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Terzo sciopero nazionale dei 10 mila lavoratori degli appalti ferroviari (servizi di pulizia dei treni e stazioni, ristorazione e accompagnamento sui vagoni notte). Lo stop, indetto da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Taf, Slm Fast Confasl, si svolgerà venerdì 26 ottobre per l’intera giornata. Presìdi sono previsti in tutta Italia, davanti alle sedi delle Prefetture. Gli scioperi precedenti si sono tenuti il 24 settembre e il 20 luglio scorsi.
“Il settore è colpito da anni da una grave crisi economica conseguente alle scelte delle società del gruppo Ferrovie dello Stato di frammentare oltre misura i lotti e accettare ribassi eccessivi da parte degli appaltatori, rinunciando così alle economie di scala possibili solo con gli accorpamenti”, spiega una nota sindacale: “Durante le gare, le valutazioni delle offerte da parte delle committenze avvengono senza tenere conto del costo del lavoro previsto dal contratto della mobilità attività ferroviarie, anche perché le tabelle di costo orario sulle quali andrebbero effettuate le valutazioni di congruità non sono state mai pubblicate dal ministero del Lavoro, nonostante siano state concordate fra le parti stipulanti nel ccnl del 16 dicembre 2016. Quindi, viene vanificata la clausola sociale e contrattuale concordata tra sindacato e Confindustria sui tavoli del contratto dei ferrovieri in un’ottica di inclusione”.
Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl Taf, Slm Fast Confasl puntano l’indice anche sulla pratica dei sub-affidamenti da parte dei grandi consorzi nazionali. Una pratica “che, pur essendo perfettamente legittima, aumenta le criticità legate alla sostenibilità economica dei lotti, in quanto nella catena dei subappaltatori si riducono i profitti. Questo produce un ricorso inevitabile agli ammortizzatori sociali e il decadimento della qualità del servizio, oltre alle violazioni contrattuali da parte degli appaltatori, fino all’applicazione di contratti diversi da quello previsto, e i ritardi cronici nei pagamenti degli stipendi”.
I sindacati sottolineano anche che “la committenza Ferrovie dello Stato, di proprietà interamente pubblica, non sta dimostrando alcuna responsabilità sociale di fronte al 20 per cento di esuberi dichiarati a livello nazionale su un totale di circa 10 mila addetti”. E rimarcano che “la fine degli ammortizzatori sociali, prevista dal Jobs Act per il 24 settembre scorso (quando scadevano i 36 mesi dei contratti di solidarietà), potrebbe trovare solo una parziale soluzione nella proroga di 12 mesi contenuta nel decreto fiscale, che resta però solo un pannicello caldo in quanto non costituisce una soluzione strutturale ma solo temporanea”.
I sindacati, allora, anzitutto invocano l’apertura di un tavolo di confronto con il gruppo Ferrovie dello Stato con lo scopo “di concordare soluzioni strutturali per fare uscire questo settore dalla crisi in cui versa da troppi anni. E chiedono con forza “l’accorpamento dei lotti, l’applicazione delle tabelle di costo nelle valutazioni per gli affidamenti delle gare, la fine dei sub-affidamenti senza criteri, insieme a una verifica dei volumi di attività per il miglioramento della qualità dei servizi ai viaggiatori”.