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La storia si ripete. Una bolla nel deserto costruita in tutta fretta durante la prima ondata, allora mai usata, oggi riempita di malati ma con poco personale. Quello che c’è arriva da altre strutture, soprattutto della provincia di Macerata che così rimangono sguarnite. È la triste vicenda del Covid Hospital di Bertolaso, voluto dalla precedente giunta e realizzato a Civitanova Marche. Che invece di risolvere problemi rischia di aggravare una situazione davvero al limite. Ed allora è stato fatto un accordo con l’Umbria e uno dei sei "moduli della cosiddetta “astronave” viene messo a disposizione della regione vicina a condizione che lo gestisca con suo personale.
Le strutture marchigiane sono al collasso. Durante l’estate davvero poco si è fatto e anche qui, come in Puglia, ha giocato a sfavore l’appuntamento elettorale. Cambio di presidente e giunta, dal centro sinistra al passata al centro destra, hanno fatto sprecare i mesi estivi. Un esempio? Secondo il piano previsto dal decreto 34 in regione si dovevano attivare 105 posti di terapia intensiva in aggiunta a quelli ordinari. In settembre ne erano stati predisposti solo 14, ora si è arrivati a 78, ma i numeri dei contagi e dei malati sono terribili. Soprattutto non si è riusciti a reclutare il personale necessario, le procedure utilizzate sono troppo complesse rispetto alla necessità d’urgenza che la fase emergenziale richiede, e soprattutto troppo lente, con il risultato che la carenza di infermieri, rianimatori e anestesisti è insostenibile. La situazione è ancora più drammatica se si allarga l’analisi a tutto il sistema socio sanitario, pubblico e privato. Secondo Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche, “i numeri ufficiali sulle persone ricoverati ricoverate sono particolarmente preoccupanti per quanto riguarda le terapie intensive, ma altrettanto critica è la situazione negli altri reparti come medicina, pneumologia e malattie infettive dove i pazienti Covid sono praticamente la metà e questi dati non tengono conto dei tanti pazienti Covid che affollano i pronto soccorso e in attesa di essere trasferiti che sfuggono alle statistiche (o vengono occultati per far abbassare i parametri) ma esistono ed hanno bisogno di cure. Preoccupa poi soprattutto la condizione di tante persone alle quali viene negata o rimandata una risposta ai propri bisogni di salute, perché sono state interrotte le attività programmate in molti ospedali o negli ambulatori mentre i tempi di attesa si allungano”.
Vediamoli i numeri che hanno portato la Regione in zona arancione. Il 24 novembre si contavano 15.717 positivi, con un incremento rispetto al giorno prima di 351 persone. Numeri grandi per il territorio che conta un milione e 525mila abitanti. I posti letto ordinari occupati sono il 47%, ben oltre la soglia ritenuta critica del 40 tanto più se si considera che, come ricordava Barbaresi, non tutti i ricoverati sono conteggiati, e la saturazione delle terapie intensive raggiunge il 49%, sforando di molto il tetto del 30.
Barelle e letti di fortuna occupano i corridoi, il poco personale è davvero sottoposto ad una fatica enorme. Percorsi sporco-pulito che non sempre si riescono a tenere ben distinti e chi assicura la cura si ammala. Ad oggi sono in isolamento fiduciario circa 600 tra medici infermieri e operatori sanitari, quanti siano i ricoverati invece non si riesce a sapere.
La risposta della Regione alla emergenza è stata scegliere la via dell’accordo (oneroso) con le strutture private, inevitabile si dirà. “Certo, risponde Barbaresi, ma nonostante il rinnovo del contratto del settore avvenuto dopo 14 anni, non tutto il privato accreditato marchigiano non lo applica”.
Infine le Rsa, la situazione è fuori controllo e non si riesce nemmeno a capire cosa realmente accade. La segretaria conclude allarmata e sconsolata: “Abbiamo chiesto alla Regione di fare chiarezza, fornendoci i dati e soprattutto di intervenire con urgenza. Attendiamo ancora una risposta”.