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Vengo da un lungo periodo di attività, che non ha quasi conosciuto soste, neanche in estate, quando abbiamo provato a riattivare i percorsi di diagnosi e cura per i pazienti fragili o affetti da patologie croniche che erano stati selvaggiamente interrotti dal diffondersi del contagio, che ha concentrato tutte le risorse umane e materiali della sanità pubblica nella lotta al Covid.
L'indicazione era: le altre patologie non si fermano perché c'è una pandemia, la medicina generale torni alla sua funzione specifica, che è quella di assistere tutti i cittadini nella conservazione e nel recupero del loro stato di salute. A preparare il Servizio sanitario nazionale alla seconda ondata ci penseranno Regioni e Asl. La seconda ondata arrivò. I medici di famiglia e i loro studi furono di nuovo presi d'assalto.
E io oggi mi ritrovo a casa in isolamento, sono sintomatico, ho contratto il Covid visitando pazienti positivi, pur con i necessari dispositivi fornitimi in quantità del tutto insufficienti dalla Protezione civile e non dalla Asl.
Ora: chi è responsabile della mia malattia, visto che non sono stato imprudente, che ho seguito tutte le procedure, che ho fatto sostanzialmente ciò che era mio dovere morale e contrattuale?
E ancora: chi si occuperà dei miei pazienti, ora che è venuto a mancare il loro primo punto di riferimento, la figura della sanità pubblica a loro più vicina e per formazione e per prossimità?
Forse dovrei nominarmi un sostituto, un giovane collega che possa andare allo sbaraglio al posto mio, disposto ad assumersi lo stesso rischio con la protezione che ho avuto io... Anche se lo trovassi, non lo farei.
Per fortuna funziona ancora bene la rete di solidarietà tra i colleghi che lavorano con me, che mi stanno sostituendo in tutto o quasi, aumentando all'inverosimile i loro turni di lavoro sia nello studio in città sia in quello a Paganica.
Ma torno alla prima domanda: che cosa è stato fatto per la medicina territoriale dall'inizio della pandemia?
Dispositivi di protezione? Neanche l'ombra. Addirittura quando ci siamo offerti in massa, a L'Aquila più che in tutta la Regione, per fare i test sierologici per il personale della scuola, abbiamo ricevuto un camice ogni 5 test e 1 paio di guanti ogni 2 test (sì, avete capito bene: a una mano ci pensa la Asl, all'altra ci devi pensare tu!).
Personale di supporto? Sono stati assunti infermieri territoriali e Oss che avrebbero dovuto essere a nostra disposizione per aiutarci ad assistere a casa i positivi. Mai visti.
Vaccini antinfluenzali? La metà dei miei assistiti ultrasessantacinquenni sono ancora in attesa, perché in due settimane ho esaurito le quantità che mi erano state date per vaccinare l'altra metà. Sessantenni e patologie croniche sono tutti in attesa.
Tamponi rapidi? Siamo in attesa di 40 tamponi a testa, con cui dovremmo testare i contatti stretti dei positivi presso gli stessi 4 drive-in della struttura pubblica negli orari che, bontà loro, ci lasceranno a disposizione.
Tamponi a noi? Avrebbero dovuto farci un tampone al mese, io ne ho fatto prima di ammalarmi uno solo a maggio, così si sono tranquillizzati che la prima ondata l'avessi superata e fossi pronto per la seconda...
E per ora mi fermo qui., perché sono un pò stanco.
Volevo solo però ringraziare, prima di salutarvi: il presidente della Regione Marsilio, che tanto ha fatto per preparare l'arrivo della seconda ondata a L'Aquila e provincia; il direttore generale della Asl1 Testa, che ha dichiarato di lavorare 12 ore al giorno per combattere la pandemia; il direttore sanitario della Asl1 Cicogna, che ha dichiarato che lei è arrivata solo a maggio e non poteva fare di più; il direttore del distretto L'Aquila Aldo Giusti, che tanto si sta adoperando per proteggerci, visto che siamo i suoi più preziosi operatori sul territorio che gli è stato affidato. Grazie!
Guido Lopadre è medico di medicina generale