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Numerosi e seducenti sono i racconti che si fanno sui grandi vantaggi del lavoro da casa. Scelta obbligata da quando è esplosa la pandemia. Scelta che prima della crisi sanitaria era limitata a pochi e si chiamava lavoro agile. Narrazioni che non fanno i conti con la condizione delle molte e dei molti costrette e costretti a lavorare in case non adeguate, senza più separazione fra tempi di vita e tempi di lavoro. E, com’è noto, questi non sono i soli limiti.
Tuttavia, l’accelerazione determinata dalla crisi sanitaria non è reversibile, perché ha contribuito ad abbattere alcune barriere inerziali di comportamento che avevano finora frenato tendenze evidenti nella riorganizzazione digitale delle imprese. È probabile che il dispositivo sarà analogo alle piattaforme che oggi governano e gestiscono il lavoro individuale ‘non dipendente’.
Non basterà provare a negoziare, come pure sarà necessario fare, azienda per azienda, lavoratore per lavoratore, le modalità del lavoro da remoto. Serve la capacità di organizzare nuove relazioni che provino a unificare ciò che appare estremamente individualizzato, ma che ha, alla sua base, una nuova e inedita omogeneità nella forma e nelle condizioni del lavoro.
I rapporti di forza, in questo negoziato, potrebbero migliorare se il sindacato (vedremo poi con quali alleati) saprà inventare e introdurre una terza possibilità tra lavoro in azienda e lavoro a casa. Per evitare il termine co-working, che storicamente ha riguardato prevalentemente i lavoratori autonomi di terza generazione, chiamiamole per ora ‘officine municipali’, un aggettivo che comprende sia i quartieri delle grandi città che i piccoli comuni.
Un’officina municipale è uno spazio di lavoro raggiungibile a piedi o in bicicletta, sicuro, ben attrezzato e ben connesso. Al suo interno, potranno esserci tutti coloro che siano costretti a lavorare da remoto, ma non vogliano o non possano utilizzare a tale scopo la propria casa. La sua organizzazione e i servizi comuni, di cui sarà dotata l’officina municipale, saranno l’esito di una negoziazione fra tre tipi diversi d’interessi: quello delle imprese, quello delle comunità territoriali, quello dei lavoratori.
L’interesse per le imprese è relativo prevalentemente a ragioni di contenimento dei costi, legato anche al perdurare e al rinnovarsi dell’emergenza sanitaria. Riconvertire fabbriche e uffici dagli open space attuali ai nuovi standard previsti dalle autorità pubbliche e concordati con i sindacati è oneroso, in termini di investimento e di costi operativi. Gli opex (costi operativi) per ciascuna postazione di lavoro aumentano di circa il 30/50%, di media. Ma quel che è ancora più rischioso sono i capex (costi di investimento), i cui ammortamenti non sono prevedibili, perché soggetti al variare della attuale crisi epidemiologica e di quelle future.
L’interesse per le comunità territoriali riguarda molteplici aspetti: Nell’ambito dei trasporti, perché aumentare la quota di spostamenti a piedi e in bicicletta da e verso il lavoro, alleggerisce il peso sul traffico (e sull’inquinamento ambientale) e consente di applicare meglio le norme di distanziamento nel trasporto pubblico. Inoltre, nell’ambito della salute, la progettazione, la certificazione, la pulizia e il controllo di spazi di nuova concezione, può portare a un più efficace rispetto delle regole di distanziamento, applicabili per le postazioni e le aree comuni. Molto di più rispetto a uffici aziendali nati con altre caratteristiche.
Nell’ambito dei costi di connessione, appare evidente che la connessione domestica è asimmetrica verso il download prevalente nell’intrattenimento. Invece, la connessione stellare delle officine municipali consentirebbe prestazioni quasi simmetriche anche per l’upload necessario per molte prestazioni lavorative. Altrettanto significativa, per le caratteristiche peculiari del nostro Paese, è la rivitalizzazione delle aree interne, il cui spopolamento al Sud è problema noto e connesso con la distribuzione delle occasioni di lavoro.
Ma è l’interesse dei lavoratori quello determinante per promuovere e caratterizzare la proposta delle officine municipali, che, senza il coinvolgimento attivo delle organizzazioni dei lavoratori nella loro ideazione, progettazione, realizzazione e gestione si ridurrebbero a tradizionali centri di telelavoro o a spazi di coworking, come già disponibili in alcune città italiane. Gli interessi dei lavoratori riguardano I tempi di lavoro, che in questi mesi smart working si sono estesi lungo tutto l’arco della giornata, invadendo e strutturando sulle necessità del lavoro i tempi di vita.
Inoltre, soprattutto per le donne (ma non solo), tale integrazione di spazio di vita e spazio di lavoro ha significato la saturazione di ogni disponibilità di tempo e la somma di lavoro produttivo e lavoro di cura e di riproduzione sociale. Il tempo di lavoro, e di connessione, potrebbe essere più facilmente limitato al tempo trascorso nei locali dell’officina municipale.
Gli interessi di chi lavora riguardano anche la possibilità di ricomposizione sociale, perché lavorare in sicurezza accanto ad altri lavoratori impegnati nella stessa forma di lavoro consente di non sentirsi individui isolati nei confronti dell’azienda (e della piattaforma di controllo del lavoro), ma parte di una comunità che pratica la stessa esperienza di lavoro a distanza, con caratteristiche e bisogni analoghi. Questa ricomposizione potrebbe favorire una ricomposizione più ampia, finora praticata con grande difficoltà dal sindacato, che è quella tra lavoro dipendente e lavoro autonomo, qui accumunati da una stessa forma di prestazione lavorativa, capace di svelare sia la falsa autonomia del lavoro indipendente, sia la falsa sicurezza del lavoro dipendente.
È evidente che non può e non deve essere un progetto imposto dal solo interesse aziendale, con un solo soggetto proprietario e un unico modello. Nella fase iniziale, sarà utile sperimentare diverse forme proprietarie (pubbliche, private, cooperative e private sociali), con diversi modelli di finanziamento (diversi mix di incentivi pubblici, quote pagate dalle imprese e dai lavoratori). Sul lato imprenditoriale, potranno essere interessate le imprese a forte cultura territoriale, quali il sistema cooperativo o le Poste, che possono progettare modelli replicabili; ma anche la piccola imprenditoria locale dei co-working è in grado di studiare soluzioni che si adattano ai singoli territori. Infine, sul lato istituzionale, le aree metropolitane, quelle del Mezzogiorno e le aree interne, dovrebbero essere le più sensibili a cambiare un modello di concentrazione del lavoro tendenzialmente insostenibile, anche prima della crisi sanitaria.
La proposta è promossa dal Crs (Centro riforma dello Stato) e dal Forum D.D. (Disuguaglianze e Diversità)