Un dialogo su tre parole: partecipazione, inclusione e rappresentanza, quelle che la Cgil ha scelto per parlare al paese nella tre giorni bolognese di Futura 2021. Romano Prodi sul palco del teatro Duse ha conversato con Maurizio Landini sul futuro del paese, le difficoltà e le occasioni in una fase di grande cambiamento globale, ben al di là dei tradizionali steccati dei confini nazionali. Un allarme e un appello, quelli lanciati dall’ex presidente del Consiglio. L’allarme: “Siamo entrati in un grande periodo di ritiro della democrazia, un periodo di crisi vera, in tutto il mondo e non solo in Italia". E poi un appello: i sindacati e i partiti debbono tornare protagonisti, “perché senza di loro la democrazia non vive, diventa una parola astratta”.
D’accordo ovviamente Landini, il quale ha ricordato come anche per questo i sindacati chiedono da tempo una legge sulla rappresentanza: bisogna “dar forza al lavoro, farlo contare davvero. Non solo per contrattare orario e salari, temi classici, ma anche per partecipare alle scelte che si fanno in una frase di grandi cambiamenti”. Bisogna misurarsi sui grandi temi: “Cosa si produce e come, con quale impatto ambientale”. Necessità tanto più impellente perché con il Pnrr si apre “una grande possibilità di spendere soldi europei, ma occorre farlo qualificando sviluppo e lavoro”.
A cosa dovrebbero servire in particolare i sindacati in questa fase? L’economia è dominata da grandi player che si muovono su scenari globali che hanno, sembra un paradosso, prodotto frammentazione e polverizzazione del tessuto economico: “Solo un sindacato forte può porre con forza alla politica il nodo dei nodi: quello della frammentazione e della precarietà”. Le organizzazioni dei lavoratori debbono “unificare i problemi” per trovare risposte generali. Ma, e qui c’è un altro dei nodi affrontare, nel mondo è presente ormai una asimmetria insostenibile: “Le multinazionali giocano su scenari globali, mentre i sindacati giocano un’altra partita, locale, spesso solo difensiva”. Qualcosa si muove: Prodi ha sottolineato "la grande importanza dell'accordo fatto con Amazon" ed è significativo "che sia accaduto in Italia". Ma non basta, se non entrano nella partita anche i sindacati degli altri paesi.
Insomma: i sindacati nazionali devono strutturare legami, trovare sinergie. Il primo livello di questa unificazione è “nazionale”. Per Prodi “l’unità sindacale è essenziale, solo così il sindacato può porsi con forza davanti alla politica”.
Gli ha risposto senza esitazioni il segretario generale della Cgil: “Non vedo più alcuna ragione storica, di appartenenza, che giustifichi una divisione tra i sindacati”. Però non basta. Per ridurre la frammentazione e la precarietà, ha aggiunto “la politica deve tornare a occuparsi di lavoro e di grandi scelte, una cosa che da tempo ha smesso di fare”.
E qui il leader della Confederazione ha chiamato in causa l’ex presidente dell’Iri, con l’idea della Cgil di pensare, appunto, a una sorta di nuova Iri, una grande agenzia che si occupi di politiche industriali. La risposta di Prodi è stata articolata. No a una proprietà maggioritaria dello Stato, perché “credo che oggi non funzionerebbe, i tempi sono cambiati”. Sì, invece, a una difesa di alcuni interessi nazionali, come ha fatto la Francia per la sua industria automobilistica anche “con partecipazioni dirette minime nelle società”. Insomma è necessario “un luogo in cui si discuta di politiche industriali, un luogo che attualmente non c’è”. Oggi, quando va bene, si interviene sulla singola crisi aziendale, ma non basta: “Bisogna guardare al futuro, e il ruolo dello Stato in economia per gestire la globalizzazione è necessario”. “Nessuno di noi oggi – ha concluso, rivolgendo anche una frecciatina a Draghi – siede al tavolo dell’oligopolio mondiale”.