Il giorno dello sciopero generale è arrivato. Oggi (venerdì 29 novembre) l’Italia si ferma per otto ore, contro la manovra di bilancio del Governo Meloni e per chiedere di cambiare rotta. Cgil e Uil hanno proclamato lo stop, i lavoratori e lavoratrici saranno in piazza in manifestazioni territoriali in tutto il Paese. Nello specifico, ogni parte del mondo del lavoro italiano si prepara alla protesta. Dalle fabbriche ai lavoratori pubblici, dal terziario ai servizi, dai giovani ai pensionati, le categorie si organizzano per partecipare alla mobilitazione.

Italia verso la deindustrializzazione

Le fabbriche saranno chiuse. Lo afferma chiaramente il segretario generale Fiom Michele De Palma: “I metalmeccanici scioperano per conquistare un futuro con politiche industriali adeguate alle transizioni tecnologica e ambientale”, dice: “Sono anni che in Italia assistiamo all’assenza di politiche industriali da parte dei governi che si sono affidati ai mercati. Le grandi famiglie capitalistiche hanno preferito la finanza all’industria o ceduto le loro aziende alle multinazionali. Producendo la deindustrializzazione dell’Italia. Scioperiamo per difendere l’industria con la contrattazione nazionale, l’aumento dei salari e la difesa del lavoro”.

Allo stesso modo gli operai edili, pronti a scendere dalle impalcature per denunciare la loro condizione: prima di tutto il lavoro nero. “Mentre nel 2024 i pensionati pagheranno 17 miliardi di Irpef in più, il governo chiede prestiti alle banche, spalancando così le porte al lavoro nero. Azzerare i bonus casa, riducendo le spese detraibili per ristrutturazioni, significa colpire i lavoratori onesti e i dipendenti, favorendo chi vive di evasione”, asserisce il segretario generale Fillea Cgil Antonio Di Franco: “Serve un piano casa in linea con la direttiva ‘case green’, che permetta alle fasce deboli di poter affittare, comprare e ristrutturare. Il settore ha bisogno di visione e programmazione di lungo periodo che possa garantire continuità occupazionale, di qualità e regolare”.

Lavoro pubblico, a rischio i servizi ai cittadini

Da parte sua, il lavoro pubblico non se la passa meglio: viene costantemente umiliato e rischia di non garantire più i servizi ai cittadini. Lo spiega la segretaria generale Fp Serena Sorrentino: “Andiamo in piazza perché la manovra rischia di colpire gravemente le amministrazioni locali, in virtù dei tagli e del blocco del turn-over, che vedranno una riduzione del perimetro pubblico e dei servizi ai cittadini. Insieme a questo, senza risorse, c’è una difficoltà nel garantire salari adeguati a lavoratrici e lavoratori. E c’è il caso straordinario della sanità: il ministro annuncia risorse, ma non bastano per i rinnovi e i livelli essenziali di assistenza”.

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Serve occupazione stabile e dignitosa

Nel settore del terziario e dei servizi la piaga si chiamava lavoro precarietà. Così il segretario generale Filcams Fabrizio Russo: “Il lavoro povero e precario è la profonda frattura sociale che sta segnando questo momento storico nel nostro Paese. La manovra di bilancio concepita dal governo non fa che esacerbare la scarsità di risorse e l’incertezza nella quale una larga parte di lavoratrici e lavoratori è costretta a vivere. Scioperiamo per chiedere un cambiamento che riconosca dignità e stabilità al lavoro”.

Basta lavoro irregolare e caporalato

L’altro grande campo che soffre di lavoro irregolare si chiama agricoltura. “Oggi il settore agroalimentare vale quasi 70 miliardi di euro l’anno di valore aggiunto: una ricchezza enorme, che chiediamo al governo di redistribuire con una giusta riforma fiscale, innalzando salari e tutele ai lavoratori, soggetti più degli altri agli effetti del cambiamento climatico e chiamati ogni giorno a dare il proprio difficile contributo alla transizione ecologica”, sottolinea il segretario generale Flai Giovanni Mininni: “Vogliamo più controlli contro l’irregolarità del lavoro agricolo e la piaga del caporalato. Chiediamo politiche che favoriscano l’integrazione dei migranti e un impegno serio e concreto per la pace”.

Eliminare ogni forma di precarietà

C’è un sindacato che gli atipici li rappresenta attraverso la propria azione: è il Nidil, più che mai pronto a scendere in piazza. “Scioperiamo perché bisogna cambiare rotta sul riconoscimento di diritti e tutele di chi lavora, indipendentemente dal tipo di contratto”, evidenzia il segretario generale Nidil Andrea Borghesi: “Occorre eliminare le tipologie più precarizzanti, favorire la continuità occupazionale e la parità di trattamento, introdurre un compenso equo per gli autonomi, ammortizzatori sociali universali e pensione contributiva di garanzia per i discontinui. Serve un piano straordinario per l’occupazione nella pubblica amministrazione, superando lo sbarramento previsto per i somministrati”.

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Nessuna visione sui trasporti

Anche nei confronti del sistema dei trasporti il governo italiano dimostra di non avere una visione. In tal senso è chiara la posizione della categoria: “I 120 milioni stanziati nella manovra per il trasporto pubblico locale sono una goccia nel mare”, pone in evidenza il segretario generale Filt Stefano Malorgio: “Questo governo non dimostra alcun interesse per il settore. Nella legge di bilancio manca una visione del sistema dei trasporti, sia correlata alla qualità della vita dei cittadini sia allo sviluppo industriale. Inoltre, in questa situazione i contratti non sono rinnovati e noi abbiamo i grandi contratti dei trasporti che sono tutti scaduti”.

Nella conoscenza solo tagli

Un altro nodo centrale per lo scenario nel nostro Paese si chiama. Anche qui il governo ha scelto di usare solo le forbici. “Scioperiamo per cambiare una manovra finanziata con i tagli a tutti i settori della conoscenza e per contrastare le pessime riforme di questo governo”, dichiara la segretaria generale Flc Gianna Fracassi: “Vogliamo ottenere le giuste risorse per il rinnovo del nostro contratto e per difendere il potere d’acquisto dei salari massacrati dall’inflazione. E scioperiamo per superare, finalmente, l’abuso dei contratti precari nella scuola, nell’università, negli enti di ricerca e nell’Afam”.

Alla conoscenza fa eco il sindacato dei lavoratori della comunicazione, che vede uno scenario fosco per i suoi addetti. Questo sciopero generale interessa tutte le lavoratrici e i lavoratori del mondo della comunicazione, perché vivono nei propri luoghi di lavoro l’assenza di una politica industriale e le scelte sbagliate di questo governo”, rileva il segretario generale Slc Riccardo Saccone: “Ciò riguarda le telecomunicazioni, le Poste che si vorrebbe in parte privatizzare, le regole penalizzanti del tax credit per il settore cine audiovisivo. Così come la Rai, che il governo tende a occupare, mettendo a rischio il pluralismo del servizio pubblico. Ecco perché chiameremo tutti allo sciopero e saremo in piazza per difendere un’altra idea di Paese”.

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Una giusta transizione energetica

Sull’energia si gioca una partita imprescindibile, sia per l’oggi che per il futuro. Servono politiche per assicurare una giusta transizione, secondo la Filctem. Il 29 novembre scioperiamo per dire no alla manovra finanziaria e chiedere al governo politiche industriali che consentano la transizione energetica salvaguardando l’occupazione”, illustra il segretario generale Marco Falcinelli: “La componentistica non metalmeccanica dell’automotive e il destino di Versalis sono temi industriali d’interesse nazionale su cui l’esecutivo deve dare risposte”.

Sugli extraprofitti dall’esecutivo arriva solo propaganda. Scioperiamo per garantirci un futuro”, argomenta la segretaria generale Fisac Susy Esposito: “Il settore del credito avrebbe bisogno di una linea di indirizzo politico, ma questo governo sui fronti caldi – politiche industriali, Mezzogiorno e Pnrr – non ha alcuna strategia. Come dimostra la propaganda fatta sugli extraprofitti, misura tradotta in un semplice prestito, quando avremmo bisogno di ripensare il sistema fiscale in una logica di progressività, chiedendo a chi ha di più di contribuire di più”.

Il diritto a pensioni dignitose

Infine i pensionati. La categoria della Cgil sarà nelle piazze con forza per sostenere lo sciopero generale. “Saremo in piazza – afferma la segretaria generale Spi Tania Scacchetti – contro un fisco che grava solo su lavoratori e pensionati: pagano i più poveri e non si chiede nulla a rendite e profitti. Contro i tagli a enti locali e sanità pubblica, contro i decreti che colpiscono la libertà di manifestare; per rivendicare il diritto a pensioni dignitose, rivalutate per tutelare il potere d’acquisto. La non autosufficienza non può restare un affare privato: la legge va finanziata. Saremo in piazza per le pensionate e i pensionati, ma anche per garantire ai giovani un futuro più giusto”.

Tutto il mondo del lavoro, dunque, è pronto allo sciopero generale.