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Quale welfare bisogna costruire in Italia dopo la pandemia di Covid? In una fase molto delicata, dove è in gioco il futuro del Paese, ci sono alcuni punti fermi: è necessario ripartire dal lavoro e creare un sistema molto diverso rispetto al passato, perché il virus ha acuito le diseguaglianze già in corso. In tal senso il Pnrr è un'occasione storica, ma va sfruttata nel mondo giusto: per farlo occorre ascoltare il sindacato, non dopo ma prima di prendere le decisioni. Se n'è parlato nel dibattito dal titolo “Per un welfare inclusivo post pandemia”, che si è svolto oggi (21 giugno) al centro congressi Frentani, nel corso delle Giornate del lavoro delle categorie e tutele individuali della Cgil, a cura della confederazione e di Futura. L'incontro è stato moderato da Roberta Lisi di Collettiva. Nella prima parte della giornata, i lavoratori pubblici hanno portato le testimonianze delle loro esperienze come tanti rami, nell'evento chiamato "L'albero dell'inclusione".
"Affrontiamo qui un tema di straordinaria importanza - ha esordito la segretaria generale della Fp Cgil, Serena Sorrentino -. Spesso quando si discute di welfare il nodo è se ce lo possiamo permettere. È il caso di finanziare un nuovo stato sociale per vivere meglio? La nostra risposta, come organizzazione progressista, è certamente sì". Sulle caratteristiche che dovrà avere, ha specificato: "Il welfare deve produrre nuova occupazione. Il problema è come viene impiegata la spesa pubblica nel nostro Paese: per questo il fisco diventa fondamentale. Proprio qualche giorno fa abbiamo rilanciato la nostra piattaforma".
A proposito di riforma fiscale, per Sorrentino "c'è bisogno di equità, ma anche di un fisco più giusto: bisogna premiare i settori più produttivi e tassare le rendite che non producono, ovvero i soggetti improduttivi che fanno speculazione nel nostro Paese. Serve un patto di maggiore equità fiscale". Inevitabile affrontare i rapporti tra governo e sindacato: "Bisogna saper vedere i segnali che ci arrivano: è previsto un investimento strategico sul settore pubblico? Noi, da parte nostra, abbiamo firmato il patto per il lavoro pubblico che mette al centro la coesione sociale: il pubblico deve essere garanzia di universalità e gestione dei diritti, accompagnando le persone nei loro bisogni per tutto l'arco della vita". La politica "deve tornare a fare una scelta di campo, c'è bisogno che il pubblico intervenga direttamente nell'economia. Non a caso i modelli di integrazione socio-sanitaria che hanno scommesso sul privato, come la Lombardia, hanno fallito. Questi concetti, esasperati da anni di liberismo, hanno portato a svilire la funzione del pubblico nella garanzia dei servizi sociali". Anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza, allo stato attuale, non può dirsi soddisfacente: "Serve molta più attenzione al tema del lavoro", ha detto Sorrentino.
Di spesa sociale ha parlato anche il portavoce della campagna Sbilanciamoci, Giulio Marcon: "In questa fase servono politiche pubbliche che siano all'altezza delle risorse destinate. Ci auguriamo significativi cambi di rotta nelle leggi di bilancio dei prossimi anni. Come spesa sociale siamo il fanalino di coda in Europa: mancano investimenti su casa, giovani, donne e famiglie. Anche negli investimenti che vengono fatti, inoltre, siamo molto indietro rispetto alla media Ue. Per esempio nel piano spagnolo c'è un capitolo che si chiama economia della cura: c'è l'idea che il welfare non è una spesa ma un investimento. Nel piano Draghi questo è assente". In realtà investire nel welfare conviene a tutti, ha riflettuto Marcon: "Così si crea occupazione, si fa crescere il Pil, si fanno nascere nuove imprese. Senza contare che puntare sul welfare garantisce anche la coesione sociale. Per un nuovo modello, però, serve una società che sia realmente inclusiva: invece oggi in Italia il 20 per cento della popolazione detiene quasi il 70 per cento della ricchezza nazionale. Il problema non è la ricchezza - naturalmente -, ma la disparità crescente all'interno del tessuto sociale".
I tagli nei servizi pubblici di questi anni hanno coinciso con un aumento della precarietà del lavoro, della disoccupazione femminile e del lavoro povero, ovvero del numero di persone che pur lavorando restano in povertà. Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, nel corso del confronto. "Ora bisogna rimettere al centro il lavoro delle persone, ponendosi l'obiettivo della piena occupazione. Bisogna creare lavoro - dunque - , ma non può essere un lavoro qualsiasi: deve essere occupazione con diritti, che consenta alle persone di vivere dignitosamente e dare il loro contributo". Il Covid "ha avuto la caratteristica di accentuare i processi di disuguaglianza già in corso. Anche per questo la questione fiscale assume un ruolo centrale per ricostruire un patto di cittadinanza. È aumentata l'evasione fiscale, il lavoro nero, il subappalto, insomma si è innescata una competizione tra le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare".
E ora che fare? Il leader di corso d'Italia detta la sua ricetta: "Combattere l'evasione, ridurre tassazione su lavoratori dipendenti e pensionati, rimettere in discussione le leggi sbagliate degli ultimi anni. Dobbiamo colpire i paradisi fiscali: ci sono multinazionali che girano per il mondo e vanno dove passano meno tasse. La progressività fiscale non solo è giusta, ma è anche un elemento politico: le persone devono pagare in base al proprio reddito". Necessario dunque creare lavoro con qualità e diritti: "Che non sia precario e sia sicuro, perché non si può più morire sul lavoro. Queste devono essere le basi del Pnrr".
Per Landini il confronto col governo è stato insufficiente: "Il mondo del lavoro deve conoscere prima le decisioni che si vogliono prendere, non dopo. Non stiamo avendo le risposte che chiediamo: non è un caso che sabato 26 giugno abbiamo organizzato una mobilitazione nazionale con Cisl e Uil. Il mondo del lavoro deve riprendere la parola. Non basta prorogare il blocco dei licenziamenti, serve un intervento complessivo che garantisca in futuro la qualità del lavoro".
"Dobbiamo affermare un ruolo del pubblico in economia diverso da quello di questi anni - ha proseguito -. Le transizioni che abbiamo attraversato ci dicono che il mercato da solo non è in grado di risolvere i problemi. Oggi c'è la transizione ambientale, quella digitale e quella demografica, si vive di più ma c'è il blocco delle nascite. Siamo di fronte al fatto che serve un cambiamento concettuale di modello sociale: il lavoro e la giustizia sociale devono tornare ad essere i valori fondanti, perché oggi non parliamo solo del pubblico che deve sostituire il privato, ma riflettiamo su come deve essere la società in cui vogliamo vivere". A questo proposito "c'è bisogno di più democrazia, più partecipazione, più spazi per il mondo del lavoro".
Sul Pnrr "abbiamo ottenuto un risultato importante su appalti e subappalti, cancellando la logica del massimo ribasso. È passata l'idea che chi fa lo stesso lavoro deve avere gli stessi diritti e tutele: questa è la nostra battaglia". Le risorse del Piano sono "una grande opportunità che non ci verrà ripresentata: o spendiamo bene questi soldi o arriveremo nel 2026 con gli stessi problemi. La lotta sindacale - infine - è anche per superare l'austerità: vogliamo costruire un'Europa diversa per il post pandemia, che sia profondamente differente da quella precedente".