Lavoro e amore. E’ di questo che parla Stefano Massini, attore e scrittore, nel corso dell’assemblea delle assemblee a Bologna. “Vorrei parlare di lavoro, ma in un modo particolare, con un titolo che potrebbe sembrare insolito: Del perduto amore. Può sembrare strano accostare il lavoro all'amore, ma in realtà non lo è affatto. Vorrei parlare proprio di questo: di quell'amore perduto, un tempo fortissimo, che legava le persone al proprio mestiere”.
Ecco quell’amore che ormai si sente lontano, perso, perché se un tempo l'Italia era “la terra delle arti e dei mestieri” e “il lavoro era nobile, importante, amato profondamente, nonostante la fatica e le difficoltà”. Oggi invece, lo sottolinea, ci siamo allontanati da tutto questo. Qualcosa ha lentamente strappato via quel rapporto con il lavoro, pezzo dopo pezzo, fino a renderlo distante”.
E questa rottura è arrivata perché “il mondo del lavoro è diventato un Far West, dove i diritti sono un lusso. Lo dicevo l'anno scorso dal palco di Sanremo, lo ripeto oggi: fino a quando non insegneremo nelle scuole che i diritti sono diritti, e non privilegi, non andremo da nessuna parte”, continua Massini.
Racconta poi di una domanda che si è posto: "L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma quale lavoro?". E da questo interrogativo è nata una filastrocca, profonda e toccante:
Buongiorno Italia sul lavoro fondata Ma quale lavoro? Te lo sei domandata? Buon lavoro a te che un lavoro ce l'hai e buon lavoro a te che un lavoro non l'hai visto mai, a te che se ti chiedono di lavoro tu che fai? Abbassa gli occhi e la risposta non la sai.
Buon lavoro, Buon lavoro ai dipendenti, agli autonomi, alle partite Iva, a chi a fine mese non ci arriva.
A chi non ha un lavoro ma in una lista fra cento lavori fa l'equilibrista, dice mi troverò prima o poi un'occupazione. A forza di dirlo e all'età della pensione. Buon lavoro, buon lavoro a chi nel lavoro c'è ma non si vede né si sente, ai rider, ai precari, ai call center. Buon lavoro. Sì, buon lavoro a quelli che li buttano fuori appena il vento cambierà. E l'Italia è un paese ventoso, si sa.
Buon lavoro, buon lavoro a chi si batte, a chi lotta, duella e spesso finisce che la porta è quella. Buon lavoro, Buon lavoro a chi di lavoro fa il datore e quindi investe, assume, fa l'imprenditore, cioè si prende la responsabilità di una rima fra lavoro e dignità. Buon lavoro buon lavoro a quelli che non sono stanchi con tutto che hanno i capelli bianchi buon lavoro a te che sei giovane, stai iniziando ancora non sai né dove né come, né quando, ma perché porti curriculum vitae e ti fanno domande, ti chiedono referenze, domande assortite, ma non puoi chiedere mai quanto verrai pagato.
Se lo chiedi vieni scartato e appena dici questo lavoro lo potrai anche avere. Ti dicono grazie, le faremo sapere. Buona giornata dunque. E comunque a chi con le unghie insiste dovunque. Buon lavoro, buon lavoro a te che fai le fotocopie ma sei laureato, a te che fammi un caffè diplomato. Buon lavoro, buon lavoro a te che sei sottovalutato, sottopagato, sottostimato e sotto tutti sotto sotterrato.
Buon lavoro a te che alla prova non ti hanno mai messo fuori. Sorridi ma piangi lo stesso perché a chiacchiere chi cade si rialza, ma con le porte sbattute in faccia non si rimbalza. Buon lavoro, Buon lavoro a quelli che non sono, a quelli che non sono stanchi e con le unghie, con i denti, lottano con i raccomandati, con i ruffiani, con gli incompetenti.
Buon lavoro, Buon lavoro a quelli che vanno in ufficio come si va in trincea con l'ansia, la colite, la diarrea? Perché c'è un'unica legge in questo cazzo di torneo ed è che dentro questo rodeo come sei non vai mai bene, questo è certo. Se sei giovane sei inesperto, se a quarant'anni resti senza lavoro, sei vecchio, sei vecchio, sei vecchio tesoro.
Se poi sei una donna, come si fa? Nessuno ti assume il rischio maternità. E se poi sei una donna sei brava e ti fai pure il culo. Ti dò l'aumento. Sì, a pacche sul culo. Buon lavoro, buon lavoro. Sì, buon lavoro a te che tutto questo ti fa vomitare, ma il lavoro ti serve e non lo puoi gridare.
E allora pensi che a forza di star zitto ti stai fottendo fino all'ultimo diritto. Buon lavoro, buon lavoro, buona giornata, buon lavoro, buon lavoro a te che stai sulla corda precario intermittente e quindi ricorda niente che hai mai garantito il lavoro? Ora c'è, poi puff, sparito, è diventato roba da prestigiatori. Harry Potter è il patrono dei lavoratori. Buon lavoro, Buon lavoro.
Buona giornata a te. Che un contratto vero non l'hai mai visto. Tutt'al più un misto, diciamo. Facciamo risultare che lavori 3 ore al giorno. Non ti piace? Togliti di torno tanto come te fuori c'è la fila. Guarda, ce ne saranno 2000. Buon lavoro, Buon lavoro a chi un lavoro se l'era conquistato, ma le macchine gliel'hanno rubato. Buon lavoro.
Buon lavoro a un contratto, Oh, ma ancora sta roba qua? Ma poi sto contratto che diritti vi dà? È roba di sinistra. Chi ti si fila? Nel terzo millennio i diritti sono tutti in pila. Buona giornata. Buona giornata a chi nel lavoro c'è morto, schiacciato, bruciato, travolto. A chi mai e poi mai l'avrebbe pensato che quella sera a casa non sarebbe tornato. Ma non se ne parla. È tutto normale. E dunque avanti fino al prossimo funerale. Che poi, a sentire la gente, è sempre stato un tragico incidente.
Basta, ho finito la liturgia, adesso sto per andarmene via. Ma c'è una parola che si usa e della quale niente si sa, che poi è la parola dignità.
Ma c'è un'unica cosa prima di andar via che conclude questa liturgia ed è che è il lavoro si dà, si cerca, si fa, semplicemente perché il lavoro è umanità.