In Italia le differenze tra uomini e donne in ambito lavorativo sono ancora molto ampie, le donne accedono più facilmente a lavori disagiati e precari, spesso la loro occupazione è part-time, soprattutto in presenza di figli, percepiscono retribuzioni più basse rispetto agli uomini anche se sono adibite alle stesse mansioni, e con molta difficoltà riescono a raggiungere mansioni apicali.

Ma tra le disuguaglianze di genere c’è anche l’aspetto che riguarda la salute e sicurezza sul lavoro. Ogni giorno in Italia muoiono o si ammalano moltissime lavoratrici e moltissimi lavoratori per infortuni o malattie professionali. Tuttavia, i lavoratori e le lavoratrici corrono rischi diversi e subiscono effetti diversi. Il genere, l’età, l’origine etnica, le condizioni di salute, oltre alle condizioni di lavoro, possono aumentare la fragilità e i rischi.

Il  D.Lgs. 81/08 prevede una valutazione del rischio su salute e sicurezza sul lavoro, non più “neutra” ma connessa alla valutazione del rischio e alla predisposizione “fisica” delle misure di sicurezza, alla reattività che alcuni agenti possano determinare uno stato di alterazione tale da determinarne una patologia.

Purtroppo, a fronte di una legge che prevede che la tutela della salute nei luoghi di lavoro sia orientata anche al genere, ad oggi, possiamo dire con assoluta certezza che il “Documento della valutazione del rischio” (Dvr) elaborato dalle aziende molto spesso è “neutro” e che l’approccio alla prevenzione in ottica di genere è ancora teorico.

I dati forniti annualmente dall’Inail evidenziano un maggior numero di infortuni degli uomini in ragione del fatto che lavorano più ore delle donne e hanno comunque una maggiore occupabilità in alcuni settori prevalentemente maschili (vedi le costruzioni), ma in alcune professioni sono le donne a riportare il tasso maggiore di infortuni e malattie professionali.

Concentrando l’attenzione sui dati annuali più consolidati, aggiornati al 31 ottobre 2023, nel quinquennio 2018–2022 emerge un aumento complessivo del 9,1% delle denunce di infortunio sul lavoro. L’incremento ha interessato la componente femminile con un +25,4% (dati Inail)

Per settore di attività (dati Inail)

Considerando la classificazione Ateco, spiccano i settori della Sanità e assistenza sociale (72,9%), del Confezionamento di articoli di abbigliamento (68,3%) e delle Attività finanziarie e assicurative con il 57,1%.

È modesta la quota femminile nei settori industriali, dove, in particolare, la percentuale scende fino all’1,6% nelle Costruzioni, settore a vocazione prettamente maschile. I decessi denunciati nel 2022 per il genere femminile sono stati 108 nella gestione Industria e servizi, con una diminuzione di sei casi rispetto al 2021. I settori maggiormente coinvolti sono la Sanità, i Servizi di supporto alle imprese, il Manifatturiero, il Commercio e le Attività di alloggio e ristorazione. Diciannove i casi mortali nel Conto Stato (12 in meno rispetto al 2021) e sei nell’Agricoltura, con la riduzione di un’unità rispetto all’anno precedente.

A livello di gestione assicurativa, nel 2022 l’incidenza dei decessi delle donne è elevata nel Conto Stato (il 51,4% del totale dei casi mortali denunciati nella stessa gestione), seguito dall’Industria e servizi (10,1%) e dall’Agricoltura (4,4%) .

Le classi di età

Con 43.105 denunce, la fascia 50-54 anni è la più colpita in valore assoluto, rappresentando circa il 15,0% di tutti gli infortuni al femminile del 2022. All’interno di questa classe di età, in particolare, gli infortuni delle donne costituiscono oltre il 46% del totale riferito a entrambi i generi. Lungo tutto l’ultimo quinquennio, inoltre, vi è stato un aumento di quasi il 55% delle denunce per le lavoratrici con età compresa tra i 65 e i 69 anni.  

Le lavoratrici straniere 

Le denunce di infortuni occorsi a lavoratrici straniere nel 2022 sono il 13,5% del totale delle donne infortunate e con un incremento del 33,4% rispetto al 2021.

Violenza sulle donne

Le lavoratrici vittime di aggressioni o violenze (per esempio da parte di pazienti o loro familiari nei confronti di operatori sanitari, da studenti o parenti nei confronti di insegnanti, fino a episodi criminosi nelle banche o negli uffici postali) rappresentano nel 2022 il 2,6% di tutti gli infortuni femminili avvenuti in occasione di lavoro, riconosciuti dall’Inail. Tra queste, oltre il 44% svolge professioni sanitarie e assistenziali. Seguono specialiste dell’educazione e della formazione (6,1%), insegnanti di scuola primaria (5,1%) e impiegate postali (4,7%). A livello territoriale, nel periodo 2018-2022, circa sei casi su dieci di violenza sulle donne sono stati denunciati al Nord.

L’impegno della Cgil

Nell’ultimo Congresso, la Cgil si è impegnata a prevenire e contrastare ogni forma di violenza e di discriminazione nei confronti delle donne per difenderne i diritti. Questo progetto, nel quale sono coinvolti il Coordinamento salute e sicurezza e L’Ufficio politiche di genere della Confederazione, ha l’obiettivo di esaminare e approfondire tutti i temi della salute e sicurezza sul lavoro in ottica di genere. Ciò al fine di favorire un diverso approccio al rischio dovuto alle differenze di genere, partendo da una adeguata formazione in tutti gli ambiti, da quelli psicosociali, a quelli fisici, garantendo le tutele quando si è subìto il danno.

Ma oltre alla formazione sarà fondamentale favorire la partecipazione delle donne alle attività decisionali e di consultazione in tema di salute e sicurezza sul lavoro, a partire dalle rappresentanti della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Sarà altresì importante  fornire  strumenti - ad esempio una mini guida per i  RLs/Rlst  -  sulle modalità di approccio alla salute e sicurezza in ottica di genere. 

Sara Taranto, Area contrattazione Cgil nazionale