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Daniela Morozzi, attrice fiorentina da sempre impegnata nel sostenere le cause sociali, ha firmato per i referendum proposti dalla Cgil ieri, 13 giugno, nel corso di “Fiom in Festa” di Firenze, dove è anche intervenuta tra gli ospiti nel dibattito dedicato alla violenza di genere.
Daniela, perché ha scelto questa occasione?
Avrei potuto farlo in altre occasioni, ma mi è stato chiesto di farlo alla festa e mi sono sembrati il luogo e il momento giusti. Ci sono atti che hanno un valore simbolico e farlo dentro la festa del sindacato credo che sia uno di questi, mi corrisponde. A volte quando vai nei posti ti chiedono di mostrare la carta d’identità, ecco la mia firma è stata in quel contesto la mia carta d’identità.
Perché è importante firmare?
Ho deciso di firmare innanzitutto perché non sono mai stata d'accordo con il Jobs Act, tra l'altro voluto fortemente dal governo Renzi, quindi da un governo di centro-sinistra. Il Jobs Act ha cercato di rendere più flessibile il mercato del lavoro, ma credo che lo abbia fatto soltanto a danno delle lavoratrici e dei lavoratori. Per questo condivido in pieno i quesiti proposti dalla Cgil. Pensiamo a quello che pone un tetto ai contratti a tempo determinato, o alla possibilità che è stata data al datore di lavoro di licenziare di fatto senza giusta causa e soprattutto di aver nella sostanza rimosso la possibilità del reintegro, a fronte di un risarcimento che può risultare anche insufficiente. Io trovo che tutto ciò non sia proprio tollerabile, e firmo in maniera convinta perché penso che il lavoro sia la questione centrale in questo paese da sempre. Con il Jobs Act la situazione si è aggravata moltissimo, e con l’attuale governo il precariato continua a crescere, così come il lavoro povero. E invece abbiamo bisogno di regole chiare e di tutele e diritti per tutti. Credo che questo referendum sia un contributo necessario per opporsi alla precarizzazione del lavoro e alle tutele del lavoratore.
Dalle sue parole traspare una forza enorme, che è importante trasmettere a tutti quelli che devono ancora sottoscrivere i quesiti. Soprattutto perché il referendum è ancora uno strumento fondamentale di partecipazione democratica...
Grazie ai referendum abbiamo combattuto e vinto battaglie civili come quelle sull’aborto e sul divorzio. Ora abbiamo di fronte a noi altre sfide, come quelle sul lavoro, sul premierato, sull’autonomia differenziata. L’attacco alla nostra Costituzione è evidente ed è urgente per noi cittadine e cittadini riappropriarci della possibilità di esprimerci su delle questioni così importanti, e che ci riguardano tutti. Il lavoro, le tutele, non hanno età, non hanno genere, non hanno colore. Credo anche che debba cambiare la cultura imprenditoriale nel nostro paese, perché si arrivi a offrire solo contratti dignitosi. Oggi viviamo in una melma di contratti, ci affoghiamo dentro, sono tantissimi: nemmeno mi ricordo più quanti. Una quantità di forme contrattuali dove l'una nega l'altra che sostituisce l'altra ancora. Persino la contrattazione va quasi in subappalto. Non so come dire. E questo secondo me impedisce la chiarezza, che è fondamentale. Che sia piccola o grande, sopra o sotto i quindici dipendenti, in un’azienda ci vuole rispetto, umanità, rapporti di lavoro dignitosi. A volte nelle grandi imprese il sindacato è più forte, a maggior ragione è doveroso che la legge intervenga a rafforzare le tutele anche per quel che riguarda le realtà più piccole.
E poi c’è la questione della sicurezza sul lavoro.
Esatto. Noi non possiamo più continuare ad assistere a vicende come quella di Firenze, la città in cui vivo. Ogni giorno passiamo davanti al cratere che ha inghiottito i cinque operai morti mentre lavoravano alla costruzione del nuovo supermercato della Esselunga. Un cratere che urla giustizia, e noi dobbiamo darla questa giustizia, anche con più sicurezza sul lavoro: non è davvero più tollerabile, insomma, la situazione attuale. E quindi bisogna abrogare tutte quelle norme che a oggi impediscono di riconoscere la piena responsabilità dell’azienda appaltante. Io credo che sia un segno di grande civiltà e di giustizia sociale.
Proprio per ottenere la giustizia sociale è fondamentale la mobilitazione. Insieme ad altri colleghi sei andata in scena al Teatro Cantiere Florida di Firenze con uno spettacolo corale dedicato a Gaza, e in quel contesto avete deciso di mettere un banchetto per raccogliere le firme per i quesiti referendari.
Io ci metto la faccia, credo sia giusto, perché mi chiedo sempre che cos'è la buona politica, se non quella fatta con uno spirito di servizio. Il che vuol dire mettersi a disposizione della collettività, immaginarsi una parte di un tutto, piuttosto che un piccolo pezzo isolato. La buona politica per me è la volontà, la sensibilità dei singoli, lo spirito di servizio. È una cosa che cresce nel tempo e che è fatta di studio, di formazione, di relazioni, della capacità di incidere su un tessuto sociale. Si tratta di un processo culturale, perché la cultura non è qualcosa calato dall'alto o relegato a pochi. Per me la cultura è, deve essere, una linea orizzontale su cui tutto si fonda. Temi come il lavoro, l’immigrazione, l’ambiente, sono tutti collegati, fanno tutti parte di un unico grande problema, perché afferiscono alla qualità dell’esistenza degli esseri umani. Per questo le battaglie devono essere connesse. Non è che se mi occupo di lavoro vuol dire che poi non mi occupo di immigrazione, o se mi occupo di guerra, poi non mi occupo di casa o di scuola. Tutto è interconnesso perché è un modo di stare al mondo, di pensarsi cittadine e cittadini, di immaginare il futuro tutti connessi.
A volte, però, gli artisti o i personaggi noti fanno fatica ad esporsi.
Per me è chiaro che se faccio una serata per Gaza, come quella che abbiamo organizzato con l’Associazione 11 agosto (che presiedo insieme a Tomaso Montanari), questo non è slegato dal resto. Abbiamo letto le testimonianze di chi vive sotto le bombe, come il regista Hossam al-Madhoun, che per mesi ha continuato a mandare messaggi e a testimoniare quello che stava succedendo a casa sua. Ma questo non può essere slegato da come io vivo ogni giorno la mia vita a Firenze, o come vivo la mia vita in mezzo ai lavoratori, o come un precario vive la sua vita. Qui in città ci sono i lavoratori della Gkn che stanno facendo lo sciopero della fame. Sempre di questi giorni è un’inchiesta che svela una rete pesante di caporalato nel mercato di San Lorenzo e di sfruttamento del lavoro di moltissimi immigrati. Sono tutti temi che fanno riferimento al problema del rispetto dell'essere umano e della sua dignità. C’è un modo di vivere il pacifismo non soltanto come un'utopia che dice “non voglio la guerra”. Il pacifismo lo devi vivere ogni giorno, alzando la qualità della tua vita e facendo crescere l'interesse per i problemidi ogni giorno. In Palestina le persone muoiono per una guerra. In Italia ogni giorno muoiono tre operai che vanno a lavorare. Probabilmente mentre noi parliamo, da qualche parte qualcuno sta rischiando un infortunio o un danno mortale sul lavoro. Non possiamo più tollerarlo e dobbiamo contrastarlo con tutti i mezzi possibili. E il referendum è uno di questi.