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Il tempo non è un fattore indipendente per il futuro dell’umanità, non lo è per gli effetti che il nostro sistema economico e produttivo sta determinando per la sostenibilità dell’ecosistema, non lo è per il futuro dell’umanità. In scala minore non lo è per le condizioni sociali, economiche, produttive e occupazionali del nostro Paese.
Fare scelte sbagliate o anche semplicemente non scegliere lasciandosi portare dagli eventi renderà il nostro modello sociale e produttivo dipendente da chi le scelte le sta compiendo. L’Ue, con tutti i limiti del caso, ha provato in questi anni a normare con uno sguardo di medio periodo (già è molto per noi) la trasformazione imposta dall’innovazione digitale, provando a costruire un modello che mettesse al centro la tutela dell’individuo e indirizzasse politiche comunitarie anche in campo produttivo, di ricerca e sviluppo.
L'importanza dell'Europa
Va detto che la legislazione che raccogliamo e proviamo a spiegare in "Europa digitale, la sfida di un continente", segna una visione avanzata a livello globale della ineluttabile trasformazione in corso. Ed è per noi, con l’impatto che la rivoluzione digitale sta producendo nel mondo del lavoro, indispensabile conoscerla, chiederne l’applicazione, utilizzarla come strumento per contrattare da una posizione di maggiore forza nel rapporto con parti datoriali e istituzioni nazionali.
Non siamo più nel Novecento, il tempo del lento processo di elaborazione del secolo scorso è inapplicabile a questo nuovo secolo, il lavoro cambia, gli strumenti del lavoro cambiano, la socialità cambia a un ritmo frenetico. Questo impegna un’organizzazione complessa come la nostra a uno sforzo straordinario di visione e di azione: non esiste più il tempo intermedio, quello dell’acquisizione e della consapevolezza collettiva, o almeno non esiste nelle modalità e nelle tempistiche che erano proprie del Novecento.
Pensare positivo
Con il secondo libro che presentiamo in questo numero di Idea Diffusa: ("2030. I dieci anni che hanno cambiato il mondo. Un manuale per sindacalisti audaci)" abbiamo provato a fare il salto, abbiamo pensato (confederazione e categorie) di leggere in chiave positiva il futuro del mondo e del Paese. Lo sforzo corale è stato quello di immaginare un futuro sostenibile.
Non ci siamo voluti fermare alla critica dell’attuale, a quello che si sarebbe potuto fare, ognuno nel proprio ambito: abbiamo provato a indicare una possibile risposta. Come sempre quando si forza il conosciuto e si prova a dare una risposta si rischia. Si rischia di essere imprecisi, ottimisti, settoriali, ma il senso di questo impegno era proprio quello di proporre idee, visioni, possibilità. Forse anche provocare, provocare reazioni. Forzare questo diffuso senso di irreversibilità.
Via dalla comfort zone
In questa seconda pubblicazione abbiamo chiesto, e di questo li ringraziamo, uno sforzo intellettuale anche a esperti e docenti, perché per cultura sappiamo che per costruire qualcosa di così complesso come un nuovo modello di sviluppo è necessario impegnare tutte le intelligenze a disposizione, andare oltre il proprio perimetro, oltre la propria comfort zone.
Questi due libri sono usciti in formato elettronico nella fase congressuale, perché quello è il “luogo” in cui elaborare e indirizzare le politiche dell’organizzazione. Ad aprile 2023 i libri saranno disponibili e distribuiti dalla casa editrice Futura in formato cartaceo ed epub anche all’esterno dell’organizzazione. Perché è indispensabile parlare di questi temi dentro e fuori di noi, nei luoghi di lavoro, negli spazi sociali e lì dove si può costruire un’alternativa all’attuale modello di sviluppo.
La domanda che ci dobbiamo porre guardando al prossimo decennio e alla vita delle nuove generazioni è se saremo sufficientemente coraggiosi per costruire un mondo migliore, eco-sostenibile e giusto. Scrivendo questi libri abbiamo provato ad essere intellettualmente audaci, ma è ovvio che non basta. Le idee devono avere le gambe, devono essere praticate e per fare questo, per praticare la trasformazione bisogna essere veramente coraggiosi. Bisogna avere il coraggio di programmare il cambiamento.
Decidere su cosa investire. Individuare i nuovi lavori, sostenere una indispensabile formazione continua per adeguare le competenze, scegliere di abbandonare alcuni ambiti di attività, perché inevitabilmente saranno superati per “sostituzione professionale” o semplicemente perché quei prodotti sono dannosi per l’ambiente e l’umanità.
Sindacato determinante
Il coraggio va espresso nella riconversione delle produzioni e dei prodotti, nella formazione, nella revisione dei modelli produttivi e organizzativi, nella riduzione drastica delle ore lavorate sostenuta ridistribuendo la ricchezza generata dall’attività “non umana”. Se faremo questo non ci sarà un calo dell’occupazione, ma una trasformazione del lavoro, così come è accaduto in altre fasi della storia.
È chiaro che in questo processo il sindacato è determinante e i tempi del suo agire sono determinanti per mantenere un ruolo centrale nella rappresentanza sociale che le lavoratrici e i lavoratori, pensionate e pensionati ci hanno storicamente attribuito.