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Dal 5 all’8 maggio 1977 si tiene ad Ariccia il X Congresso nazionale della Federbraccianti. Donatella Turtura viene eletta segretaria generale della Federazione, la prima donna a guidare l’organizzazione facendo propria un’eredità importante, quella di Argentina Altobelli, fondatrice della Federazione nazionale lavoratori della terra e componente del Consiglio direttivo della CGdL fin dalla fondazione.
“Argentina non c’entra - dirà - e per ragioni che è troppo lungo spiegare. C’entrano molto, invece, il lavoro fatto, la quantità di donne nella categoria, l’apertura mentale degli uomini che dirigevano la Federbraccianti e la Cgil in quella fase (rispettivamente, Feliciano Rossitto e Luciano Lama). Nelle relazioni con gli altri segretari di categoria non c’erano ‘difficoltà’, bensì un confronto di linea e, francamente, la Federbraccianti era capace di esprimere una linea. Sono stata la prima, ma dopo di me ne sono entrate altre”.
Prima donna nella lunga storia del sindacato a entrare a far parte nel 1980 della segreteria nazionale della Cgil, l’intensa stagione politica e sindacale di Donatella Turtura s’intreccia con una parte importante della storia italiana del dopoguerra: è a capo dell’Ufficio lavoratrici negli anni del boom economico, segretaria generale della Federbraccianti nella complessa fase del processo unitario, segretaria confederale nel difficile tornante rappresentato dagli anni Ottanta, segretaria generale aggiunta della Filt in un momento cruciale per il sindacalismo confederale posto di fronte alla sfida dei sindacati autonomi, quando a Genova si confrontava senza timidezze con i camalli inferociti.
A indirizzare la sua vita saranno - racconterà lei stessa - “nel terribile inverno 1944-45” le parole pace e giustizia “scritte malamente con la calce” su una saracinesca di un negozio di via Santo a Bologna. Parole che cercherà sempre di tradurre in azione prima nel partito (“Il partito - racconterà a Guido Gerosa nel 1979 - ci mandava nelle risaie, nelle fabbriche, a diffondere i giornali, a parlare con le donne, a discutere, soprattutto ad ascoltare ... Noi studentelli andavamo a conoscere il mondo del lavoro, (…) a imparare dal movimento”), poi nel sindacato.
“Il babbo - raccontava nel volume È brava, ma... Donne nella Cgil (1944-1962), a cura di Simona Lunadei, Lucia Motti, Maria Luisa Righi (Ediesse, 1999) - era mazziniano e la mamma garibaldina. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale mia madre ci cantò una strofa dell’Internazionale e pianse a lungo quando la Francia fu occupata. Più avanti ci raccontò di Lenin e anche di Argentina Altobelli”.
E ancora: “Prima della Liberazione ho visto il muro di Palazzo Re Enzo dove i nazifascisti sparavano ai partigiani e, dopo, tante fotografie di partigiane (Irma Bandiera) e di partigiani torturati e di lager. Ho partecipato, bambina, alla scelta per la Repubblica e, prima ancora della scelta politica, sono andata tante volte fra le mondine e davanti alle fabbriche di Bologna come studentessa. I principi democratici sono stati il mio primo alimento politico”.
Entrata giovanissima alla Camera del lavoro di Bologna, in occasione delle elezioni politiche del 1953 Donatella viene inviata a Benevento per contribuire all’organizzazione della campagna elettorale e all’opposizione alla cosiddetta ‘legge truffa’. Qui, il 31 marzo 1953, è arrestata con l’accusa di resistenza, violenza e oltraggio alla forza pubblica. Rimane in carcere una settimana, poi viene rilasciata perché ancora minorenne ma con l’obbligo - eluso - di rientrare a Bologna.
Nel 1961 lascia il Pci bolognese per trasferirsi a Roma, passando nuovamente al sindacato con l’incarico di responsabile della Commissione femminile della Cgil negli anni della sua trasformazione in Ufficio femminile che dirige dal 1962 al 1967, impegnandosi in particolare per la revisione della legge 860 sulle lavoratrici madri e nei lavori preparatori della Conferenza nazionale sull’occupazione femminile tenutasi nel 1968. Nel 1965 entra a far parte del Consiglio generale della Cgil, subito dopo approda alla segreteria della Federbraccianti, fino ad assumerne la massima responsabilità.
“Non so cosa sia la carriera”, dirà: “Piuttosto ho allargato, via via, lo studio e l’iniziativa su temi che considero molto importanti. Ho rifiutato incarichi che avrebbero spezzato una linearità tematica non di carriera. Costi e arricchimenti erano e sono scontati. Sono sempre restia a parlare di me. Non ci sono cose particolarmente importanti nella mia vicenda. Solo la costanza di un impegno serio”.