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Il 22 maggio del 2013 moriva nella sua Genova don Andrea Gallo, il prete degli ultimi. Nel 1944, non ancora sacerdote ma studente dell’Istituto tecnico nautico, Andrea segue il fratello Dino che comanda una formazione partigiana. Prende il nome di battaglia di “Nan” diminutivo di “Nasan”, in genovese nasone, soprannome datogli a scuola a causa del suo naso importante.
Scelta la via della vocazione nel 1960 viene mandato come cappellano alla nave-scuola Garaventa, riformatorio per minori dove cercherà di introdurre un’impostazione educativa diversa, basata sulla pedagogia della fiducia e della libertà.
Nominato sacerdote (l’8 dicembre del 1970 celebrava la sua prima messa nella minuscola chiesa di San Benedetto al Porto) dedicherà la sua vita agli altri, agli emarginati, ai ‘diversi’, come diceva lui stesso, “con un piede sulla strada e uno in chiesa”.
Amico di Dario Fo, Fabrizio De Andrè, Adriano Celentano, Piero Pelù, Vasco Rossi e Gino Strada, nel 2006 si farà multare, compiendo una disobbedienza civile, fumando uno spinello a Palazzo Doria-Tursi, sede del comune di Genova per protestare contro la legge sulle droghe. Sconvolgendo molti benpensanti, il 27 giugno del 2009 partecipa al Genova Pride, lamentando le incertezze della Chiesa cattolica nei confronti degli omosessuali.
Il 23 aprile precedente era morto Paride Batini, leader storico dei camalli del porto di Genova e console della Compagnia unica merci varie. Con queste parole don Andrea Gallo iniziava l’omelia per celebrare il funerale: “Caro Paride, figlio di un sovversivo, quanta galera tuo padre per un po’ di giustizia (…) La tua morte mi ha intenerito profondamente. Alla triste notizia ho pianto tanto e non mi succedeva da molto”. “Ciao contadino - proseguirà -, operaio, artista della comunicazione, sincero cristiano con una fede autentica. Ciao comunista, ciao intellettuale. Arrivederci bandiera rossa”.
Da Bandiera rossa a Bella ciao, l’8 dicembre del 2012, terminata la celebrazione della messa per il 42º anniversario della Comunità di San Benedetto al Porto, don Gallo intonerà insieme ai fedeli il canto partigiano, sventolando un drappo rosso che portava legato al collo.
Ai tanti che lo definivano comunista, don Gallo rispondeva così: “Comunista? Eh, la Madonna! Socialista? Ultimo dei no global? Mi sono state attribuite tante etichette ma io non ho scelto un’ideologia, a vent'anni ho scelto Gesù: ci siamo scambiati i biglietti da visita e sul suo c’era scritto ‘sono venuto per servire e non per essere servito’”. “Comunque è vero - dirà in un’alta occasione - sono comunista. Non dimentico mai la Bibbia e il Vangelo. E non dimentico mai quello che ha scritto Marx”.
“Don Gallo - diceva don Ciotti il giorno dei suoi funerali - ha rappresentato, nella sua vita lunga e generosa, la Chiesa che amo e nella quale mi riconosco. La Chiesa che non dimentica la dottrina, ma non permette che diventi più importante dell’attenzione per gli ultimi, per i dimenticati. Le sue parole pungenti, a volte sferzanti, nascevano sempre da un grande amore per la vita. È stato un sacerdote scomodo. Scomodo per quella politica che non serve la comunità ma interessi e poteri consolidati. Scomodo per quella Chiesa che viene a patti con quei poteri, scegliendo di non interferire, di non portare, insieme alla carità e alla solidarietà, la sveglia delle coscienze, di cui non c’è simbolo più esplicito del passaggio di Gesù su questa terra”.
La copertina di uno dei suoi tanti libri (Non uccidete il futuro dei giovani) lo ritrae in campo rosso con il basco, il pugno alzato, la bandiera della pace. “Un Che Guevara anziano e con la tonaca”, nella definizione di tanti. Un prete “angelicamente anarchico”, come si era definito in un’autobiografia. “Sempre con coraggio, continuiamo a essere trafficanti di sogni”, era l’augurio scritto a penna sulla prima pagina della sua agenda per il 2013.
Continuiamo a essere trafficanti di sogni compagne e compagni, anche oggi. Soprattutto oggi. “Chiamare qualcuno compagno - ci diceva il don - significa attribuirgli non solo una convinzione politica ma riconoscergli un valore di umanità, onestà, generosità, attendibilità, che nessun altra parola può esprimere con uguale compiutezza”.
“Ci mancherai tanto don Andrea - diceva ancora don Ciotti l’8 dicembre 2013, la prima festa dell’Immacolata festeggiata senza di lui - ci mancheranno la tua simpatia il tuo entusiasmo la tua passione. Mi mancheranno anche le nostre discussioni, quelle differenze di vedute che non hanno impedito a te uomo di mare e a me uomo di montagna, di continuare a sentire una forte affinità come se il mare e la montagna, e loro altezza delle loro profondità fossero solo un diverso sguardo sul medesimo orizzonte, un diverso modo di impegnare la vita per la dignità e diritti di tutti. Ciao seminatore di speranza. Grazie don Andrea, per le porte che hai aperto e che hai lasciato aperte”.
Grazie.