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Lo ripete spesso anche Pietro Colapietro, segretario generale del Silp, la costruzione di legalità non si fa con i provvedimenti securitari o con la forza e la repressione, che quando servono ovviamente vanno usati, ma aiutando i più deboli e marginali a far parte integralmente della comunità sociale, a diventare pienamente cittadini e cittadine. Alessio Festi, responsabile legalità della Cgil nazionale parte proprio da qui, la strada della legalità è quella della giustizia sociale. E lungo questa strada si incontrano anche i 5 quesiti referendari per i quali si voterà nella prossima primavera. Legalità, infatti, è anche lavoro dignitoso, quindi non precario e non sfruttato lungo la catena dei subappalti, è quello dove la salute e la sicurezza di lavoratori e lavoratrici è al primo posto. Legalità è anche riconoscere a chi nasce e cresce nel nostro Paese di essere cittadina o cittadino.
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Le legalità ha tanti volti cominciamo da qui. Quali sono?
Sì, tanti, ma il concetto di legalità per la Cgil non può mai essere scisso da quello della giustizia sociale, per noi vanno di pari passo. Legalità vuol dire combattere ogni diseguaglianza, includere, a partire dalle fasce sociali più deboli, solo in questo modo si sottrae spazio a criminalità organizzata e mafie. Legalità vuol dire, per dirla con Luciano Silvestri, combattere il giogo delle mafie sui territori contrapponendo il controllo sociale democratico, praticando la partecipazione.
Innanzitutto lavoro nero e caporalato. Purtroppo, diversamente da quel che si crede, è un fenomeno diffuso in tutto il Paese
Le inchieste della procura di Milano hanno reso evidente all’opinione pubblica che sfruttamento, lavoro nero, caporalato fin quasi alla schiavitù sono fenomeni diffusi in tutti i settori. Purtroppo, non abbiamo visto la stessa attenzione in altre procure, sta anche a noi denunciare, incalzare ma soprattutto contrattare la legalità. Nei prossimi mesi come Cgil avvieremo una campagna contro il lavoro nero e il caporalato.
Fenomeno, partito dall’agricoltura e dall’edilizia, che si è diffuso. Penso ad esempio alla logistica...
Sì, la Legge 199/2016, nata per contrastare il caporalato in agricoltura, si è dimostrata uno strumento di fondamentale importanza per contrastare fenomeni di sfruttamento in una pluralità di settori. Come di fondamentale importanza sono le misure di prevenzione patrimoniale previste dal Codice antimafia. Occorre rafforzare questi strumenti che periodicamente, non a caso, vengono messi in discussione da parte della politica. Poi c’è un compito tutto nostro, le procure intervengono quando i reati sono già stati commessi, la contrattazione è per noi uno strumento fondamentale per prevenirli ed impedire che lavoratrici e lavoratori vengano sfruttati.
Spesso questi fenomeni nascondono una presenza delle organizzazioni mafiose nel mondo del lavoro. Quanto è presente la criminalità organizzata nelle aziende, e non solo in quelle agricole?
Molto, lo dicono le inchieste e i processi, in tutto il Paese e in tutti i settori. Siamo di fronte ad un fenomeno sempre più forte ed evoluto di saldatura fra criminalità economica e mafia di cui, a mio avviso, fatichiamo a percepirne la pervasività. Anche per questo abbiamo deciso di dotarci di un osservatorio, che abbiamo dedicato alla figura di Pio La Torre, proprio per indagare questi fenomeni e darci analisi e strumenti per una efficace azione di contrasto.
Economia inquinata, la porta d’accesso sono gli appalti
È così, la storia lo dimostra, e storicamente attraverso gli appalti si salda il rapporto fra settori, istituzioni e consorterie. Il nuovo codice degli appalti, la mancanza di trasparenza, gli affidamenti diretti, l’abrogazione del reato di abuso di ufficio, la liberalizzazione del subappalto favoriscono corrotti e mafiosi. Negli appalti e subappalti lavoratrici e lavoratori spesso sono sfruttati, anche a discapito della loro sicurezza e, purtroppo, anche a costo della loro vita.
Lungo la catena dei subappalti è più facile incontrare scarsa o nulla attenzione per la salute e sicurezza e un proliferare di incidenti. Questa è la settimana del primo anniversario della strage di via Mariti a Firenze, lì c’erano appalti e subappalti, lavoro grigio e nero.
Da allora, purtroppo, di incidenti sul lavoro ce ne sono stati davvero troppi, dall’operaio che lavorava in appalto al porto di Genova fino alla strage di Calenzano nel deposito di carburanti. Per questo lungo la strada della battaglia per la legalità ci sono i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil e per i quali si andrà a votare nella prossima primavera, in particolare quello sugli appalti e quello sulla sicurezza sul lavoro. Lo dicevo all’inizio, per la Cgil c’è un nesso fondamentale fra legalità e giustizia sociale, con i referendum ognuno può scegliere e decidere di cambiare, l’obiettivo della vittoria referendaria è anche una vittoria per la legalità e un momento importante della lotta alla mafia.
Infine, le norme, troppe e sbagliate, che questo governo impone: dalla proliferazione dei reati al restringimento della libertà di informazione, fino ad arrivare alla messa in discussione di strumenti che hanno garantito la possibilità di indagare come le intercettazioni. È così che si promuove legalità?
I decreti Cutro e Caivano, le limitazioni alle intercettazioni, l’abolizione dell’abuso d’ufficio, l’attacco alla libera stampa, da ultimo il decreto cosiddetto “sicurezza” che ha l’obiettivo di eliminare la possibilità di esprimere ogni forma di dissenso, e colpisce la libertà di lavoratrici e lavoratori di lottare e manifestare per rivendicare diritti e difendere il lavoro, sono la palese dimostrazione della volontà del governo di creare un assetto legislativo punitivo verso i deboli e che garantisce impunità a potenti e corrotti. Dobbiamo contrastare con determinazione questi provvedimenti, e difenderemo la democrazia continuando a praticarla, nelle piazze di fronte alle aziende, allargando anche il fronte sociale di contrasto a queste norme.
E poi la cosiddetta riforma della giustizia che in realtà è riforma della magistratura.
Giusta la precisazione, una riforma, come ci spiegano i lavoratori della giustizia, che nulla ha a che vedere con problemi reali. Occorre superare la forte precarietà esistente e stabilizzare il personale, da qui si dovrebbe iniziare per rendere più veloci i processi e garantire i diritti dei cittadini ad una giustizia efficiente. La riforma ha l’obiettivo evidente di limitare l’indipendenza di magistrate e magistrati, per questo sosteniamo lo sciopero che hanno proclamato per il prossimo 27 febbraio.