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Il volume, già dal titolo, 2030 - I 10 anni che hanno cambiato il mondo, non solo riporta la narrazione dell’impegno collettivo del sindacato nell’interpretare l’attuale contesto sociale ed economico, ma anche lo sforzo esercitato per immaginare e ridisegnare un futuro sostenibile, equo, partecipato, democratico, insomma migliore.
Si tratta di un libro che affronta le sfide che ci attendono da qui al 2030 e, in particolare, la transizione verde e la trasformazione digitale. Tuttavia, l’ambizione è stata fin dal primo momento di produrre un “manuale”, per la contrattazione e per le politiche pubbliche. Gli autori, docenti ed esperti che ci hanno pregiato dei loro ragionamenti, le compagne e i compagni del centro confederale e delle categorie, hanno guardato tutti al futuro partendo dalle proprie esperienze e mettendo dentro i propri elaborati di conoscenza, progettazione e speranza.
I nostri “esperti” militanti si sono concentrati prevalentemente sull’analisi del contesto e sulle opportunità offerte già dall’attuale ventaglio di tecnologie disponibili per la sostenibilità. Nello specifico, Andrea Roventini ha scandito innanzitutto le scelte da non fare, sottolineando che “non esiste la neutralità tecnologica, ma, dati alla mano, ci sono tecnologie giuste e sbagliate”, per poi indicare le potenzialità degli investimenti pubblici e, in generale, del ruolo economico dello Stato. Anche Lelio De Michelis, per ritrovare il necessario “ottimismo della volontà”, ha voluto “capire l’oggi” con una compiuta disamina critica del neoliberismo per poi “immaginare il domani” rilanciando un rinnovato conflitto tra capitale e lavoro come motore degli eventi del prossimo futuro, esortando a una nuova alleanza fra Lavoro ed Ecologia, per governare e non subire la tecnologia. Sulla stessa scorta si inserisce la stimolante riflessione di Piero De Chiara, che argomenta, da un lato, la necessità di promuovere una società pubblica per la rete intelligente e, dall’altro, di cambiare “destino” al sindacato affinché crei “valore del lavoro” e non più del capitale, invitando a rafforzare la democrazia economica e industriale.
Le compagne e i compagni dell’Area delle politiche per lo sviluppo hanno provato altresì ad aggiornare l’idea di progresso che superi i limiti del Secolo breve, consapevoli che la straordinaria accelerazione determinata dall’innovazione tecnologica e dal cambiamento climatico ci impongono di pensare a un diverso modello sociale, al cambiamento del sistema produttivo, alla centralità della questione ambientale, alla stessa definizione e formazione di ricchezza prima ancora che agli strumenti necessari per la sua redistribuzione.
Mi ha molto convinto, e in alcune parti colpito, riscontrare nelle elaborazioni delle categorie quanto la nostra comunità, fatta di esperienze e storie diverse, sia capace di ritrovarsi in un pensiero deterministico e non solo critico: l’idealità, oltre alla profondità, dei nostri dirigenti converge perfettamente nella proiezione di un futuro che collochi l’intera umanità e il mondo del lavoro con essa in un mondo diverso, dove solidarietà, inclusione, partecipazione democratica, conoscenza e innovazione diffusa, attenzione per l’ambiente interno ed esterno ai luoghi di lavoro possano determinare il vero progresso economico, sociale, culturale. Lo sviluppo, per essere consolidato e sostenibile, deve avere la capacità di tenere assieme tutto questo.
Si deve agire per determinare il rispetto e la cura del pianeta in cui viviamo e degli esseri che con noi lo abitano, oltre che i temi più direttamente scrivibili alle questioni sociali, più propri della nostra iniziativa. Diversamente ci troveremo a perpetrare un modello che predilige rendite, accumulazione finanziaria, diseguaglianze e sfruttamento.
Infine, credo sia utile esaltare la capacità degli autori di indicare le piccole e le grandi rivoluzioni da mettere in campo, dalla contrattazione nelle singole realtà produttive all’attenzione e alla compartecipazione nella progettazione dei luoghi in cui si vive, dal rispetto dei diritti del singolo e all’idea di società. Solo attraverso questa azione corale, sul piano sindacale come culturale, si può immaginare di cambiare rotta e cambiare destinazione al futuro. Solo utilizzando tutte le intelligenze, tutte le capacità, tutte le energie, quelle del sindacato – possibilmente unitario – assieme alle tante altre forze positive presenti nel nostro Paese – penso alle molte associazioni che con noi si impegnano per migliorare la società e la stessa economia, ogni giorno, o ai giovani che incontriamo nelle iniziative e nelle mobilitazioni, specie quelle per l’ambiente – si può determinare un cambiamento del lavoro, dei luoghi, dei rapporti di forza. Un cambiamento che coinvolga tutte e tutti e, soprattutto, sia positivo per tutte e tutti.
Questo libro può rappresentare uno dei nostri strumenti più utili per interpretare il presente e, soprattutto, per “creare il futuro”, segna le azioni da mettere in campo nell’esercizio del nostro ruolo politico e negoziale, nella nostra funzione sociale, nel rinnovamento generazionale, dentro e fuori di noi, nella battaglia culturale a cui siamo chiamati a partecipare, nel ruolo storico che ci spetta compiere.