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“Non mi sento di dire che siamo in guerra, ma è certamente vero che ormai nessuna guerra è troppo lontana da non riguardarci direttamente. Il terrorismo colpisce l'Europa, ma anche continuamente il Medio Oriente, ha colpito la Tunisia, il nord Africa, colpisce la Turchia ormai quasi ogni settimana. E’ una costante drammatica, e insieme una delle principali cause che stanno spingendo centinaia di migliaia di persone a fuggire dai propri paesi”. Lo afferma Carlotta Sami, portavoce dell'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu (Unhcr), ai microfoni di RadioArticolo1 (ascolta il podcast integrale). “Non penso solo al Medio Oriente – spiega – ma anche alla Somalia, pensiamo alla Nigeria, al Niger: tutto questo è all’origine di quelle fughe e flussi di rifugiati vediamo arrivare nella nostra Europa”.
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Terrorismo e rifugiati non hanno nulla in comune. “I rifugiati stanno fuggendo da quegli stessi attacchi che purtroppo iniziamo a subire anche noi, ma va detto con chiarezza che l’arrivo dei rifugiati non c’entra nulla con gli attacchi terroristici. In nessuno degli attacchi – infatti – è mai stato presente come autore un rifugiato, bensì sempre cittadini europei”. Gli attentati non cominciano ora, ma vengono da lontano. “Sono iniziati diversi anni fa in Spagna, sono stati portati avanti da cittadini assolutamente europei, che però - evidentemente - si sono spesso recati in Siria. C’è stata una saldatura: il grande problema è proprio la guerra in Siria, che si è poi riprodotta e allargata fino a toccare l'Iraq. Guerra che ha portato ulteriori violenze e instabilità in moltissimi paesi a, cominciare dalla Turchia ma anche dalla Libia: le persone che arrivano qui fuggono da quella condizione, non vengono qui certamente per riviverla in nessun modo”.
I rifugiati dunque non sono una minaccia. “Purtroppo la chiusura delle frontiere, così come anche la chiusura delle nostre menti, non hanno mai fatto avanzare l'umanità: questo è il tema che più ci dovrebbe preoccupare perché in questo momento c’è una fortissima regressione della moralità, dei valori su cui siamo abituati a vivere. E’ una conseguenza, una reazione alla paura – a suo avviso -, e se continuano queste spinte possono causare un arretramento nel nostro progresso civile: questa è la paura che come europei ci deve spaventare di più”.
Carlotta Sami si sofferma poi sul fenomeno migratorio, sottovalutato dall’Europa in passato. “L’unico modo per riparare all'errore iniziale – dice - è quello di ritrovare la capacità, il coraggio di guardare ai fatti perché purtroppo le politiche europee degli ultimi anni hanno avuto come principale effetto il caos e soprattutto il fallimento di ogni decisione. Non si è voluto lavorare sui fatti, che sono molto più complessi: gli arrivi hanno ragioni complicate che vanno analizzate, ci portano a paesi in guerra, alle conseguenze a lungo termine di questi conflitti, alle relazioni tra diversi paesi che non sono europei”. E’ mancata la capacità di leggere davvero i problemi. “Sono state prese decisioni sulla base del panico – osserva Sami -, e di calcoli a brevissimo termine, spesso a fini solamente elettorali: calcoli fatti spesso dai singoli Stati con spirito di individualismo e visione molto corta. E’ necessaria un’analisi seria delle cause e un approccio di solidarietà tra gli stati europei, di comune responsabilità. Le decisioni sulla spinta della paura non possono avere effetti positivi”.
In questo contesto torna in discussione il Trattato di Schengen. “Le frontiere esterne dell'Europa vanno sicuramente gestite, non c’è dubbio, ma certamente non a discapito di chi cerca protezione dalle guerre. E’ inconcepibile che il continente più ricco del mondo non riesca a gestire il flusso di diverse centinaia di migliaia di rifugiati e migranti. Ci sono paesi con risorse molto minori che lo hanno fatto ricevendo flussi anche più grandi. In Libano c’è un rifugiato siriano ogni quattro cittadini libanesi, in Turchia vivono oltre 2,7 milioni di rifugiati siriani, più rifugiati di altre nazionalità: dare protezione è possibile, deve essere fatto”, conclude.