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Il volume “L’officina delle idee” (a cura di Andrea Allamprese, Ivano Corraini e Lorenzo Fassina, Ediesse 2016, con prefazione di Susanna Camusso e postfazione di Fulvio Fammoni) raccoglie, come recita il sottotitolo, “le carte della Consulta giuridica della Cgil”, dalla sua fondazione nel 1987 fino al 1995, organizzate in ordine cronologico, digitalizzate e rese consultabili via web dall’Archivio storico della Cgil nazionale. Si tratta di contributi scritti, bozze di progetti di legge, interventi e relazioni a seminari che testimoniano, da un lato, l’evoluzione del diritto del lavoro italiano e che, dall'altro, rappresentano un’occasione di riflessione sul rapporto fecondo che, nell’esperienza italiana, si è costruito tra intellettuali e movimento sindacale.
Il libro nasce dal bisogno di tornare sul percorso fatto dalla Consulta giuridica della Cgil in un momento storico che ha accompagnato alcuni tra i momenti più importanti della confederazione, in un periodo – come efficacemente sottolineato da Susanna Camusso nella prefazione – “che coincide con una fase cruciale del sindacato confederale, a cavallo tra prima e seconda Repubblica, nel delicato passaggio della globalizzazione e delle politiche neoliberiste”. A maggior ragione, di fronte ai grandi cambiamenti dell’oggi, diviene importante volgere lo sguardo a quel periodo, non per attaccamento nostalgico al passato, ma per coglierne gli elementi di continuità e di trasformazione rispetto alla complessità della realtà odierna.
Lavorare sulla storia e sulla memoria è collocarsi tra passato e futuro. Questo il significato principale del volume, orientato essenzialmente a ricostruire l’attività di supporto tecnico-politico che la Consulta giuridica della Cgil ha offerto – nell’arco di quasi un ventennio – all’azione sindacale, cogliendo la relazione tra tale attività e le trasformazioni del diritto del lavoro. Attraverso un lavoro corale, proseguito nel corso del tempo e che ha visto coinvolte figure con diverse professionalità, si è giunti a comporre la pubblicazione, che potrà servire anche come stimolo per ulteriori ricerche e approfondimenti su una materia viva quale la storia del diritto del lavoro e su temi che rappresentano tuttora un fondamentale filo conduttore nelle recenti scelte della Cgil, a partire dalla Carta dei diritti universali del lavoro.
In questo senso, in una prospettiva “storica”, appare assai utile e stimolante culturalmente la lettura del saggio di Paolo Passaniti sul rapporto tra i giuristi e il “sindacato dei diritti” di trentiniana memoria, un rapporto di collaborazione feconda basato sul reciproco rispetto e sulla pluralità e circolarità delle opinioni e dei saperi (rapporto reso ancora più virtuoso dal determinante apporto organizzativo del compianto Giovanni Naccari, al quale il volume è dedicato). È del resto risaputo che tra il finire degli anni ottanta e l’inizio del decennio successivo il diritto del lavoro visse in Italia una fertilissima stagione: il contributo della Consulta fu determinante per il perfezionamento e l'approvazione di nuove regole di rappresentanza democratica attraverso la creazione di organismi di rappresentanza elettiva (accordo interconfederale del 1993 sulle Rsu); per la tutela della dignità di ciascun lavoratore e di ciascuna lavoratrice attraverso l’estensione del principio di giustificatezza dei licenziamenti (legge n. 108/1990); per la riunificazione del mondo del lavoro attraverso il superamento dello steccato storico tra settore pubblico e settore privato (legge n. 421/1992 e dlgs n. 29/1993); per l'armonizzazione tra diritto di sciopero e altri diritti costituzionali della persona (legge n. 146/1990).
Ma non meno fruttuose culturalmente, anche se non diedero esiti legislativi, furono le elaborazioni sull'estensione delle tutele del lavoro, al di là dell’orizzonte del singolo rapporto di lavoro, e la riconsiderazione dei problemi di effettività della giustizia del lavoro. A ben vedere, si tratta per lo più di tematiche la cui continuità storica si salda idealmente al grande sforzo di ricomposizione del mondo del lavoro fatto proprio dal disegno di legge di iniziativa popolare – la “Carta dei diritti universali del lavoro. Nuovo statuto delle lavoratrici e dei lavoratori” – che la Cgil ha recentemente presentato in Parlamento, corredato da un milione e 200 mila firme: individuazione di un catalogo di diritti di derivazione costituzionale da riconoscere a tutti coloro che lavorano, indipendentemente dalla forma contrattuale impiegata; valorizzazione dei recenti importantissimi esiti contrattuali interconfederali sulla rappresentanza, attraverso una doverosa attuazione dell'articolo 39 della Costituzione, al fine di dettare regole certe, democratiche e inclusive per la contrattazione; riaffermazione del sacrosanto principio secondo cui chi viene licenziato ingiustamente deve riottenere il proprio lavoro; ricognizione di un sistema di regole chiare ed efficaci per rendere effettivi i diritti dei lavoratori in sede giudiziaria (e non solo).
Come efficacemente sottolineato nel volume da Passaniti, “in un presente dominato dall’insostenibile leggerezza del ‘diritto del lavoretto’, l’unica risposta alla negazione dei diritti sembra essere rappresentata da un’azione sindacale in grado di ripensare, nello scenario della rivoluzione digitale, alla tutela del lavoro come fonte di cittadinanza e attributo essenziale alla dignità della persona: il ‘chi rappresenta chi’ aggiornato ai nuovi perché”. Sembra evidente che a queste domande la Cgil abbia dato una risposta forte, chiara e convincente, sia con la redazione della Carta dei diritti che con i referendum a sostegno del progetto di legge di iniziativa popolare. A tutti noi, ciascuno secondo le proprie attitudini/competenze, non rimane che l'impegno di “dare gambe” a questo ambizioso progetto di vera e propria rivoluzione sociale e culturale.