“Non ho voluto rinunciare a questo appuntamento per rispetto di un sindacato che è la più antica organizzazione del lavoro della nazione, e in coerenza con un percorso di ascolto che il governo ha inteso inaugurare e portare avanti”. Ha esordito così oggi (venerdì 17 marzo) la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo a Rimini al XIX congresso della Cgil.
La premier ha subito sottolineato che “oggi è il 17 marzo, la data che segna la nascita statutaria della nostra nazione. Con questa presenza credo che possiamo autenticamente celebrare l'unità nazionale, che non è annullare la contrapposizione, che ha invece un ruolo positivo ed educativo. L'unità è l'interesse superiore, il comune destino che dà un senso alla contrapposizione”.
Entrando nel merito delle ricette economiche del governo, Meloni ha detto che “bisogna pensare una strada nuova, mai intrapresa finora: puntare tutto sulla crescita economica. Veniamo da un mondo in cui si diceva che la povertà si poteva abolire per decreto, ma la povertà non è stata abolita. La ricchezza la creano le aziende, assieme ai lavoratori”.
Per Meloni la sfida della crescita è “alla base della riforma fiscale approvata ieri (ndr. giovedì 16 marzo) dal Consiglio dei ministri. Una riforma complessiva che migliori l'efficienza della struttura, riduca il carico fiscale, semplifichi gli adempimenti”. Con la delega “vogliamo creare un rapporto diverso tra fisco e contribuente: questo non significa tollerare l'evasione fiscale, ma non confondere la caccia all'evasione con la caccia al gettito”.
La riforma, ha rimarcato Meloni, prevede la “diminuzione progressiva delle aliquote Irpef, che non vuol dire far venire meno la progressività, ma aumentare sensibilmente lo scaglione per la prima aliquota per ricomprendere molti lavoratori dipendenti”.
Ci sono poi “l'introduzione anche per i dipendenti di una tassa piatta sugli incrementi di salario e una sostanziale introduzione del riconoscimento del principio del merito, unico solo e vero ascensore sociale che esista”. Il governo, inoltre, intende “rendere interamente deducibili le spese per trasporto pubblico, istruzione, asili nido”. Altro obiettivo è “elevare il tetto dei fringe benefit e renderlo monetizzabile in determinate circostanze, come la nascita di un figlio”.
Concludendo l’elenco delle misure fiscali, la premier intende “rendere deducibili i contributi dei lavoratori agli enti bilaterali e allineare i lavoratori dipendenti ai pensionati sulla no tax area”. Infine, l’esecutivo è al lavoro per “abbassare gradualmente l'Ires per le società che assumono a tempo indeterminato: il principio è più assumi, meno tasse paghi”.
Per raggiungere l’obiettivo di “garantire retribuzioni dignitose e adeguate”, l'introduzione del salario minimo legale “non è la strada più efficace” perché diventerebbe “non una tutela aggiuntiva ma una tutela sostitutiva” rispetto alla contrattazione collettiva, sostiene la premier. La strada più efficace è “estendere i contratti collettivi ai settori non coperti allargando la platea dei tutelati”.
Meloni fa poi una proposta alla Cgil: “Un sistema di ammortizzatori sociali universali che tuteli nello stesso modo chi perde il posto di lavoro, sia questo dipendente, autonomo o cosiddetto atipico. Cioè dare a tutti le migliori garanzie possibili. Ma che siano le stesse, senza costruire una cittadella di garantiti impermeabile a chi rimane fuori”.
La premier lancia anche l’allarme sui “segnali di un ritorno alla violenza politica. Lo abbiamo visto con l’inaccettabile assalto da parte di esponenti dell’estrema destra alla sede della Cgil. Lo ritroviamo nelle minacce di movimenti anarchici che si rifanno alle Brigate Rosse. Penso che sia importante che tutte le forze politiche, i sindacati, i corpi intermedi combattano insieme contro questa deriva”.
Quanto alla “doverosa abolizione del reddito di cittadinanza”, Meloni la rivendica: è “una misura che ha fallito gli obiettivi per i quali era nata perché c'era a monte un errore: mettere nello stesso calderone chi poteva lavorare e chi non poteva”. Ma “chi è in grado di lavorare non deve essere mantenuto dallo Stato. Credo che la strada sia un'altra, proporre posti di lavoro dignitosi”.
La presidente del Consiglio si dice d’accordo con Maurizio Landini quando afferma “che c'è stata in passato un assenza di chiare scelte di politica industriale”. E accenna, per “invertire la tendenza, all’obiettivo “di trasformare l'Italia nell’Hub di approvvigionamento energetico d'Europa”.
Dopo aver difeso il progetto di riforma costituzionale in senso presidenzialista, e rivendicato le politiche per gli anziani, per le famiglie, le donne e le giovani coppie messe in campo dal governo, Meloni promuove il dialogo tra sindacati ed esecutivo: “A differenza del segretario Landini io non considero finto questo confronto”.
E conclude: “Rivendicate senza sconti le vostre istanze nei confronti del governo. A volte saremo d'accordo e riusciremo a fare cose insieme, a volte non saremo d'accordo, ma quelle istanze troveranno sempre un ascolto serio e privo di pregiudizi”.