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Ilaria Salis è l’antitesi perfetta del pensiero della destra nostrana. Donna, docente, antifascista: un tris d’assi che metterebbe a tappetto anche un duro con la pistola come Del Mastro o come il gerarca mascherato Galeazzo Bignami.
Del resto da uno che si fa immortalare con l’uniforme nazista non ci si può certo aspettare gli occhi a cuoricino. Specie se la maestra è accusata, senza prove, di aver aggredito proprio due nostalgici delle beneamate SS in terra ungherese.
Come già capitato al povero Giulio Regeni, il governo si limita a piagnucolare, a fare un po’ il broncio alla vista dei ceppi e delle catene. E a trincerarsi dietro il più rassicurante assioma politico del “Paese che vai, usanza che trovi”.
E l’usanza dell’amico Orban, è più o meno quella degli altri compagni di merenda sparsi per il mondo. Al Sisi, Putin, Trump, Milei: una costellazione di alleati che stanno alla libertà come un vegano sta alla tagliata di manzo.