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Durissima reazione di Fillea, Filca e Feneal all’ennesima beffa che si sta consumando contro gli edili in materia di anticipo pensionistico e Ape social. Dalla Lombardia, dall’Abruzzo e dalla provincia di Enna arrivano i primi comunicati al vetriolo contro quella che si sta manifestando come una autentica truffa, come ricordano gli edili della Lombardia: “Il governo, oltre a ridurre di molto la platea dei lavoratori edili che potrebbero accedere all’Ape social, prevede modalità di presentazione delle domande molto complesse tese a scoraggiare la presentazione delle stesse. Non è sufficiente affermare che il governo ha colto il concetto che non tutti i lavori sono uguali ai fini dell’approdo pensionistico e poi tradurre materialmente la norma in modo che pochi lavoratori abbiano l’accesso. La coerenza tra il predicato e il praticato ci deve essere altrimenti si corre il rischio di ingenerare l’ennesima ingiustizia sociale a scapito di chi, a 63 anni, ha il fisico logorato dal lavoro gravoso e pesante”.
Per queste ragioni dalle segreterie regionali dei sindacati arriva la richiesta “di modificare sia i requisiti di accesso all’Ape social, come hanno richiesto i lavoratori che hanno occupato le piazze del 25 maggio, sia la modifica delle circolari n. 99 e 100 dell’Inps (che dettagliano le istruzioni per la presentazione delle domande) prevedendo la possibilità di presentare la domanda anche priva di una parte degli allegati richiesti che potranno essere presentati entro una data limite successiva". Infatti in un settore dove la discontinuità del lavoro è molto diffusa perché insita nella tipologia dello stesso, recuperare tutta la documentazione richiesta in pochi giorni è impossibile,
In Abruzzo i sindacati hanno fatto i conti: da una verifica effettuata presso le cinque casse edili abruzzesi emerge che sarebbero 885 lavoratori ai quali si preclude la possibilità di accedere all’Ape sociale, ciò non solo per il requisito penalizzante “che richiede di dimostrare 6 anni di contributi pieni negli ultimi 7 anni di lavoro, un requisito che trancia l’accesso alla maggioranza dei lavoratori edili”, ma anche per la recente circolare Inps n.99/2017 la quale richiede ai lavoratori soggetti a lavori gravosi di presentare le dichiarazioni dei datori di lavoro per ciascun periodo di lavoro.
Tutto ciò viene effettuato con una leggerezza e una superficialità, prosegue l'organizzazione, "come se non fosse cosa nota che in questi anni di crisi sono sparite il 40% delle ditte edili, mentre questi dati sono invece già in possesso della stessa Inps poiché le ditte edili devono versare il 4,7% in più di contributi per la cassa integrazione a copertura proprio del lavoro discontinuo che è la caratteristica del settore. Avendo l'Inps già tutto quel che serve, perché chiede una certificazione che il lavoratore dovrebbe fare miracoli per produrre, mentre invece è già in possesso della stessa Inps? Inoltre non si era stabilito il divieto di chiedere alle persone documenti già in possesso di altre pubbliche amministrazioni? Figuriamoci se sono già in possesso dello stesso ente”.
E, come se non bastasse, per gli edili ci sono ulteriori complicazioni “ammesso che vi sia la classica mosca bianca che riesce a dimostrare di essere un lavoratore precoce, di avere le attestazioni da parte i datori di lavoro, di avere i contributi pieni per 6 anni spalmati negli ultimi sette anni di lavoro, questo lavoratore si reca presso un patronato per fare l’accesso e accade che sul menu a tendina dove va indicato il contratto nazionale, si trova un altro ostacolo perché non compare il contratto edilizia” raccontano gli edili abruzzesi, che chiedono a gran voce di “trovare in queste ore soluzioni realmente praticabili, non solo attraverso i dati già in possesso dall’Inps, ma anche incrociandoli con quelli in possesso dalle casse edili e trattare i lavoratori edili e le lavoratrici e lavoratori discontinui tutti garantendo loro eguali principi e stessa accessibilità alla norma”.