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Giustizia è stata fatta, almeno per i lavoratori delle Officine grandi riparazioni di Bologna uccisi dall’amianto. E la Filt Cgil, che si era costituita parte civile nel processo, ha ottenuto 50 mila euro di risarcimento, che ora impiegherà per intensificare la battaglia contro l’asbesto. Sono state rese note in questi giorni le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’appello bolognese ha condannato, lo scorso gennaio, i dirigenti delle Officine e i responsabili medici delle allora Ferrovie dello Stato. E per l’occasione la Filt Cgil bolognese ha convocato una conferenza stampa, proprio allo scopo di commentare le decisioni contenute nelle 120 pagine di motivazioni.
La sentenza di gennaio sancisce quindi le responsabilità connesse alle morti provocate dall’amianto. La Corte d’appello si è pronunciata su due sentenze di primo grado emesse dal Tribunale penale di Bologna, entrambe incentrate su una quindicina di decessi registrati alle Officiene per mesotelioma pleurico o altre malattie cancerogene derivanti dalla fibra killer: la prima del 2009, conclusasi con una condanna; la seconda del 2012, conclusasi con un’assoluzione. La Corte ha firmato un’unica decisione di merito, ribadendo la sentenza di condanna e ribaltando l’assoluzione (per i reati di omicidio colposo e violazione plurime delle normative in materia di salute e sicurezza), stabilendo quindi la condanna complessiva dei dirigenti dell’epoca.
“Una sentenza molto netta, dove c’è chiarezza sufficiente per poter dire che tutto poteva essere evitato” spiega l’avvocato della Filt Cgil bolognese Donatella Ianelli. Si dà atto, continua la legale, che “l’amianto non doveva essere respirato” e che le malattie da esso provocate “si sviluppano nel corso degli anni”. E Ianelli così conclude: “La situazione globalmente intesa porta a ritenere che non possono esserci altre cause dietro le morti dei lavoratori, senza esporre le responsabilità a possibili macchinazioni scientifiche”. Tutto si poteva evitare, dunque, e questa “è una frase scritta in maniera molto chiara nella sentenza”.
La Filt Cgil, intanto, si è costituita parte civile anche in altri processi attualmente in corso sempre per i decessi alle Officine grandi riparazioni: tre procedimenti sono già al dibattimento, altri sono ancora in fase istruttoria. Secondo la Ausl bolognese sono 403 le vittime dell’amianto, ma il numero potrebbe essere più alto, visto che numerosi lavoratori hanno operato alle Officine per periodi di tempo limitati, per poi trasferirsi in altre aziende o fuori regione. “A un certo punto – conclude il segretario Filt Cgil Bologna Alberto Ballotti – molte operazioni sono state esternalizzate: noi siamo riusciti a seguire le aziende più grandi, ma delle esternalizzazioni più piccole si sono perse le tracce. È quindi davvero molto difficile dire cosa è successo, dove e quando”.