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Cinquant’anni di storia e un nuovo congresso, il quindicesimo. La Confederazione europea dei sindacati (Ces) tiene le sue assise a Berlino dal 23 al 26 maggio. L’ultimo suo congresso risale al 2019. A questo - leggiamo sul sito della Ces - parteciperanno circa 600 delegati, tra cui i numeri uno di 93 organizzazioni sindacali nazionali provenienti da 41 Paesi europei, 10 federazioni sindacali settoriali europee e ospiti speciali provenienti dall'Europa e non solo.
La proposta di Landini: una mobilitazione europea
Tra di loro anche Maurizio Landini. Il segretario generale della Cgil prenderà la parola il 23 maggio e, come ha anticipato lui stesso, proporrà ai delegati di lanciare una mobilitazione europea che metta al centro le rivendicazioni salariali, la lotta al carovita e i diritti dei lavoratori. Una mobilitazione da declinare in due, tre giornate comuni, con iniziative condivise e diffuse.
Un altro punto dell’iniziativa proposta dalla confederazione italiana al sindacato europeo - ci spiega Salvatore Marra, coordinatore dell’Area politiche europee e internazionali della Cgil -, riguarda la necessità di “un’idea alternativa di come la Ces vuole riformare le istituzioni Ue, e in particolare la governance europea”.
Infine ci sono “i temi e le urgenze nazionali. Ad esempio la riforma delle pensioni, che riguarda l'Italia e ovviamente la Francia. O la difesa del diritto di sciopero e delle libertà sindacali: un tema - aggiunge Marra - che comincia a riguardare, se non tutti, molti Paesi europei, dal Regno Unito al Belgio, ma anche la Spagna, dove le leggi vessatorie di Aznar non sono mai state abrogate”.
L’agenda dei prossimi anni
Il congresso Ces eleggerà un nuovo gruppo dirigente, confermerà la segretaria generale uscente Esther Lynch, approverà il Rapporto di attività 2019-2023, modificherà lo Statuto della Ces e adotterà una serie di documenti chiave, tra cui il Manifesto di Berlino e il Programma d'azione per il 2023-2027.
Il Manifesto è un documento valoriale snello, che sintetizza i “titoli” dell’azione sindacale. Il Programma d’azione, circa 70 pagine, illustra invece una “serie dettagliata di obiettivi e azioni” che il sindacato vuole perseguire nei prossimi quattro anni.
Da entrambi i documenti (ovviamente non definitivi, lo saranno quando il congresso li approverà) emergono precise priorità. A cominciare dalla lotta all’inflazione, dalla tutela del potere d’acquisto dei lavoratori europei e dalla centralità della contrattazione collettiva o del salario minimo legale. E poi (altri titoli): Una trasformazione che funzioni per tutti, Migliorare il tessuto sociale ed economico, Dare valore alla pace, alla sicurezza e alla sopravvivenza, Una voce più forte per i lavoratori e i loro sindacati.
È una sorta di telaio attorno al quale costruire il sindacato del nuovo millennio, fra trasformazioni e transizioni economiche, digitalizzazione, lotta alla precarietà.
Un’organizzazione complessa
La Ces è un’organizzazione complessa, chiamata a dare voce e rappresentanza a identità e culture sindacali spesso molto diverse. Ma in fondo la sua missione principale è proprio questa: far emergere una cultura del lavoro comune e volgerla in rivendicazione sindacale continentale. Fondata nel 1973, la confederazione oggi riunisce più di 100 organizzazioni affiliate che rappresentano oltre 45 milioni di lavoratori nell'Unione europea, nei Balcani, in Islanda, in Norvegia, in Svizzera, in Turchia, nel Regno Unito e, da poco, in Ucraina e in Moldavia.
Il “lavoro” della Cgil nel congresso
Entro una simile complessità, si potrà immaginare la delicatezza e il tempo che ci sono voluti per elaborare i documenti congressuali. “Il percorso è stato piuttosto lungo e faticoso”, ammette Marra, ma la confederazione di corso d’Italia è comunque “soddisfatta delle modifiche ai documenti e dell’azione politica nei confronti della Ces. Il 90% degli emendamenti unitari presentati da Cgil, Cisl e Uil sono stati approvati o fatti propri dalla segreteria della Ces”.
“Ma ora - prosegue Marra - dobbiamo affrontare il punto cruciale: cosa succederà nei prossimi quattro anni? Il congresso sarà importante per noi perché si delineeranno le priorità. Temi come i salari, la precarietà, una tassazione equa, le pensioni, i servizi pubblici, per citare solo i principali, dovranno essere affrontati”.
Lotta all’estrema destra e all’austerità
Inoltre, ricorda sempre Marra, “proseguiremo la lotta all'estrema destra e rafforzeremo la rete antifascista lanciata nel 2021”. La Cgil - come si evince da una nota interna dell’organizzazione - ha chiesto che nel Manifesto fosse “più evidente l’impegno della Ces nel contrasto all’estrema destra, anche in vista delle prossime elezioni europee del 2024”. La confederazione, inoltre, è riuscita a cambiare la “lettura politica della fase, riaffermando come punto di partenza il pericolo del ritorno alle politiche di austerità, la necessità di interventi pubblici, il bisogno di rendere strutturali le azioni europee intraprese per fronteggiare la crisi economica”, leggiamo sempre nella nota interna Cgil.
Un’idea di Europa condivisa
Marra non nega che nel sindacato europeo ci siano “delle divergenze sul come si sta insieme”. La prima questione riguarda “fino a che punto l'Europa può regolamentare e promuovere l'armonizzazione verso l'alto dei diritti sociali e del lavoro. La divisione più drammatica si è avuta riguardo la direttiva europea sul salario minimo (col clamoroso ‘boicottaggio’ da parte dei sindacati scandinavi, ndr). I Paesi del Nord Europa sono assolutamente contrari a qualsiasi intervento significativo che possa minare il loro sistema di mercato del lavoro e le relazioni industriali. La loro richiesta è sempre di deroghe. È un problema che potremmo portarci dietro per sempre, se non lo risolviamo”.
La seconda questione, prosegue Marra, “riguarda la riforma dei Trattati che conferisce maggiori poteri all'Unione europea e ne modifica la governance. Noi auspichiamo una maggiore democratizzazione. Non si può ottenere più potere senza chiedere una maggiore partecipazione, a cominciare dalla riforma del Consiglio europeo e del potere legislativo del Parlamento Ue”.
“L’interrogativo fondamentale è se vogliamo una maggiore integrazione europea o se vogliamo fermarci. Il limite è stato verificato quando è scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina, e l'Europa si è trovata sostanzialmente impreparata a reagire in modo unitario. Quando si tratta di politica estera - conclude Marra -, non abbiamo un'idea chiara di quale ruolo debba avere l’Europa nel mondo. Questo è un problema grave”. Un problema che riguarda anche il sindacato.