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La pandemia ha accelerato l’utilizzo delle tecnologie digitali in tutti i settori sanitari. Molte le esperienze già conosciute, come le televisite, le prenotazioni online (soprattutto per le vaccinazioni) e le prescrizioni elettroniche, servizi digitali già diffusi in vari Paesi europei. La digitalizzazione è dunque sicuramente una modalità che permette di accedere ad alcuni servizi in modo sicuro (come nel caso del ricorso alle televisite durante la pandemia), efficiente (riducendo le distanze e i tempi di attesa per alcuni servizi come le prenotazioni online) e, in base al servizio, presentano le stesse evidenze di efficacia. Inoltre, proprio per la capacità di ridurre le distanze, i servizi digitali possono essere particolarmente utili in quelle zone, come le aree interne, in cui non sono presenti strutture sanitarie.
Vi è tuttavia un elemento importante da considerare: il capitale umano. L’indice di digitalizzazione dell'economia e della società (Digital Economy and Society Index, DESI), composto da quattro elementi (capitale umano, connettività, integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali) riporta che l’Italia è in ritardo rispetto agli altri Paesi europei risultando al ventesimo posto su 27 (si veda l’ultimo rapporto DESI, 2021).
In particolare, il fattore che più di altri risulta essere indietro è il capitale umano, inteso come competenze digitali sia avanzate che di base. Questo denota il fatto che vi è una barriera potenziale all’accesso a questi servizi per mancanza di alfabetizzazione digitale, in particolare nelle fasce di popolazione più anziane.
L’indagine condotta dai ricercatori della Scuola Superiore S’Anna di Pisa ha avuto come obiettivo quello di comprendere l’utilizzo e la propensione delle persone anziane a utilizzare i servizi digitali, con riferimento a coloro che vivono nei comuni delle aree interne di quattro regioni italiane.