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Il 3 maggio del 2005 la Corte di Cassazione di Roma assolve definitivamente - addebitando ai parenti delle vittime le spese processali! – gli ultimi indagati per la strage di piazza Fontana. Si tratta di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, militanti di Ordine Nuovo condannati in primo grado all’ergastolo.
Alle 16 e 37 di venerdì 12 dicembre 1969 un ordigno esplode nel salone centrale della Banca nazionale dell’agricoltura di Milano. Muoiono 17 persone, 89 rimangono ferite. Un’altra bomba – fortunatamente rimasta inesplosa – viene rinvenuta sempre nel capoluogo lombardo nella sede della Banca commerciale italiana. Ancora una manciata di minuti e le esplosioni colpiscono Roma. Tra le 16 e 55 e le 17 e 30 ne avvengono altre tre: una all’interno della Banca nazionale del lavoro di via San Basilio, altre due sull’Altare della patria di Piazza Venezia.
È il più grave fatto di sangue dal secondo conflitto mondiale. Alla Camera dei deputati la seduta in corso viene interrotta e il presidente Sandro Pertini prende immediatamente posizione contro l’attentato affermando: “Onorevoli colleghi! Un vento di follia criminale si sta abbattendo sul nostro Paese e pare abbia quale obiettivo lo sconvolgimento della vita pacifica della nazione e lo scardinamento degli istituti democratici. I responsabili consumano i loro misfatti cinicamente disprezzando le vite umane. Noi, onorevoli colleghi, al di sopra di ogni divisione politica, con tutto l’animo nostro colmo di sdegno, di angoscia e di preoccupazione, condanniamo questi crimini, augurandoci che i colpevoli siano al più presto individuati e severamente puniti”.
Dal canto suo, la direzione del Pci invita “tutte le organizzazioni e i militanti comunisti alla vigilanza e alla iniziativa politica unitaria”. La città e il paese sono sgomenti, scossi, sbalorditi, frastornati per l’atrocità dell’avvenimento e il giorno dei funerali (la cerimonia verrà trasmessa dalla Rai, in rappresentanza dello Stato partecipano numerose personalità e il presidente del Consiglio Rumor) Cgil, Cisl e Uil decidono di proclamare lo sciopero generale.
“La nostra presenza ai funerali fu decisiva - dirà Carlo Ghezzi - la dimostrazione, confermata poi negli anni del terrorismo che eravamo una grande forza nazionale, che la lotta per i diritti era una sola cosa con la difesa della democrazia. La parola d’ordine, come per un riflesso condizionato, era inizialmente ‘vigilanza’. Nella Camera del lavoro, nel Pci e nella sinistra c’era il timore di ulteriori provocazioni, l’idea che molti sostenevano era quella di limitarsi a presidiare le sedi. Ci fu una discussione aspra, il momento era molto confuso. Poi, quando anche la Uilm fece sapere che era per la partecipazione, la discussione finì. E con le tute blu in piazza Duomo s’impedì che la tragedia potesse essere strumentalizzata dalla maggioranza silenziosa che allora stava nascendo”.
Eravamo, siamo, una grande forza nazionale. La lotta per i diritti era - è, rimane - una sola cosa con la difesa della democrazia.