Vogliamo tenacemente tenere aperta una prospettiva diversa, per una società più giusta, costituzionale e libera dalle mafie, occorre difendere il lavoro e applicare la Costituzione, e per questo raggiungere il quorum e vincere i referendum è fondamentale. A nostro avviso i referendum dell’8 e 9 giugno sono un momento fondamentale, fondamentale per la condizione delle persone, per i loro diritti, fondamentale per il lavoro e la sua sicurezza, in fondo… ed è questo il punto centrale, fondamentale per la qualità stessa della democrazia (che sta fortemente regredendo) e fondamentale per il futuro del Paese.

Sugli appalti, purtroppo non solo su questo, il Governo porta una grave responsabilità; lo abbiamo già detto lo scorso anno ma occorre ripeterlo, se si liberalizza il subappalto, se il 90% sono affidamenti diretti si favorisce la corruzione e l’infiltrazione criminale. E si colpisce, e questo riguarda direttamente la funzione della Cgil, la condizione di migliaia di lavoratrici e lavoratori. Negli appalti, anche in quelli pubblici, sono fortemente presenti fenomeni di sfruttamento, di bassi salari al limite della povertà di mancato rispetto delle norme di sicurezza. Non è affatto un caso che gli eventi più drammatici, le stragi sul lavoro avvengono proprio negli appalti. Ed è per questo che uno dei 4 quesiti dei referendum che abbiamo presentato riguarda proprio questo, la stazione appaltante deve essere responsabile della sicurezza di lavoratrici e lavoratori nell’intera filiera, a nostro avviso è un referendum che può salvare la vita di tante lavoratrici e lavoratori. Per non parlare di cosa avviene negli appalti privati, le inchieste di Milano, che hanno coinvolto importantissime aziende, multinazionali della logistica, della moda, della grande distribuzione, dimostrano che il nostro modello produttivo “criminale” sempre più si basa su illegalità e sfruttamento. Le misure di prevenzione si dimostrano uno strumento fondamentale per colpire modelli di impresa che determinano sfruttamento e a maggior ragione vanno difese se non rafforzate.

Ovunque, e particolarmente qui in Sicilia e nel Mezzogiorno del Paese combattere la mafia significa politiche di sviluppo, per la piena e buona occupazione, per dotare il territorio di infrastrutture materiali e sociali. Occorre contrastare le povertà educative e investire nel diritto allo studio. Solo dando prospettive di lavoro si sottraggono i giovani al reclutamento della criminalità o a essere costretti ad emigrare. Esattamente il contrario delle politiche attuate dal Governo. Mafie che hanno sempre e sicuramente alcune caratteristiche, la riserva di violenza e la forza di intimidazione e hanno come obiettivi l’arricchimento illecito e il controllo, appunto, del territorio Mafie che sempre di più sono in grado di operare e influenzare ampi settori di economia legale e di esercitare il loro potere corruttivo verso le istituzioni pubbliche e verso chi amministra.

Il codice antimafia, i principi introdotti nel nostro ordinamento dall’intuizione, dalla forza, dall’intelligenza, dal sacrificio di Pio La Torre, le misure di prevenzione, l’attacco ai patrimoni, sono strumenti formidabili di contrasto a criminalità e mafia e quindi di tutela della democrazia costituzionale. E non è un caso che ci sia, sotterraneo ma neanche tanto, da parte del Governo, un attacco a questi strumenti, negli ultimi mesi abbiamo assistito ad accordi interministeriali, proposte di legge, tutti tesi a indebolire il codice antimafia e cercando di attaccare persino il riuso sociale dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, che sono stati, sono, e devono continuare ad essere uno degli strumenti essenziali di rivincita della società civile e dello stato nei confronti delle mafie.