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Solo tagli. Questa è la filosofia della manovra di bilancio all’esame del Parlamento. E questa è la ragione che ha portato Cgil e Uil a indire lo sciopero generale per il prossimo 29 novembre. Otto ore di astensione dal lavoro con manifestazioni territoriali in tutte le regioni per rivendicare che un’altra politica economica non solo è possibile ma indispensabile. Per rimettere al centro i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, dei pensionati, delle cittadine e dei cittadini, per affermare la necessità di un diverso modello sociale.
Tagli inevitabili?
Assolutamente no. È sempre questione di scelte, di priorità, di modello economico. È certo vero che Meloni e Giorgetti hanno firmato il nuovo Patto di stabilità europeo riportando il Paese sulla via dell’austerità, potevano contrattare altro ma non l’hanno fatto. Ed è altrettanto vero che sulla base di quel patto sempre gli stessi due hanno predisposto un Piano strutturale di Bilancio che prevede una correzione di bilancio di 13 miliardi l’anno per i prossimi sette anni. Ma la correzione di bilancio poteva e può essere fatta non con i tagli ma andando a prendere i soldi dove ci sono: evasione, extra profitti, grandi patrimoni. E invece no. Il governo ha deciso di tagliare tutto ciò che è pubblico dalla sanità all’istruzione, dai servizi alle pensioni fino ai salari, e vedremo come.
Il colpo alla sanità
È forse il capitolo più doloroso, e quello sul quale si raccontano più menzogne. Il Servizio sanitario nazionale sarà ulteriormente decurtato. Era già stato definanziato dalle ultime due manovre, sempre targate Meloni, e non riesce a far fronte ai bisogni di salute della popolazione tanto che, nel 2023, il 7,6% della popolazione italiana, ben 4,6 milioni di persone, ha rinunciato a curarsi, contro il 6,3% del 2019.
In manovra è scritto nero su bianco che il finanziamento raggiungerà - nel 2027 - il livello più basso mai registrato in rapporto al Pil, pari al 5,91% (un livello che mette a rischio l’aspettativa di vita delle persone). Se questo vale per il pubblico, invece il privato gioisce: solo per la spesa sanitaria privata i cittadini spendono di tasca propria 46 miliardi di euro all’anno: chi naturalmente può permetterselo.
I danni all’istruzione
Un esempio di incoerenza e di non rispetto della Costituzione? Quel che è previsto per la scuola. Da un lato si mina il diritto costituzionale all’istruzione, dall’altro si prevede un ulteriore – il senza oneri per lo Stato previsto dalla Carta è ormai sono una indicazione formale non rispettata - finanziamento per le scuole private. E già, perché mentre la manovra prevede il taglio di 5.660 posti per insegnati e 2.174 posti per personale amministrativo e ausiliario, un emendamento di Fratelli d’Italia prevede un bonus di 1.500 euro a studente da spendere solo nelle scuole private paritarie.
Tagli agli enti locali
Quelli di quest’anno si sommano a quelli previsti dalla manovra dello scorso anno, e il conto è presto fatto. Con la legge di bilancio dello scorso anno si sono previsti tagli per 1 miliardo e 300 milioni, con quella all’attenzione del Parlamento in queste ore è prevista una riduzione della spesa corrente dal 2025 al 2027 di 3 miliardi e 710 milioni. Avete letto bene, 3 miliardi e 710 milioni in meno per pagare gli stipendi dei dipendenti comunali e regionali, le utenze e le spese di funzionamento degli uffici. Ma non solo: anche per pagare la manutenzione delle strade o del verde pubblico e per erogare servizi di welfare locale. Davvero una bella sforbiciata che colpirà lavoratori e lavoratrici, ma anche i cittadini e le cittadine soprattutto i più fragili.
E al lavoro pubblico
Da anni sentiamo parlare della necessità di un piano straordinario di assunzioni, della difficoltà delle pubbliche amministrazioni perché in sotto organico. Ebbene, invece di reclutare personale Meloni e la destra al governo tagliano il personale e lo fanno di nascosto. Si reintroduce il blocco parziale del turn over, su 4 in quiescenza solo 3 verranno sostituiti. E poi attraverso le risicatissime risorse per il rinnovo dei contratti si conferma il taglio del potere di acquisto delle buste paga dei dipendenti pubblici di 2/3.
E tagli al personale sono anche quelli che scaturiranno dalla mancata stabilizzazione dei precari. Infine, con gli incentivi a rimanere al lavoro fino a 70 anni, in realtà si taglia la possibilità di rinnovare la pubblica amministrazione attraverso le assunzioni di giovani. E per di più è stato firmato l’accordo separato nel rinnovo del Ccnl delle Funzioni centrali, attaccando direttamente l’autorità salariale e normativa della contrattazione nazionale. La Cgil rivendica il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di decidere e validare o meno il contratto attraverso il referendum.
Non finiscono qui
Sono previsti 1,5 miliardi di tagli al ministero dell’Interno, tagli lineari che costituiscono una mazzata e incideranno negativamente su tanti fronti della sicurezza a iniziare dalle assunzioni, per arrivare all’acquisto di mezzi, apparecchiature, politiche alloggiative, formazione, fino all’acquisto di beni di copisteria. Mentre la povertà aumenta si tagliano le risorse per contrastarla. Mentre l’età media della popolazione aumenta e con essa la fragilità e le malattie croniche, non un euro sul capitolo non autosufficienza. E mentre il settore dell’automobile è in crisi il governo è riuscito a tagliare pure il fondo per l’automotive. E ci sono definanziamenti che corrispondono a tagli: non si stanzia un solo euro per garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, dove continua a consumarsi, nell’indifferenza del governo, la strage quotidiana. Non si fa nulla per contrastare una precarietà che, da lavorativa, sempre più spesso diventa esistenziale, costringendo 100mila giovani a emigrare ogni anno (anzi: con il “Collegato Lavoro” la si aumenta ulteriormente).
Ma la spesa militare aumenta
Armi e armamenti se la godono. È l’unico capitolo di spesa che non solo non viene tagliato ma anzi aumenta. Le spese militari cresceranno dell'importo di 35 miliardi di euro da qui al 2039, di cui 7,4 miliardi nel triennio 2025 – 2027. È semplicemente inaccettabile - secondo la Confederazione di Corso d'Italia - che si pensi di convertire, con i soldi pubblici, la nostra economia in un'economia di guerra, scelta che non può portare nulla di buono, anzi prepara solo nuove tragedie (come se non bastassero quelle in corso).
Contro i tagli, sciopero generale
Lo hanno ribadito il segretario generale della Cgil Maurizio Landini e quello della Uil Pierpaolo Bombardieri. Le ragioni dello sciopero generale convocato per venerdì 29 novembre, oltre che per contrastare la manovra dei tagli, trovano ulteriore conferma nella totale sordità del governo e nel tentativo di limitare il diritto costituzionalmente garantito di astensione dal lavoro. Scioperare è un diritto che lavoratori e lavoratrici eserciteranno per dire forte e chiaro che le politiche economiche e sociali del governo non vanno bene. Occorre cambiare modello sociale e modello economico rimettendo al centro il lavoro dignitoso e di qualità.