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Dal 26 novembre al 3 dicembre 1952 si tiene a Napoli il III Congresso della Cgil. Una parte, per quanto breve, della relazione introduttiva del segretario generale Giuseppe Di Vittorio è dedicata all’esame delle condizioni e delle rivendicazioni delle lavoratrici.
Una testimonianza del maggior riguardo dimostrato nei confronti degli interessi delle donne lavoratrici si pone nel Congresso a livello rappresentativo, passando il numero di donne elette al Comitato Direttivo da cinque a tredici, un incremento assoluto che non è solo effetto dell’allargamento dell’organismo da 88 a 128 membri tra effettivi e supplenti.
Di Vittorio termina la propria relazione annunciando la proposta della Commissione femminile nazionale di incaricare la Cgil del patrocinio di una Conferenza-Costituente di tutte le associazioni e gruppi femminili con il compito di redigere una Carta dei diritti della donna italiana e della donna lavoratrice (ma nel testo dello Statuto dei lavoratori proposto al Congresso, al punto IV - dove viene affermato che “il rapporto di lavoro non deve esser sottoposto a nessuna discriminazione politica, religiosa o razziale” - si sceglie di non fare alcun riferimento alle ingiustizie prodotte dalle discriminazioni di genere).
Anche sulla parità salariale, se la posizione di Di Vittorio al Congresso è piuttosto generica, decisamente più chiaro sarà l’intervento di Bitossi il quale affermerà che, pur riconoscendo la legittimità del principio paritario, sarebbe risultato preferibile seguire una politica di piccoli passi - cauti avvicinamenti dei differenziali - che avrebbe consentito di realizzare un obiettivo così innovativo con gradualità.
Nell’autunno del 1953 viene istituita una Commissione di coordinamento e di direzione, incaricata della preparazione della Conferenza che si terrà – viene deciso – a Firenze il 23 e 24 gennaio successivi. Perché Firenze? “Perché in tale sede è possibile concentrare un buon numero di lavoratrici provenienti dalla Toscana e dall’Emilia, assicurando così una larga partecipazione e limitando la spesa”.
Le strutture territoriali e le singole federazioni sono invitate a organizzare assemblee preparatorie. Le delegate - si dà indicazione - dovranno essere scelte fra lavoratrici organizzate non solo nella Cgil, ma anche nella Cisl e nella Uil (saranno elette anche donne che non appartengono ad alcuna organizzazione sindacale), proponendosi la Conferenza, come un’iniziativa “democratica e unitaria” non limitata a trattare delle condizioni, dei problemi, delle aspirazioni di “questa o quella organizzazione sindacale, di questo o quel partito”, ma delle condizioni “(…) di tutte le donne, di tutte e nessuna organizzazione sindacale, di tutti e di nessun partito (…)”.
Durante la Conferenza, uno dei temi più dibattuti riguarda la parità salariale (che diventerà scopo statutario della Cgil solo a partire dal 1960). Nella sua relazione, Rina Picolato sottolinea come l’accorciamento delle distanze tra la retribuzione maschile e quella femminile rappresenti il “primo passo per la conquista del diritto di parità di retribuzione per parità di lavoro riconosciuto dalla Costituzione repubblicana”.
Non meno importanti sono le altre questioni contenute negli interventi delle relatrici e che saranno affrontate ulteriormente attraverso un’inchiesta popolare – promossa durante la Conferenza – all’interno degli ambienti lavorativi: il diritto al lavoro; la tutela della salute e della maternità; il rispetto delle libertà nei luoghi di lavoro.
“È di questi giorni - racconta una delle delegate Anna Jannaccone, operaia di Napoli - il fatto avvenuto alla lavoratrice Enza Vanacore in servizio presso la dispensa della ditta A.M.A., schiaffeggiata brutalmente dal figlio del padrone perché per gravi motivi familiari si era assentata un giorno dal lavoro. Alla sua protesta il padrone rispose con il licenziamento”.
“In questo settore - riporta Elvira Breda, operaia tessile di Torino - lavorano bambine dai 14 ai 15 anni che vedono ridotto a fine mese il loro misero salario a seguito delle multe ingiustificate, poiché se vi è una causa dei loro involontari errori questo è lo sfruttamento inumano esercitato attraverso l’assegnazione di mansioni che non sono da bambine, e il prolungato orario di lavoro”.
“Le lavoratrici e i lavoratori fiorentini - affermava non a caso Elsa Massai aprendo i lavori dell’assise - sono lieti e orgogliosi di potervi ospitare qui, nella nostra Firenze, culla di civiltà e di cultura. Essi lottano perché a tutto il nostro popolo possa aprirsi un avvenire di lavoro sicuro e rispettato, di libertà, di civile progresso: e ben sanno che la emancipazione della donna, il rispetto e le affermazioni dei diritti delle lavoratrici sono elementi indispensabili per l’avvento di quella società giusta, civile, progredita, per cui ogni giorno ci battiamo”.
I lavori della Conferenza si concludono con l’approvazione della Carta dei diritti della donna lavoratrice attraverso la quale si chiede che “i principi sanciti dalla Costituzione – conquistata anche per il generoso contributo delle donne alle Lotte di Liberazione Nazionale – siano tradotti in operante realtà” (con la Carta vengono inoltre promosse «La settimana dei diritti delle lavoratrici» - 1°-8 marzo - e l’inchiesta popolare sulla situazione delle lavoratrici per denunciare il perpetrare di condizioni di lavoro disumane).
“Per il bene di tutti - dirà Giuseppe Di Vittorio - si deve riconoscere il diritto della donna alla eguaglianza dei diritti civili, sociali, morali, rispetto agli uomini. Il riconoscimento degli aspetti fondamentali di questi diritti significa “uguale salario per uguale lavoro”, significa “accorciamento delle distanze”, “libertà di accesso a tutte le carriere, a tutte le cariche per le donne, senza nessuna discriminazione (…) Questa Conferenza ha dimostrato che milioni di donne italiane e milioni e milioni di lavoratori italiani non credono più a queste menzogne, e sono convinti che bisogna unire sempre di più le loro forze e lottare insieme per imprimere alla nostra società quello sviluppo economico e civile che è necessario per assicurare a tutti gli italiani il pane, il lavoro, la scuola, la cultura”.
Oggi come ieri.