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Prime pagine
Il Sole24Ore apre col fisco: “Debiti con il fisco, tagli ai rimborsi”; il Corriere della sera sceglie il decreto per limitare i rincari: “Un miliardo per le bollette”, così come la Stampa: “'Bollette, scudo anti-rincari. Draghi aggiunge un miliardo”; il Messaggero opta invece per: “Emergenza virus, ipotesi proroga”. La Repubblica apre con l'economia digitale: “L'Antitrust sfida Amazon'”. Il Fatto quotidiano sceglie: “Ora il governo scopre gli infetti col Green-pass”. Il Manifesto infine punta sulla conferma dello sciopero generale: “Avanti sciopero”.
Interviste
Su Avvenire, a pagina 7, Eugenio Fatigante intervista il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: “Noi stiamo solo rivendicando coerentemente che il governo vada nella direzione della piattaforma unitaria che assieme a Cisl e Uil abbiamo presentato per una riforma fiscale e delle pensioni, una politica industriale e per il superamento della precarietà - si legge -. Scioperiamo perché ci siamo trovati di fronte non a una possibilità di trattativa, ma a decisioni già prese, senza margini. Non è sequestrando e togliendo le questioni sociali dal tavolo che le si affrontano. Ora è spuntato un miliardo in più contro il caro-bollette. È un fatto positivo, ma non cambia la sostanza delle questioni poste. Si sciopera per ottenere risultati. Sinceramente, visti i tempi stretti, quali pensa di ottenere entro il 16? Se c'è la volontà politica, tutto si può fare. Voglio far notare che è questa maggioranza ad aver presentato 6mila emendamenti alla manovra. Noi stiamo proponendo istanze molto più ridotte come numero, ma sostanziali. Chi è che non ascolta questo malessere? II premier Draghi? I partiti? Draghi è persona autorevole. II giorno dopo l'ultimo nostro incontro ha tentato una piccola modifica sui redditi più alti, non proposta da noi, e questo prova che aveva capito il malessere. Il fatto che la sua maggioranza non l'abbia accolta dà invece l'idea della distanza che c'è fra l'attuale quadro politico e la condizione sociale reale del Paese. È un segnale molto grave, da non sottovalutare. E, in fondo, lo stesso malessere che porta più del 50% ad astenersi alle urne. La politica deve assumere il vincolo di dare rappresentanza anche a queste fasce di popolazione. Sul fisco dov'è l'errore di fondo? È che con gli 8 miliardi a disposizione si è voluta impostare una riforma che andava demandata invece alla legge delega”.
Sul Fatto quotidiano, sempre a pagina 7, Gad Lerner intervista invece sullo stesso tema il segretario Uil Pierpaolo Bombardieri, che dice: “A benestanti non si è osato chiedere neanche un sacrificio temporaneo di poche centinaia di euro. Ma la rottura si era già consumata. Noi chiedevamo interventi sostanziali per le categorie che hanno sofferto di più, fino a 26-27 mila euro di reddito. Niente da fare. Così come si è rinunciato al varo di provvedimenti efficaci contro l'evasione fiscale. Ha notato che i giornali, tanto impegnati a criticare il nostro sciopero generale, se ne disinteressano completamente? Per non parlare del decreto di contrasto alle delocalizzazioni, promesso ma sparito dall'orizzonte. La bocciatura di quel minimo contributo di solidarietà sugli alti redditi conferma che in Italia è da temerari proporre politiche di redistribuzione della ricchezza. Già, si leva subito, a sproposito, una canea contro lo spauracchio della patrimoniale. La primavera scorsa noi della Uil avanzammo la proposta, tipicamente keynesiana, di una Excess profit tax. Ovvero di un prelievo temporaneo, badi bene, non su tutti gli utili d'impresa, ma solo sulla quota di vantaggi competitivi goduti da aziende prosperate grazie alla pandemia: farmaceutiche, servizi, logistica. Lo si è fatto negli Usa, mica in Unione Sovietica. Ma in Italia questo resta un argomento tabù”.
Sulla Stampa, a pagina 14, Francesca Paci intervista poi Patrick Zaki appena liberato: “Ho bisogno di tempo per riposare veramente e ritrovare il mio equilibrio - si legge -, perché è stato un periodo lungo e niente affatto facile. Sto provando a comprendere cosa succede adesso intorno a me. Come hai trascorso il day after della tua scarcerazione? Mercoledì ho viaggiato in macchina da Mansura al Cairo, dove abita la mia famiglia. Siamo stati insieme, dovevamo recuperare due anni di assenza. Poi sono uscito, anche gli amici mi aspettavano. Abbiamo fatto tardi. Cosa, di tutto quanto ti mancava in cella, hai scoperto mancarti di più? Mi mancava la mia libertà. Poi mi mancavano le cose di ogni giorno, l'ufficio, il lavoro, le lezioni universitarie, i libri da scegliere senza limiti, il tempo com'è quando non lo cadenzi, guardare una partita di calcio, ci pensavo tanto. Per natura sono una persona a cui non piace star seduta a casa o in luoghi chiusi. Complici lamia personalità e il mio lavoro trascorrerei tutto la giornata fuori. E' successo tutto all'improvviso. Non avevi colto proprio alcun segnale di un cambio di passo significativo nell'atteggiamento della Corte? Assolutamente no. Non ci pensavo proprio perché ero stato rinviato al processo. Sono rimasto molto stupito, specialmente perché direttamente non mi avevano comunicato nulla, ero all'oscuro di tutto fin quando sono arrivato al commissariato e mi hanno detto che potevo andare. Ho anche chiesto se fosse vero, non mi capacitavo. Mi hanno risposto che lo era. Cosa farai adesso? Il prossimo appuntamento con i giudici è tra un mese e mezzo, ma a priori non hai limiti. So solo che appena avrò il permesso di viaggiare partirò per Bologna: l'ho già detto, voglio continuare i miei studi, è la mia priorità”.
Analisi e commenti
Il fondo del Manifesto è affidato ad Alfonso Gianni che scrive dello sciopero generale del 16 dicembre. Si legge: “La sua importanza risiede anche nello spezzare una falsa narrazione che ha accompagnato i governi nella pandemia, secondo cui solo la concordia sociale può garantire una ripresa. Storicamente è stato vero il contrario. La ricostruzione del nostro paese nell'ultimo dopoguerra è avvenuta nel pieno e grazie a un conflitto sociale, acuto e diffuso, aggravato da un contributo di vite umane di operai e contadini caduti sotto la repressione. E oggi il conflitto è indispensabile, augurandoci senza gli scontri sanguinosi di quel tempo, perché il post pandemia non ricominci come prima. Perché la crisi sia un'occasione per innestare un diverso percorso sul piano economico e sociale. Lo sciopero dimostra la lontananza di questo governo, malgrado la maggioranza extralarge, dai bisogni più immediati della popolazione. Lo si era già visto nelle reazioni all'accordo di maggioranza sul tema fiscale. Non capita di frequente che una intesa fra forze di governo venga così platealmente contraddetta da organismi istituzionali, quali la Banca d'Italia o l'Ufficio parlamentare per il bilancio e da forze sociali come i sindacati (la Cisl non si era ancora defilata) e come la Confindustria (ovviamente preoccupata che il mancato incremento dei redditi da lavo- ro per via fiscale possa ricadere sulla conflittualità sociale). Non stupisca il fatto che il comunicato sindacale e le dichiarazioni in particolare di Landini puntino il dito accusatore soprattutto nei confronti dei partiti. Non è uno sconto a Draghi, casomai la sottolineatura di una sua debolezza”.
Sempre sul Manifesto, ma a pagina 3, Vincenzo Vita si occupa invece della visibilità mediatica della protesta di Cgil e Uil: “Uno sciopero imbavagliato dai telegiornali controvertibili: il debole o persino nullo riferimento allo sciopero nelle edizioni meridiane, con un modesto recupero nelle versioni serali. Si salva un po' Rainews, che ha dedicato alla vicenda uno spazio discreto. Si staglia il Tg2, ma per la collocazione della testata all'opposizione del governo e - dunque- per la non innocente sensibilità a ciò che va contro l'esecutivo. E lì tutte le vacche sono nere. Che si parli di vaccini odi potere d'acquisto o delle tasse o delle pensioni. Infatti, proprio il Tg2 sembra un'eccezione nella striscia dell'ora di pranzo, dove - invece - brillano negativamente il Tg1 e in grande misura il Tg3. Ben poco il resto del mondo, se si esclude una certa cura del Tg5. Qualcosa si muove ad ora di cena, con un parziale risveglio dopo un lungo sonno nella festa comandata. Il Tgl non inserisce la questione nei titoli e ne parla solo dopo 10 minuti dall'inizio”.
Il fondo del Corriere della sera è invece a firma di Ernesto Galli Della Loggia, che scrive di regionalismo: “Dopo l'instaurazione del regionalismo e del suo rafforzamento costituzionale, almeno altri tre fattori hanno contribuito ad aggravare ulteriormente la disarticolazione dello Stato centrale e la delegittimazione della sua presenza – si legge- : la cancellazione dell'industria pubblica, il pauroso assottigliamento del personale della pubblica amministrazione determinato dal blocco delle assunzioni, e infine il radicamento di un generale pregiudizio contro la dimensione statale: tanto a destra, grazie alla diffusione della voga liberista, quanto a sinistra, grazie alla chiacchiera europeista sull'esaurimento della funzione dello Stato nazionale. Tutto insomma ha cospirato a produrre un unico risultato: la ritirata complessiva dello Stato dal Paese. Una ritirata che ha spaccato l'Italia In due. Per mille ragioni che qui non è il caso di ricordare il Centro-Nord della Penisola ha tradizioni, risorse, capitale sociale e umano, che gli consentono in ogni campo, a cominciare da quello economico, performance di rilievo e comunque capacità di autonomia. Nel Centro-Nord perfino le Regioni del nuovo ordinamento para-federalista, benché siano fonte anch'esse di gigantismo burocratico, di sprechi, di clientelismo, riescono tuttavia ad adempiere alle loro funzioni in modo più o meno accettabile”.
Sulla Repubblica, a pagina 42, Francesco Guerrera scrive invece della multa comminata ad Amazon dall'Anti-trust: “È un momento spartiacque nella relazione tra i giganti dell'Internet, i governi e i consumatori. Prima di ieri, Google, Amazon e compagnia hanno vissuto in un universo da loro creato in cui gli altri membri dell'ecosistema — tra cui i lavoratori, i rivali e le autorità di settore — non avevano voce in capitolo. Da oggi, i titani della Silicon Valley sanno che non gli sarà più permesso operare senza vincoli, controlli o responsabilità in Europa (gli Usa sono molto più permissivi). Le aziende minacciano battaglie legali, rialzi dei prezzi e fughe dal Vecchio Continente e, dietro le quinte, si preparano ad una guerra di lobbismo a Bruxelles e nelle altre capitali. Ma anche se le regole future saranno meno draconiane di quelle emerse ieri, la direzione di viaggio è chiara: dopo anni di spensierata infanzia, le grandi della tecnologia passeranno il resto della vita sotto il giogo della regolamentazione. L'Antitrust italiana è, in questo senso, un pioniere perché ha identificato una debolezza fondamentale nelle difese di Amazon e aziende simili. La risposta di Silicon Valley contro le "intrusioni" governative è sempre stata che, a differenza dei monopoli tradizionali, le loro attività non nuocevano ai consumatori. Anzi. Miliardi di persone scelgono queste società perché garantiscono un'esperienza fantastica. Di questo non c'è dubbio: invece di imporre un servizio e un prezzo come i vecchi monopolisti (tipo le aziende di Stato italiano), Google, Amazon e Apple derivano il loro successo da milioni di libere scelte individuali”.
Il fondo di Domani è poi affidato all'economista Matteo Rizzolli, che si occupa di previdenza: “Secondo un rapporto del 2019 della fondazione Bertelsmann Stiftung sulla giustizia sociale nei paesi Ocse, l'Italia si colloca al quarantesimo posto sui quarantuno paesi considerati, nell'indice della giustizia intergenerazionale. Questo indice considera la generosità delle pensioni in rapporto al resto della spesa sociale per i giovani, la qualità delle politiche familiari, il debito pubblico che pesa sulle future generazioni e le politiche ambientali. E l'Italia spende tanto in pensioni e sanità, ma poco in istruzione e politiche familiari Ha un enorme debito pubblico e un pessimo bilancio demografico. Come ricordano Banca d'Italia e Censis, il divario in termini di ricchezza tra nord e sud del paese non è più grave del divario che esiste tra la popolazione anziana che ha accumulato ricchezza da capitale e gode di salari e pensioni generose e quella giovane con salari bassi e precari che dirado consentono l'acquisto della casa. L'attuale generazione anziana prende più di quello che ha dato. Le pensioni di cui vive sono pagate (almeno in parte, a seconda dell'anzianità) con il metodo retributive che elargisce pensioni troppo generose rispetto ai contributi versati: la differenza è coperta dai contributi della generatzone che oggi lavora che riceverà pensioni avare rispetto ai contributi versati. Anche la spesa sociale è concentrata sugli anziani, a cominciare dalla spesa sanitaria”.
Lavoro, welfare, sindacato
Sul Sole24Ore, a pagina 2, Giorgio Pogliotti dà notizia della conferma dello sciopero generale: “La commissione di Garanzia dimezza l'impatto sui servizi pubblici essenziali dello sciopero generale proclamato da Cgil e Uil per il i6 dicembre, per Poste e igiene ambientale l'agitazione non rispetta il periodo di franchigia durante il quale non possono essere proclamati scioperi. I Garanti hanno ricordato ai due sindacati che la regolamentazione nel servizio postale esclude ogni azione di mobilitazione nei giorni di pagamento dell'Imu che quest'anno cade il i6 dicembre, mentre nel settore dell'Igiene ambientale l'accordo nazionale stipulato dagli stessi sindacati stabilisce che non possano essere effettuati scioperi dal15 dicembre al 6 gennaio. Non solo, in parecchi settori (trasporto ferroviario, aereo, marittimo, istituti di vigilanza oggetto di proteste settoriali, rientrate invece nell'igiene ambientale dopo l'accordo sul rinnovo contrattuale) lo sciopero generale non rispetta la regola della "rarefazione oggettiva", ovvero dell'intervallo di tempo di io giorni che deve trascorrere tra l'effettuazione di due astensioni dal lavoro. Da notare che nella sanità gli stessi sindacati avevano escluso lo stop. Cgil e Uil hanno confermato lo sciopero, comunicando che verrà svolto nel rispetto della normativa richiamata dalla delibera della commissione presieduta da Giuseppe Santoro Passarelli, indetto peraltro nell'ultima data utile, considerando che dal 17 dicembre scattano una serie di divieti di sciopero per le cosiddette franchigie perle festività natalizie”.
Sulla Stampa, a pagina 3, Alessandro Barbera rivela un retroscena sulla Manovra : “Nei piani di Draghi e del ministro del Tesoro Daniele Franco il decreto di ieri è una risposta indiretta allo sciopero dei sindacati e l'unica via per venire a capo delle richieste dei partiti. I tecnici del Tesoro stanno ancora facendo i conti, ma la mossa può essere riassunta così: senza cambiare i saldi di bilancio (resi intoccabili dagli impegni presentati in Europa ormai più di un mese fa) il governo ha reso disponibili fondi sia per le due misure sopracitate (bollette e decontribuzione), e per avere più risorse per finanziare il resto. Fino a ieri erano disponibili circa seicento milioni di euro, da domani dovrebbe essere più o meno un miliardo. Franco, criticato per la scarsa efficacia diplomatica con partiti e sindacati, ha fatto uso di tutta l'esperienza da ex Ragioniere generale dello Stato per far tornare i conti. Come anticipato da questo giornale una settimana fa, nel 2022 per il caro bollette ci saranno poco meno di quattro miliardi di euro, uno in più di quelli fin qui trovato. Si aggiungono ai tre già spesi quest'anno per un totale di sette: più o meno il costo necessario a finanziare il reddito di cittadinanza prima dell'emergenza Covid. Come promesso ai sindacati, un altro miliardo e mezzo servirà ad aumentare il netto in busta paga ai redditi inferiori ai 35mila euro lordi. Ora per Draghi viene il difficile, ovvero mettere d'accordo i partiti una volta per tutte”.
Sul Fatto quotidiano, a pagina 15, Virginia Della Sala si occupa invece dello sciopero della scuola: “Le richieste sono prima di tutto legate alla manovra e all'assenza di un reale impegno economico sulla scuola nella sua funzionalità corrente, non tanto nell'ottica degli investimenti previsti dal Pnrr. 'Solo lo 0,62 per cento della spesa è destinato alla professione docente" scrivono in una nota congiunta in cui manca ovviamente la Cisl. Contestano gli aumenti del nuovo contratto dei docenti, paria 87 euro, a cui si aggiungeranno circa 12 euro e solo qualora si decida di destinare a pioggia i soldi stanziati per premiare la dedizione e il valore degli insegnanti. Una cifra ben lontana dai 100 euro più volte promessi e annunciati. Secondo i sindacati, infatti, la differenza attuale tra lo stipendio di dipendenti di pari livello nel resto della Pa e quelli della scuola è di almeno 350 euro”.
Su Avvenire, a pagina 15 Maurizio Carucci scrive della vertenza Air Italy: “Nel corso dell'incontro di ieri, i sindacalisti hanno ascoltato «le allucinanti e scellerate dichiarazioni dei rappresentanti della compagnia, decisi a licenziare i 1.450 lavoratori (per altre fonti sarebbero invece 1.322, ndr) praticamente alla vigilia di Natale e prima dell'approvazione della legge di Bilancio nella quale si sta lavorando per inserire nonne ad hoc per arginare la crisi devastante che sta colpendo il trasporto aereo». La giornata - segnata anche dalla mobilitazione dei lavoratori davanti alla sede di via Molise del ministero dello Sviluppo economico - non era iniziata sotto buoni auspici, con la conferma data ai sindacati della chiusura della procedura di licenziamento. Secondo le organizzazioni sindacali, «il totale disinteresse per il destino di questi lavoratori è inaccettabile, in particolare modo il silenzio dei dicasteri dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili». «E già troppo tardi - denunciano Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto Aereo -. L'azienda blocchi subito i licenziamenti e il governo convochi immediatamente un tavolo istituzionale con i soci di Qatar Airways e del Fondo Akfed, perché il sindacato non accetterà questa macelleria sociale che impatterà direttamente sui territori della Sardegna e della Lombardia»”.
Oggi Collettiva apre con lo sciopero nella scuola, spazio poi alla Giornata mondiale dei diritti umani, con l'iniziativa della rete "Io accolgo" sull'Afghanistan, e alla presentazione della XIX edizione del Rapporto sui diritti globali.