L’automotive rischia di implodere, soprattutto dopo i tagli ai finanziamenti pubblici. La petrolchimica annaspa per la crisi legata alla competizione, ai costi dell’energia, alle restrizioni ambientali. Gli altri settori sono investiti, se non travolti, dalla transizione energetica e digitale, l’intero sistema produttivo dalla conversione ecologica. E il Governo Meloni che fa? Con le scelte che sta compiendo, anche in manovra di bilancio, accelera il declino.

Sciopero & transizioni

Le grandi transizioni andrebbero affrontate con politiche, investimenti e un intervento statale in grado di difendere l’occupazione, anche attraverso nuovi ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti, capaci di creare nuovo lavoro, costruire un modello di sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale e industriale.

E tra tutte le transizioni in ballo, quella ecologica e ambientale è un’emergenza assoluta e globale, visto che è ormai certo che nel 2024 supereremo 1,5°C di aumento della temperatura del pianeta, con le conseguenze catastrofiche che già viviamo: l’alluvione che ha colpito Valencia ne è un esempio.

Se, invece, si continua di questo passo, si andrà a sbattere. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti e si stanno già verificando: crisi aziendali, licenziamenti, aumento ancora più pronunciato della cassa integrazione, che è cresciuta dell’84,2 per cento a settembre rispetto al mese precedente.

Automotive in crisi

Quello che sta accadendo al comparto automotive è emblematico: si trova in una fase di profonda trasformazione e crisi e ha bisogno di un sostegno per garantire la competitività del settore, la difesa dell’occupazione e l’innovazione tecnologica, indispensabile per affrontare le sfide del futuro. I sindacati Fiom, Fim e Uilm chiedono che i 4,6 miliardi del fondo dell’auto che sono stati azzerati vengano non solo ripristinati, ma anche incrementati, in linea con le necessità attuali e con quanto si dovrà ottenere anche a livello europeo, per sostenere una giusta transizione ecologica e occupazionale.

A questo vanno aggiunti i pesanti ritardi nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e l'assenza di qualunque strategia per il Mezzogiorno, a cui si continuano a tagliare fondi, 5,3 miliardi in meno nel triennio 2025-2027.

I motivi per lo sciopero generale di venerdì 29 novembre di Cgil e Uil, quindi, ci sono e sono tanti: sindacati e lavoratori si fermeranno per otto ore in tutti i settori per l’intero turno e manifesteranno in 40 piazze per chiedere di cambiare una manovra che fa acqua da tutte le parti e di perseguire la strada di un modello sociale ed economico sostenibile.