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Il ritiro dell’Italia dall’Afghanistan, il dibattito sul blocco dei licenziamenti, la protesta dei sindaci contro gli atti giudiziari nei loro confronti: questi i temi che dominano le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali di oggi (mercoledì 9 giugno).
“L’Italia si ritira dall’Afghanistan: dopo vent’anni la missione è finita. Herat, ammainato il tricolore” titola il Corriere della Sera, mentre Repubblica apre con “Alla ripresa servono cinquecentomila lavoratori. Riparte il lavoro ma le aziende faticano a trovare i profili richiesti: addetti al turismo, informatici, ingegneri, saldatori. Salari bassi, reddito di cittadinanza, politiche attive insufficienti impediscono al mercato di incrociare domanda e offerta”.
Tema diverso per la Stampa: “Orlando: tutele universali, a luglio il via alla riforma. Intervista al ministro del Lavoro: ‘A Salvini dico: ora basta tatticismi’. I sindacati: tra un mese 500 mila a rischio. Draghi: incontro segreto con Cgil, Cisl e Uil”. E anche per il Messaggero: “Sindaci sul piede di guerra: ‘Lavoriamo e ci indagano’. La prima cittadina di Crema sotto inchiesta per un incidente banale in un asilo. Scatta la protesta dei colleghi: tutti con lei in tribunale. Gelmini: si cambi legge”.
Il Giornale apre con “Afghanistan addio, l’Italia ritira i soldati. Grazie, eroi in divisa. Missione finita dopo 20 anni. Ammainato il Tricolore ad Herat, partiti gli ultimi 500 militari. Dal 2001 a oggi 53 caduti e 700 feriti”. Stesso tema per Libero: “Addio Afghanistan, si torna a casa. I nostri soldati si ritirano dopo 20 anni. Ammainata la bandiera italiana ad Herat. Con 54 caduti finisce la missione anti-talebani”. E anche per il Manifesto, ma con tutt’altra interpretazione: “Missione incompiuta. Dopo vent’anni di guerra chiamata ‘missione di pace’, che ha finito per rafforzare solo il terrorismo esponendo i civili a una strage dopo l’altra, l’Italia – sempre al seguito degli Usa – suona la ritirata: ‘Non vi abbandoniamo’. Ma nel Paese si muore come e più di prima”.
Il Fatto Quotidiano apre con “Omertà sui pericoli di AZ ai più giovani. Open Day, la biologa Poli: ‘Li stanno mandando a sbattere’. Tace anche la scienza: 1 trombosi ogni 50 mila”. Infine, il Sole 24 Ore: “Domanda boom per i Btp a 10 anni. Il Tesoro colloca un bond sindacato da 10 miliardi. Ordini per oltre 65 miliardi. Il rendimento lordo annuo dell’emissione è dello 0,96%. Altra asta prima dell’estate”.
Le interviste
Sul blocco dei licenziamenti “la partita non è stata persa”. Inizia così la lunga intervista al ministro del Lavoro Andrea Orlando, pubblicata sulla Stampa. Il blocco, spiega l’esponente del governo, ha consentito “di difendere la nostra capacità produttiva, di tenere in piedi imprese che rischiavano di saltare per problemi finanziari. Io non sono innamorato di questa misura, si poteva fare in modo più selettivo fin dall'inizio, ma oggi (…) bisogna affrontare gli effetti dell'esaurimento di questo strumento. Nei settori in cui si va allo sblocco dei licenziamenti a luglio la cassa integrazione c'è, il problema sono le aziende più piccole in cui non c'è e che saranno interessate dallo sblocco a ottobre: bisogna dare protezione a quei lavoratori”.
Il ministro interviene sul rischio di “spaccatura sociale” tra lavoratori garantiti e non. “Una prima risposta è costruire diritti per i lavoratori autonomi e i professionisti, soprattutto per i più giovani e per le donne”, spiega Orlando: “Poi servono politiche settoriali. Pensiamo al commercio: le persone ora acquistano sulle piattaforme online, non sappiamo quanti torneranno a comprare come prima. Bisogna sostenere le imprese che provano a ripartire, dare una prospettiva a chi non ce la fa, magari usando parte delle tasse che il G7 ha deciso di applicare alle società big tech”.
Il titolare del Lavoro si mostra ottimista sulla riforma degli ammortizzatori. “Il confronto sull'impianto si concluderà a fine mese o all'inizio di luglio, poi bisognerà avviare una discussione con il ministero dell'Economia per reperire le risorse necessarie ad attivare i vari strumenti”, illustra l’esponente del governo: “L'idea è quella di un sistema di tutela universale, costruire un meccanismo di cassa integrazione che tenga conto delle dimensioni dell'impresa e della specificità dei settori, che sia uno strumento non solo di integrazione al salario, ma anche di carattere formativo. Stesso discorso per la disoccupazione, da collegare alle politiche attive del lavoro: non si deve aspettare la fine della Naspi per mettere in moto meccanismi di ricollocazione. Insomma, strumenti diversi per dare un ammortizzatore a tutti, questa è l'ambizione”.
“Sulle morti per lavoro noi magistrati disattenti. Serve la Procura nazionale”. Questo il titolo dell’intervista al capo dell'Ispettorato nazionale Bruno Giordano, pubblicata su Repubblica. “Anche noi magistrati dovremmo avere un senso di colpa per le morti sul lavoro”, spiega Giordano: “La magistratura non può più interessarsi a questi disastri solo dove e quando si verificano, ma deve fare qualcosa prima, uscire da un torpore congenito. Dalla Costa Concordia al ponte Morandi, dalla Thyssen alla funivia di Stresa e, soprattutto, ai tre morti e duemila feriti al giorno, mi chiedo se il silenzio della magistratura non sia anche colpa, disattenzione”.
Il magistrato rileva che “la pandemia ha spostato i controlli su un versante non giudiziario, affidando ai prefetti il coordinamento di Asl, polizia locale e ispettori del lavoro, per le misure anti-Covid, sottraendo forze indispensabili all'attività di indagine. Ma nulla ha detto la magistratura”. Per Giordano “il lavoro è il diritto di avere diritti e per questo dovremmo andare ben oltre le indagini penali, radiografare le scelte di politica economica, i fenomeni sociali che sono alla base degli infortuni, come sfruttamento, caporalato, immigrazione”.
Il capo dell’Ispettorato nazionale sottolinea che “in Parlamento giace un ddl per istituire la Procura nazionale del lavoro e dell'ambiente, con procure distrettuali, alla stregua di antimafia e antiterrorismo. Consentirebbe pubblici ministeri specializzati, indagini veloci, linee investigative programmate per settori, tipi di rischio, categorie di lavoratori e competenze ispettive”. L’ultima battuta è per la proposta dei sindacati di istituire la patente a punti delle imprese: “Bene uno strumento operativo che premi le aziende più virtuose e penalizzi le inadempienti, riducendo la capacità contrattuale negli appalti pubblici, l'accesso agli incentivi e ai canali pubblicitari”.
Gli editoriali
Le conseguenze del Covid-19 sono una grande occasione per la riforma del sistema di tassazione sulle società. Parte da questo assunto l’analisi del Commissario Ue per l’Economia Paolo Gentiloni, pubblicata sulla Stampa. “Il costo della pandemia e della ricostruzione delle nostre economie sarà pari a migliaia di miliardi di euro. E tutti devono pagare la propria parte, a partire dalle multinazionali che hanno beneficiato dell'aumentata digitalizzazione nella stagione dei lockdown”, spiega Gentiloni, riconoscendo che “l'impatto per avviare la riforma della tassazione globale non sarebbe stato sufficiente senza la posizione assunta dagli Stati Uniti. L'impegno risoluto e costruttivo di Washington, espresso da Janet Yellen al G7 di Londra e in altre discussioni, è stato una boccata d'aria fresca dopo l'ostruzionismo dell'amministrazione Trump”.
L'accordo del G7 riguarda innanzitutto la nuova ripartizione delle tasse pagate dalle multinazionali più grandi e redditizie al mondo. “Queste imprese – illustra l’ex premier – pagheranno le imposte nel luogo in cui sono realizzati i loro profitti e non solo nel luogo in cui hanno stabilito le proprie sedi. Il G7 ha convenuto che ciascun Paese dovrà essere in grado di tassare almeno il 20% dei profitti (eccedenti un margine del 10%) generati da attività svolte nei propri confini nazionali. Per quanto riguarda l'imposta minima globale per le imprese, è stato raggiunto un accordo su un'aliquota effettiva di almeno il 15% in ciascun Paese”.
Paolo Gentiloni evidenzia anche che è stata raggiunta “un'intesa di principio sul (…) futuro delle tasse sui servizi digitali introdotte negli ultimi anni in diversi Paesi europei. È necessario un ‘adeguato coordinamento’ tra l'entrata in vigore delle nuove norme internazionali in materia di tassazione e il ritiro di tali imposte e di altre misure analoghe su tutte le imprese”. Un esito positivo di questo processo, conclude il Commissario Ue, adeguerebbe “la tassazione globale alla realtà del mondo contemporaneo. Segnerebbe la fine di una corsa al ribasso nella tassazione delle società: una corsa che molti Paesi stanno conducendo da troppo tempo, con pochissimi vincitori, ma diversi miliardi di perdenti”.
“Il sogno europeo dei giovani non va infranto”, questo il titolo dell’analisi proposta sul Mattino dall’economista Enrico Del Colle. Lo studioso evidenzia “la vasta mobilità del mondo giovanile tra i Paesi europei: negli ultimi tre anni prima della pandemia si sono trasferiti da un Paese a un altro dell'Unione europea (nel senso che hanno cambiato residenza, quindi sono spostamenti tendenzialmente stabili) poco meno di 2 milioni di giovani (con età tra i 20 e 34 anni, fonte Eurostat), cioè più di 600 mila spostamenti in media all'anno, e rappresentano circa il 50% del totale dei trasferimenti”. Non tutti i Paesi hanno però avuto la stessa capacità attrattiva: l’Italia, rispetto al peso della popolazione, è “in fondo alla lista, avendo ‘ricevuto’ mediamente ogni anno dagli altri Paesi europei circa 25 mila giovani, ‘cedendone’ però 45 mila”.
A spiegare questa mancanza di attrattività intervengono alcuni dati. “In Italia – illustra Del Colle – la quota di laureati con età tra i 30 e i 34 anni non supera il 28%, con media Ue oltre il 40%. La disoccupazione giovanile è, dopo la Spagna (38,1%), la più alta in Europa (33,7% contro una media europea del 17,1%, fonte Eurostat) e nell'arco dell'ultimo anno è cresciuta del 45% circa”. L'insieme di queste cifre “parrebbe indicare come i nostri ragazzi - nonostante siano disponibili nel Paese numerosi posti di lavoro qualificato - vengano attratti da Paesi che verosimilmente offrono migliori prospettive. Tale ‘inclinazione’, però, non deve ‘allarmarci’ perché l'orizzonte programmatico del mondo giovanile ormai oltrepassa i confini nazionali”.
Il vero problema del Paese, argomenta l’economista, è che “prima spingiamo i nostri figli a fare esperienze estere (con il progetto Erasmus, ad esempio, opportunamente rifinanziato con 28 miliardi per il prossimo settennio e che prima della crisi sanitaria interessava annualmente circa 40 mila nostri giovani), ma poi, una volta formati, li vogliamo trattenere, sollevando il problema della perdita di preziose competenze”. La soluzione, conclude l’editorialista, non è quella “di trattenere i nostri giovani, ma nel creare le condizioni per attrarre i giovani. Come? Migliorando i percorsi educativi e incentivando le imprese per assumere i profili più adatti a soddisfare le richieste del mercato. Sarebbe un decisivo passo verso un progetto di Paese europeo”.
La Cgil
L’apertura di Collettiva è ancora dedicata a Guglielmo Epifani, ex segretario generale della Cgil e parlamentare per più legislature, scomparso nel pomeriggio di lunedì 7 giugno. Il primo piano è un toccante video di addio, intitolato “L’ultimo saluto”, che ricostruisce il percorso umano e sindacale di Guglielmo Epifani. Seguono il ricordo commosso e intimo degli ex segretari generali Cgil Susanna Camusso e Sergio Cofferati, e dell’attuale segretario generale Maurizio Landini. Da non perdere anche la rievocazione degli anni da direttore della casa editrice Esi (ora Ediesse) e l’amore per i libri tratteggiati da Angelo Lana e Giorgio Nardinocchi.
Da segnalare anche la privatizzazione del nido pubblico “Millecolori” di Venezia, lo sciopero e la manifestazione a Genova dei lavoratori di Leonardo, la presentazione in streaming del progetto Form@2 dell’Inca Cgil, le informazioni rese dall’Inca riguardo l’assegno temporaneo per i figli minori, l’annuncio dello sciopero alla Fincantieri di Ancona per giovedì 10 giugno.
Per la rubrica “Buona Memoria”, la ricostruzione dell’assassinio dei fratelli Carlo e Nello Rosselli il 9 giugno 1937 in Francia.
L’agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’agenda di Collettiva.