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Lo scorso 1° marzo la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva, con 418 voti a favore e nessun contrario, la legge che celebra il 21 marzo quale Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Rassegna Sindacale ha deciso di celebrare questa prima, importante ricorrenza rievocando “l’intenso rapporto di collaborazione” intercorso tra due figure di enorme rilievo nella storia recente del nostro Paese: l’ex segretario generale della Cgil e della Fiom Bruno Trentin, di cui ad agosto ricorre il decimo anniversario della scomparsa, e il giudice Giovanni Falcone, ucciso da Cosa Nostra 25 anni orsono.
Gli avvenimenti che accompagnarono la tragica fine di Falcone sono noti. Era il 23 maggio 1992, sull’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, a pochi chilometri da Palermo, quando persero la vita il magistrato antimafia, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Gli unici sopravvissuti furono gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. “Giovanni Falcone è stato assassinato, con la sua compagna, con gli uomini della scorta, in un momento estremamente difficile nella vita politica del Paese – scriverà una settimana dopo Renato D’Agostini su Rassegna Sindacale –. I loro corpi straziati sono stati gettati, come troppe volte è successo, sul difficile cammino di questa disgraziata democrazia”.
A Giovanni Falcone, rivelerà nello stesso numero di Rassegna Bruno Trentin, da molti anni la Cgil si rivolgeva per averne consiglio. Trentin, che all’epoca dei fatti guidava la confederazione di corso d’Italia, conosceva personalmente il magistrato ucciso, ma non volle raccontare aneddoti sull’uomo: “Non mi piace il giornalismo spettacolo”. Alla domanda che rapporto aveva la Cgil con Falcone, Trentin però rispose: “Un rapporto intenso di collaborazione che risale ad anni lontani. Ricordo volentieri un convegno a Palermo promosso dalla Cgil in un momento in cui ci fu un attacco virulento contro il pool dei magistrati antimafia, proprio quando il giudice Carnevale dichiarava che la magistratura non poteva essere né pro, né contro il potere mafioso”.
Falcone non era presente al convegno “per ragioni ovvie”, “ma noi andammo da lui e discutemmo a lungo. Insomma, perché non dirlo, era per scelta nostra, non per volontà sua, il nostro consigliere. Dopo l’assassinio di Bonsignore discutemmo con lui tutte le possibili iniziative per far luce su un episodio che lui coglieva in tutta la sua portata a differenza di buona parte della stampa e di una parte delle forze politiche, almeno in Sicilia. Con Falcone avevamo un rapporto umano e professionale di grande lealtà e di grande trasparenza in cui era chiaro che lui conduceva la sua battaglia e accoglieva, con la sua sorridente, ma ferma capacità autonoma di selezionare, tutti i contributi che potevano concorrere a questa sua battaglia della quale faceva una ragione di vita. Nel momento in cui si incontrava con persone, con organizzazioni come la nostra che, sia pure con qualche incostanza, facevano la sua stessa scelta, si creavano possibilità di simbiosi e di lavoro comune che in parte abbiamo sperimentato nella Cgil. E per alcuni di noi la possibilità di ricevere una straordinaria lezione di umanità e di rigore politico”.
Qualche giorno dopo, il 27 giugno, una grande manifestazione unitaria (“Italia parte civile”) vedrà sfilare a Palermo oltre 100 mila persone contro la mafia e per la legalità. “Il potere mafioso deve essere isolato nelle coscienze – la richiesta di Cgil, Cisl e Uil contenuta in un documento diffuso in quei giorni –; indebolito nelle sue connivenze con i settori inquinati delle istituzioni, della pubblica amministrazione, dell’imprenditoria, dei partiti”. “Noi – dirà l’allora segretario generale della Cisl Sergio D’Antoni, illustrando l’iniziativa assieme a Bruno Trentin e Adriano Musi (della Uil) – vogliamo dare testimonianza a Falcone, determinando un moto popolare continuo e costante che sia di stimolo e pressione per tutti i poteri costituzionali”. “Vogliamo costruire un rapporto nuovo – aggiungerà Trentin – fra le forze di pubblica sicurezza e il cittadino: snodo importante per un reale presidio del territorio”.
La partecipazione alla manifestazione è così massiccia che migliaia di persone non riescono neppure a raggiungere piazza Politeama, punto di confluenza di cinque cortei, e si assiepano lungo le strade circostanti. L’afflusso ininterrotto di manifestanti prosegue anche dopo gli interventi dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. “Un groppo in gola strozza la voce a Bruno Trentin – riporterà il giorno dopo l’Unità –, a lui che da decenni grida sulle piazze i diritti dei lavoratori, quando evoca nel nome dell’amico scomparso un futuro riscatto: caro Giovanni, quel giorno verrà…”.
Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale