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Giovani, disuguaglianze, politica industriale, transizione ecologica. Sono alcune delle parole assenti dalla legge di bilancio presentata dal governo, nonostante l’Italia soffra per la precarietà e la povertà del lavoro e per una crisi economica, sociale e ambientale sempre più grave.
A leggere in maniera critica la manovra in discussione al Senato e contestarne i contenuti sono le associazioni che hanno promosso l’appello “La via maestra”, oltre 100 organizzazioni della società civile, tra cui la Cgil, che il 7 ottobre si sono mobilitate con una grande manifestazione a Roma a difesa della Costituzione e dei suoi principi.
Italia diseguale, manovra diseguale
“Non ci sono misure per combattere la disoccupazione e creare lavoro, non c'è traccia di una politica industriale per rilanciare il Paese né per una transizione giusta – si legge nella nota della coalizione -. Rimane irrisolta la grande emergenza salariale. Le misure fiscali sono inique: pochi spiccioli per le classi di reddito medio-basse con la riforma dell’Irpef, mentre i privilegiati non vengono toccati e non si contrasta l'evasione. La misura del cuneo fiscale è ancora temporanea, solo per il 2024. E si continua con la flat tax. La tanto sbandierata misura sugli extra profitti delle banche si è risolta in un nulla di fatto”.
I provvedimenti destinati a diventare legge dello Stato, che hanno visto milioni di lavoratori scioperare e protestare in queste settimane con i sindacati Cgil e Uil in tutta Italia, sono quindi ingiusti e poco efficaci, lasciano i privilegi ai ricchi e non migliorano le condizioni di chi è svantaggiato. Anzi.
Le colpe di chi non lavora
“È una manovra che aumenta le disuguaglianze anziché favorirne la riduzione, propone un’idea precaria di futuro e manca di programmazione – dichiara Andrea Morniroli, coordinatore del Forum Disuguaglianze Diversità -. Faccio un esempio: si punta ancora una volta sulle decontribuzioni e sugli sgravi fiscali per i redditi più bassi. Ma le decontribuzioni non producono maggiore occupazione, non incidono sulla precarietà né sul fatto che il lavoro è povero e mal pagato e non favoriscono l’aumento complessivo dei salari. Di fatto è una misura precaria. Lo stesso per i provvedimenti per il welfare che rifiutano le forme di universalismo ma adottano un impianto categoriale, direi corporativo: ti aiuto se sei una mamma con bambini, se hai un disabile in casa, tutti gli altri sono occupabili. E se non lavorano è colpa loro”.
Sanità sotto la lente
Altro capitolo sotto la lente, la sanità. Mentre si sbandiera l’aumento del fondo sanitario, i tre miliardi previsti non coprono nemmeno l’inflazione sostenuta da ospedali e ambulatori.
“A conti fatti le aziende sanitarie avranno meno soldi rispetto allo scorso anno – afferma Nerina Dirindin, Rete welfare, salute, territorio -. L’unico aspetto positivo è il rinnovo dei contratti: 2,4 miliardi, ma sono troppo pochi. In generale i finanziamenti non sono sufficienti. Basta citare l’intervento sulla spesa farmaceutica, che comporterà certamente maggiori oneri a carico delle aziende, non conteggiati dalla legge di bilancio. Non bastano neppure le risorse destinate all’abbattimento delle liste d’attesa attraverso l’extraorario di medici e infermieri, già allo stremo per la carenza di personale, e alla sanità privata convenzionata. Si spinge verso un’ulteriore privatizzazione del nostro servizio sanitario”.
Tagli, tagli, tagli
Giudizio negativo anche per gli altri capitoli della proposta di legge di bilancio. Sul fronte pensioni si fa peggio della legge Fornero, su quello della povertà non si stanzia nulla per fronteggiarla e anzi si tagliano risorse agli enti locali, vengono tolti 350 milioni di euro alle persone disabili, non c’è nulla per la non autosufficienza, azzerati i fondi di sostegno all’affitto, tagli al diritto allo studio, sui migranti si continua a finanziare solo l'emergenza e le politiche repressive e contenitive.
“Tutto ciò mentre aumentano le spese militari e si riducono le risorse destinate al servizio civile – prosegue la nota delle associazioni de ‘La via maestra’ -. Pesa anche il capitolo delle politiche ambientali. L'impressione è che ci sia non solo un totale disinteresse verso la crisi climatica ma che si voglia perseguire l'obiettivo di rallentare la transizione ecologica ed energetica”.
Pericolo riforme
“Le misure previste si innestano in un quadro di riforme istituzionali che vanno dall'autonomia differenziata al premierato – aggiungono le organizzazioni -. Con la prima si dividerebbe il Paese e non sarebbero più garantiti i diritti sociali su tutto il territorio nazionale. Col premierato si svuoterebbero ulteriormente le forme e gli strumenti della democrazia parlamentare assecondando una deriva plebiscitaria”.
Per questo le associazioni promettono battaglia, con la costruzione di comitati territoriali, piattaforme e vertenze: “Vogliamo affermare un modello sociale fondato sul contrasto alle disuguaglianze – concludono -, sulla qualità del lavoro, sulla riconversione ecologica, su un welfare pubblico e universalistico”.