"Se ci prendevano, invece di essere torturate, violentate e uccise... ci saremmo suicidate. Mio padre ci fece preparare due pasticche di cianuro". Inizia così il racconto di Luciana Romoli, chiamata Luce dal suo comandante il giorno in cui divenne staffetta partigiana a soli undici anni. Un nome in codice scelto per proteggerla, un’identità nuova per affrontare la guerra, la paura e il coraggio di chi ha deciso da che parte stare.

In occasione degli 80 anni della Resistenza italiana, Luciana ci ha aperto le porte di casa sua e della sua memoria con una testimonianza intensa, ironica, lucidissima. Nel suo racconto ha dato voce alle sue compagne e ai suoi compagni, ai comandanti, alle partigiane e ai partigiani che hanno dato la propria vita per la liberazione dal fascismo e a sua sorella Adriana che affrontava i posti di blocco tedeschi con il sorriso e le bombe nascoste tra la verdura nelle sporte della bicicletta: “Ancora me la vedo, con un piede sul pedale e uno per terra. Io tremavo… ma loro risero e ci lasciarono passare”.

E poi il ricordo amaro dell’ingresso degli americani a Roma, accolti con spinte, rabbia e dolore: “Avete distrutto la mia casa, la mia vita, i miei ricordi. Allora siete assassini. E noi ve lo vogliamo dire”.

"Luce della Resistenza" è il titolo della nostra video-intervista a Luciana Romoli, una donna che porta ancora oggi la luce nella memoria. La sua voce ci ricorda che la libertà non è scontata, e che chi l’ha conquistata merita di essere ascoltato.