Sono state circa 1,3 milioni le ore di cassa integrazione richieste e autorizzate, a ottobre, in provincia di Ancona: 448.000 di cig ordinaria, 403.000 di cig straordinaria e 437.000 di cig in deroga. È quanto emerge dai dati resi noti dall’Inps ed elaborati dall’Ires Cgil Marche.
Rispetto a ottobre 2014, le ore di cig diminuiscono di circa il 50%, con riduzioni che interessano la cigs (-67,9%) e in deroga (-56%); la cigo, invece, aumenta (+42,1%). Dall'inizio dell'anno, le ore di cig richieste e autorizzate sono oltre 12 milioni, il 17,2% in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
Osservando le singole tipologie di cassa integrazione per i primi dieci mesi del 2015, si rilevano le seguenti tendenze: le ore di cassa ordinaria sono pari a 4,5 milioni, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2014 (+8,3%). A livello di settori, si registrano incrementi per la meccanica (+26,3%) e il calzaturiero (le ore di cig sono più che raddoppiate rispetto al 2014). Le ore di cigs ammontano a 4,8 milioni, con una riduzione del 29%, rispetto allo stesso periodo del 2014, diffusa a tutti i principali settori, fatta eccezione per il calzaturiero, in cui le ore di cigs raddoppiano. Il ricorso alla cassa integrazione in deroga è pari a 2,8 milioni di ore, in calo del 24,2%, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. La diminuzione è dovuta soprattutto alle variazioni negative registrate per i settori dei trasporti e dei servizi in genere. Aumenta la cig in deroga, invece, nei settori del mobile (+23,6%), della chimica (ore raddoppiate) e del calzaturiero (+27%).
“A differenza del dato regionale sulla cig, ad Ancona si registra un incremento di quella ordinaria, per la seconda volta consecutiva da agosto – dichiara Vilma Bontempo, della segreteria della Cgil di Ancona –; un dato che preoccupa e conferma che la ripresa è ancora fragile. In alcuni settori, come il metalmeccanico, siamo nel pieno della ristrutturazione e i decreti applicativi del Job Act sugli ammortizzatori sociali rendono più complicate le soluzioni ai problemi occupazionali. Occorre, dunque, a livello locale, costruire tavoli che, anziché agire sul conflitto e sulla contrapposizione, provino a risolvere le ragioni del disagio sociale legato alla mancanza di lavoro”.