Nel Paese sbagliato, nell’epoca sbagliata. Luigi Bernardini era il guardiano notturno di un cantiere nel tratto dell’A12 in direzione Genova. Luigi Bernardini aveva 76 anni. Luigi Bernardini è morto nella notte del 12 ottobre, investito da un’auto tra Deiva Marina e Sestri Levante mentre, secondo le ricostruzioni dei suoi colleghi, attraversava la carreggiata per controllare e cambiare una luce di segnalazione che non funzionava. Luigi Bernardini non lavorava in nero, aveva un regolare contratto con la ditta appaltatrice della società concessionaria, la Salt, gestita dal gruppo Gavio, uno dei giganti nel settore delle autostrade in Italia e all’estero.

Ecco che i pezzi di questo puzzle surreale combaciano, nel Paese sbagliato e nell’epoca sbagliata. Perché solo in questi tragici anni Venti italiani di disinteresse per la sicurezza di chi, lavorando, manda avanti il Paese, le infinite catene di appalti e subappalti possono dare una spiegazione al fatto che Luigi Bernardini a 76 anni potesse fare un lavoro notturno di questa pericolosità per una società, risalendo la gerarchia, che nel settore gode del prestigio internazionale.

Luigi Bernardini era solo in quella notte triste. Il suo lavoro, a un tiro di schioppo dagli 80 anni, prevedeva che restasse solo. In quel non luogo che sono i tratti autostradali di notte, tutti uguali, posti in cui passiamo veloci con il sollievo di lasciarceli velocemente alle spalle, ce lo immaginiamo salutare gli operai a fine turno e restare solo nel piccolo prefabbricato di guardiania adiacente al cantiere. A lui il compito di controllare che i coni spartitraffico e le lampadine rosse e gialle che indicano i cambi o i restringimenti funzionassero e fossero al loro posto.

Luigi Bernardini a 76 anni non è morto per un fusibile da cambiare, proprio dietro una curva, secondo la testimonianza dell’investitore in stato di shock. Luigi Bernardini è morto, proviamo a ricostruire, perché a 76 anni i riflessi sono più lenti, la vista, al buio, di notte, ti inganna, la stanchezza vince sulla prudenza e attraversi in curva per risparmiare altri cento metri di cammino. È morto perché a 76 anni doveva essere al sicuro nella propria abitazione, non in un cantiere autostradale. È morto perché non gli era toccato in sorte di vivere in un Paese civile, dove gli anziani quasi ottantenni non hanno bisogno di lavorare per vivere. Hanno già dato.

La storia di Luigi Bernardini andrebbe raccontata nelle scuole e nelle università, a quei ragazzi per i quali i giornali, proprio in queste ore, prevedono, bene che vada, la pensione a 71 anni. Noi che qualcosa l’abbiamo imparata, seguendo il peggioramento delle condizioni di ritiro Finanziaria dopo Finanziaria in tutti questi anni, sospettiamo che quello del governo Meloni sarà solo l’ennesimo piccolo passo verso un futuro molto più nero. Luigi Bernardini ci fa pensare ai vecchi – quasi sempre di colore – che negli Stati Uniti spuntano all’ora di chiusura dei fast food e dei diner con secchio e spazzolone, che lì la pensione è sostanzialmente privata e chi non se l’è potuta permettere lungo tutta la vita arriva ai 70 o agli 80 e ancora deve trovare qualcosa per sbarcare il lunario.

La sua è una storia terribile che tutti dovrebbero tenere a mente. E invece a lui non è stato concesso, post mortem, neanche il quarto d’ora di celebrità che i tg e le pagine dei giornali di questo Paese donano generosamente ai tanti Gianbruno. È spuntato qui e lì, su qualche cronaca locale. Ha suscitato la rabbia e lo sgomento dei sindacati, gli unici soggetti che ormai tentano di risvegliare le coscienze di chi governa affinché investa soldi e attenzione su questo tema. E sì che, altro paradosso, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ne ha fatto sempre una battaglia personale. Inascoltato persino lui.

Luigi Bernardini è l’autobiografia di questo Paese, sbagliato, che ha svenduto il proprio welfare, un anno dopo l’altro. Coccolando gli evasori e tagliando su sanità, istruzione e pensioni per far quadrare i conti. Si comincia con i diritti fondamentali. Quello alle cure, quello al sapere, quello a una vecchiaia dignitosa. E poi si arriva a quello più fondamentale di tutti, il diritto di restare in vita. Che ormai, in questo Paese e in quest’epoca, non viene più garantito a chi lavora.

In fondo Luigi Bernardini è quel che è, solo un altro morto sul lavoro.