Questa mattina, tutti i giornali italiani aprivano con la notizia del team di ricercatrici dell'Ospedale Spallanzani di Roma che è riuscito a isolare il coronavirus. Un successo che nei prossimi giorni permetterà di conoscere meglio e combattere l'agente patogeno causa di un'epidemia che ha presto travalicato i confini della Cina dove si è diffuso inizialmente e - complice anche la condivisione di notizie palesemente false - causa di una sorta di psicosi collettiva che ha colpito le nostre città. Anche i gruppi di ricerca dell'Ospedale Spallanzani non sono immuni dal virus della precarietà. Precaria è infatti una delle tre donne che sono riuscite a svelare alcuni dei segreti del corona virus. I ricercatori scientifici sono una delle più grandi ricchezze del nostro Paese. Una ricchezza di fatto messa ai margini dell'ambito scientifico a causa della mancanza di lungimiranza e di fondi dedicati da parte dei nostri ultimi governi. Chi lavora nell'ambito della ricerca scientifica in Italia lo fa senza contratti stabili e senza certezze per periodi di tempo che possono arrivare fino ai 50 anni. A differenza degli Stati Uniti o dei paesi europei più avanzati, i ricercatori italiani dopo essersi a lungo formati si trovano davanti a una difficile scelta: continuare a lavorare nei laboratori e nei centri di ricerca italiani, ma privi delle basilari tutele professionali, o emigrare per entrare a far parte delle équipe dei centri di ricerca esteri con la speranza di poter abbracciare un percorso positivo di carriera. Per chi resta, di fronte a stabilizzazioni aleatorie o inesistenti, diventa molto difficile programmare la propria vita, acquistare casa, programmare un figlio. E il presente, per loro, non è privo di frustrazioni. (a cura di Davide Colella)
Tutta la ricerca (precaria) che c'è
Hanno contratti a tempo, guadagnano tra i 1.000 e i 1.500 euro e i loro progetti personali vengono continuamente rinviati a un domani che non arriva mai. La vita precaria del ricercatore nei racconti di due di loro: Elisa Tremante e Giovanna Occhilupo
3 febbraio 2020 • 15:31