L’emergenza determinata dalla pandemia di Covid-19 ha imposto all’intero sistema scolastico, dai dirigenti al personale amministrativo, ai docenti, agli studenti e alle loro famiglie, uno sforzo enorme per garantire il proseguimento dei percorsi scolastici, attuando strategie di ridefinizione delle attività didattiche in maniera non pianificata. Si è trattato di uno stress organizzativo e lavorativo senza precedenti per l’intero sistema scolastico italiano, che ha messo alla prova la capacità di reazione degli organismi dell’autonomia scolastica. Com’è stato gestito? Quali decisioni sono state prese a livello degli istituti? Con quali conseguenze per il lavoro degli insegnanti? Con quali effetti sulla qualità della didattica?  Per provare a rispondere a queste domande è stata condotta in tutto il Paese una survey promossa dalla Flc Cgil, in collaborazione con la Fondazione Giuseppe Di Vittorio.

L’indagine ‘La scuola restata a casa. Organizzazione, didattica e lavoro durante il lockdown per la pandemia di Covid-19’, ha interessato i docenti delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria, su tutto il territorio nazionale, con questionario online, tecnica Cawi, distribuito dal 3 aprile al 7 maggio 2020, con 1.197 questionari validi.

Il campione


Gli intervistati raggiunti sono per circa 4/5 donne, quindi con una proporzione nel campione molto simile a quella dell’universo degli insegnanti italiani. L’età media di quanti hanno risposto si attesta un po’ sotto i 51 anni, con le donne leggermente più giovani degli uomini, le prime con 50 anni e mezzo e i secondi un po’ sopra i 52 anni. Più di 3/5 degli intervistati risiedono nelle regioni settentrionali e tra questi quelli che risiedono nelle regioni nord-orientali sono una quota leggermente maggiore. Relativamente al grado scolastico, i docenti della scuola primaria sono quasi un terzo (31,6%), della scuola secondaria di primo grado il 21,8%, della scuola secondaria di secondo grado il 19,1% per i licei e il 19,8% per gli istituti tecnici, professionali e Cpia.

I risultati


L’analisi evidenzia, da un lato, le numerose criticità affrontate dai docenti, dall’altro la loro capacità di reazione e intervento per garantire lo svolgimento delle attività scolastiche, in un contesto caratterizzato da crescenti disuguaglianze (tra i diversi contesti territoriali e organizzativi) e da una estrema diversificazione delle esperienze di didattica a distanza, con una pluralità di stili di gestione, strumenti e pratiche adottate, anche in conseguenza delle carenze di coordinamento, supporto e indirizzo generale.

La didattica a distanza ha avuto un impatto negativo sulle condizioni di lavoro per la maggior parte dei rispondenti: per circa due docenti su tre (64,7%) il carico di lavoro è aumentato in modo rilevante in seguito al passaggio alla didattica a distanza. La scuola a casa ha comportato una significativa difficoltà per gli insegnanti nella conciliazione tra tempi di lavoro e vita privata (per tre intervistati su quattro) ed merge con una connotazione di genere, per cui sono le insegnanti più dei loro colleghi uomini ad avere problemi di conciliazione (74% per le donne e 68% per gli uomini). Rispetto ai processi decisionali, in poco più della metà dei casi (52,8%) la didattica a distanza è stata definita unilateralmente dal dirigente scolastico e dai suoi collaboratori e durante i corsi per un terzo dei rispondenti sono emerse problemi di coordinamento.

La formazione sulla didattica a distanza è mancata a circa un terzo degli intervistati, con delle carenze maggiori tra i docenti della scuola primaria e negli istituti professionali. Il 21,7% del campione dichiara di avere difficoltà sugli aspetti di gestione degli spazi e delle attrezzature a disposizione. Più in difficoltà risultano gli insegnanti nella fascia d’età 41-50 anni, che più di frequente hanno figli minorenni, in genere impegnati anch’essi nella didattica a distanza.

Due aspetti hanno senza dubbio caratterizzato l’esperienza della didattica a distanza: la variabilità degli strumenti utilizzati e la loro combinazione, in una pluralità (se non confusione…) di modalità didattiche e tecnologiche. Ad esempio, su due aspetti centrali, il registro delle presenze e la valutazione degli studenti, emerge una situazione molto diversificata: al 35,5% è chiesto di rilevare le assenze degli studenti e più della maggioranza degli insegnanti intervistati dichiara che, nella propria scuola, non sono state assunte decisioni in merito alla valutazione degli studenti

L’analisi mostra che le esperienze di didattica a distanza sono molto diversificate, influenzate da fattori strutturali e organizzativi, e hanno alimentato le disuguaglianze del sistema educativo. Difatti, meno di un terzo degli insegnanti intervistati (30,4%) raggiunge, con la didattica a distanza, tutti gli studenti della sua classe. Più problemi risultano nel Mezzogiorno, dove la percentuale di insegnanti che dichiarano di riuscire a raggiungere tutti gli studenti della propria classe si abbassano a uno su quattro. Vista tale situazione, la stragrande maggioranza degli insegnanti intervistati non ha dubbi sulla insostituibilità della didattica in presenza (76,6%) e sul fatto che la didattica a distanza sia una soluzione necessariamente emergenziale.

Dunque, l’inchiesta restituisce un racconto negativo dell’esperienza della didattica a distanza, sia considerando le condizioni di lavoro che la tutela del diritto all’istruzione per tutti gli studenti, mostrando le criticità strutturali del sistema educativo, in termini di coordinamento, partecipazione e dotazione tecnologica. Questi aspetti sono approfonditi nell’indagine in corso ‘Ricercarsi’, che interessa i settori della scuola, università e ricerca - personale docente, tecnico e amministrativo - per comprendere le condizioni e l’organizzazione del lavoro in tutto il comparto istruzione e ricerca (ricercarsi.it). Per una lettura esaustiva dei risultati dell’inchiesta, si può fare riferimento al working paper n. 2 della Fondazione Giuseppe Di Vittorio (www.fondazionedivittorio.it).

Daniele Di Nunzio, Fondazione Giuseppe Di Vittorio
Marcello Pedaci, Università degli studi di Teramo
Fabrizio Pirro, Università degli studi di Roma La Sapienza
Emanuele Toscano, Università degli studi Guglielmo Marconi, Roma