rivista International Journal of Cancer, si concentra sull’alternanza sonno-veglia (e sulle conseguenze della sua alterazione nelle lavoratrici notturne), sugli effetti anti-cancerogeni della melatonina, sulla modificazione del funzionamento dei geni dell’orologio biologico che controllano la proliferazione cellulare. I ricercatori dell’Inserm hanno accertato un rischio di tumore del seno nelle lavoratrici notturne di circa il 30 per cento maggiore rispetto alle altre lavoratrici.
Questo aumento del rischio è particolarmente significativo per le donne che hanno lavorato di notte per un periodo pari o superiore ai quattro anni, o per quelle che hanno effettuato turni lavorativi che prevedevano almeno tre notti alla settimana, alternando quindi periodi di lavoro diurno e notturno. “I rischi di cancro al seno legato al lavoro notturno – ha spiegato Pascal Guenel, direttore di ricerca dell’Inserm – sono pari ad altri fattori di rischio noti, come le mutazioni genetiche, i trattamenti ormonali o l’età avanzata della prima gravidanza”. La ricerca, infine, ha anche rivelato che l’associazione fra lavoro notturno e tumore del seno sembrerebbe più significativa fra le lavoratrici che hanno svolto lavoro di notte in epoca antecedente la prima gravidanza: in questo caso il rischio sale dal 30 al 50 per cento. Un risultato, ha ipotizzato Guenel, che potrebbe essere dovuto al fatto che “in questo caso le ghiandole mammarie sono ancora non completamente differenziate, dunque più vulnerabili e soggette a turbamenti”. In conclusione, il direttore di ricerca dell’Inserm ha ricordato che l’indagine “ha confermato i risultati di studi precedenti e pone il problema di prendere seriamente in considerazione il lavoro notturno nella gestione della salute pubblica, tanto più che il numero di donne che lavorano in orari atipici è in aumento”