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Il 1969. Un anno difficile e straordinario durante il quale si incrociano le canzoni dei Beatles e quelle di Lucio Battisti; il drammatico gesto di Jan Palach e l’arrivo alla Casa Bianca di Richard Nixon; le immagini dell’uomo sulla Luna e le battaglie sindacali dell’autunno caldo. Un anno di transizione che si apre con il discorso di Giacomo Brodolini ad Avola e si chiude con la strage di Piazza Fontana e l’inizio della strategia della tensione.
La mobilitazione dei sindacati
La Cgil, nel VII Congresso di Livorno (16-21 giugno), sceglie l’incompatibilità tra incarichi sindacali e di partito, rafforzando la propria autonomia politica.
L’apice della mobilitazione viene raggiunto con “l’autunno caldo” dei metalmeccanici, quando la categoria riesce a rinnovare il contratto ottenendo grandi conquiste in tema di democrazia (assemblea), salario (aumenti uguali per tutti), orario (40 ore settimanali), diritti e potere nei luoghi di lavoro. Gran parte di quelle conquiste troveranno poi spazio nella legge n. 300/1970, lo Statuto dei diritti dei lavoratori, fortemente voluto dall’ex segretario nazionale della Cgil e ministro del Lavoro Giacomo Brodolini, e approvato dal Parlamento nel maggio 1970, che sancirà “l’ingresso della Costituzione in fabbrica”.
La confederazione di Corso Italia propone agli altri sindacati tre temi da discutere col governo: casa e caro fitti, fisco, sanità, ma si riesce a trovare un’intesa solo sul primo tema.
Lo sciopero generale
Il 19 novembre, lo sciopero generale nazionale per la casa ottiene un successo enorme, superiore anche a quelli per le pensioni e per le gabbie salariali.
“Mai visto uno sciopero così - scriverà Rassegna Sindacale, il giornale della Cgil -. Il 19 novembre, per 24 ore, l’Italia è rimasta paralizzata. Oltre venti milioni di lavoratori hanno aderito all’appello delle tre confederazioni Cgil, Cisl e Uil per una giornata di lotta per una politica organica della casa e le riforme. Tutto fermo nell’industria, nell’agricoltura, nel commercio; servizi pubblici bloccati, negozi chiusi anche nelle strade centrali, cinema spenti, servizi aeroportuali e Rai tv completamenti fermi. Una giornata di lotta indimenticabile, che testimonia la crescita di maturità e di peso del movimento sindacale italiano. È stato un monito al governo, dopo anni in cui i temi della casa, del fisco e della salute erano rimasti terreno di propaganda e di scontento”.
Anche a Milano la mobilitazione ha un indubbio successo, ma ha un epilogo tragico. Al termine del comizio tenuto all’interno del Teatro Lirico la polizia interviene per disperdere un corteo e nel buio generato dai gas lacrimogeni rimane ucciso, in circostanze mai chiarite, l’agente di polizia Antonio Annarumma. La versione ufficiale attribuisce la morte del giovane poliziotto al colpo ricevuto da una sbarra di ferro scagliata dai dimostranti; quella dei manifestanti indica come causa della morte l’urto della testa del ragazzo contro il parabrezza di una jeep, in seguito allo scontro con un altro mezzo della polizia.
I metalmeccanici in piazza
Intanto Fiom, Fim e Uilm indicono a Roma una manifestazione nazionale per il 28 novembre, la prima organizzata da una singola categoria. Nonostante gli inviti a chiudere le saracinesche dei negozi e a tenere a casa i bambini, il successo della manifestazione è enorme e un corteo lungo cinque chilometri riempie Piazza del Popolo.
La memoria di Bruno Trentin
“Fu la prima manifestazione sindacale di massa nella capitale dagli anni del dopoguerra - dirà anni dopo Bruno Trentin -. E fu certamente la prima di quelle dimensioni. Ma ancora una volta non fu la dimensione - più di 100 mila lavoratori venuti da tutta Italia - il fatto più importante, bensì la mobilitazione che la rese possibile; l’autotassazione di centinaia di migliaia di lavoratori per mandare i loro compagni a Roma; il sacrificio di dover sopportare, per molti di questi, due notti in treno e una giornata massacrante di cortei, per poi ritornare al lavoro all’alba del secondo giorno; la disciplina incredibile di cui furono capaci i lavoratori quando ‘sbarcarono’ in una città terrorizzata da una campagna di stampa senza precedenti; il cordone ‘sanitario’, fermo ma pacifico, con il quale i vari gruppi estremisti furono isolati dai diversi cortei di operai e di studenti che convergevano verso piazza del Popolo; il silenzio totale che interrompeva una manifestazione gioiosa e piena di invenzioni ludiche (nella quale esplodeva la fierezza di ritrovarsi insieme, ognuno con la propria identità di origine, di regione, di comune, di fabbrica) ogni volta che i cortei passavano davanti a un ospedale”.
Pio Galli: “Un corteo possente”
“La manifestazione - ricorderà Pio Galli - esplodeva in un crescendo di rumori - campanacci, tamburi, fischietti, megafoni - che turbava l’ordine di una città abituata a ignorare i sacrifici, l’emarginazione, il logoramento fisico e psichico della vita in fabbrica. Ma era anche una festa, un momento di liberazione dal vincolo e dalla disciplina del lavoro alla catena, un’espressione di sé negli slogan gridati e scritti sui cartelli, nei pupazzi portati in corteo. In piazza del Popolo, all’imbrunire, si accesero migliaia di fiaccole. Un elicottero della polizia ci sorvolava, provocando fischi e reazioni. Dal palco dissero che la televisione stava filmando la manifestazione. Quel giorno non cadde un vetro. Centomila metalmeccanici avevano preso possesso della città e sfilato per ore, senza che accadesse un incidente (…). Un corteo operaio possente, composto e determinato fece impressione. I metalmeccanici cominciavano a contare”.
L’incubo di Piazza Fontana
Due settimane più tardi l’Italia intera vivrà l’incubo di Piazza Fontana.
Alle 16 e 37 di venerdì 12 dicembre 1969 un ordigno esplode nel salone centrale della Banca nazionale dell’agricoltura di Milano: muoiono 17 persone, 90 i feriti. Un’altra bomba, fortunatamente rimasta inesplosa, viene rinvenuta, sempre nel capoluogo lombardo, nella sede della Banca commerciale italiana. Ancora una manciata di minuti e le esplosioni non risparmiano la capitale. Tra le 16,55 e le 17,30 ne avvengono altre tre: una all’interno della Banca nazionale del lavoro di via San Basilio, altre due sull’Altare della patria di Piazza Venezia.
È l’inizio della strategia della tensione.