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Le trasformazioni economiche e sociali che abbiamo vissuto negli ultimi anni sono il risultato di un insieme di fattori che tra loro hanno determinato profondi cambiamenti in ogni ambito del nostro vivere. Abbiamo assistito infatti al comporsi di un puzzle in un cui i tasselli rappresentati dalle infrastrutture (banda ultra larga e 5G) e dall’ampliamento delle possibilità offerte in ambito economico e sociale da queste ultime, vanno componendosi con fenomeni come l’intelligenza artificiale, cloud, edge computing, machine learning, aprendoci le porte di una rivoluzione a 360° della nostra realtà.
Lo sviluppo quindi delle infrastrutture diventa lo strumento necessario per le nuove tecnologie per esprimere pienamente il loro potenziale, divenendo quindi uno step determinante per garantire quello che ormai è considerato un diritto imprescindibile dell’uomo: il diritto di accesso ad internet.
Il dibattito sul tema del diritto di accesso a internet è un tema di gran rilievo che ha impegnato la dottrina nell’ultimo decennio, sia in ambito nazionale che internazionale, e torna oggi di grande attualità. Un “diritto sociale” che si configura come pretesa del cittadino a che lo Stato stenda sull’intero territorio nazionale la rete a banda larga, così da consentire a chiunque di servirsene ovunque lui risieda e a un prezzo abbordabile. Inoltre, lo sviluppo sempre più esponenziale di una economia fondata sul digitale e l’implementazione delle tecnologie legate alla rivoluzione industriale della nostra epoca hanno evidenziato l’esigenza di inserire il tema dei vincoli al diritto di accesso a internet in una posizione prioritaria dei governi nazionali e sovrannazionali.
Per garantire il diritto di accesso a internet possono essere individuati tre nodi critici: infrastruttura, domanda e offerta, competenze e formazione.
Per far fronte al tema dei vincoli infrastrutturali nel 2016 l’Unione europea ha pubblicato la Comunicazione COM(2016) 587 final "Connettività per un mercato unico digitale competitivo: verso una società dei Gigabit europea” in cui vengono fissati gli obiettivi per il 2025:
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connettività di almeno 1 Gbps per scuole, biblioteche e uffici pubblici;
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connettività di almeno 100 Mbps, espandibile a Gigabit, per tutte le famiglie europee;
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copertura 5G ininterrotta in tutte le aree urbane e lungo i principali assi di trasporto terrestre.
Per rispettare le indicazioni e il conseguimento degli obiettivi stabiliti dall’Unione europea l’Italia ha approvato nel Consiglio dei ministri (seduta del 3 marzo 2015), la strategia italiana per la banda ultra larga, che costituisce il quadro nazionale delle iniziative pubbliche in materia.
La strategia nasce anche sulla base delle risultanze dell'indagine conoscitiva congiunta (Agcom/Antitrust) sulla concorrenza statica e dinamica nel mercato dei servizi di accesso e sulle prospettive di investimento nelle reti di telecomunicazioni a banda larga e ultra-larga rese note l'8 novembre 2014.
La base giuridica di riferimento del piano strategico banda ultra larga è rappresentata dall'articolo 30 del decreto-legge 98 del 2011 che ha stabilito che per il raggiungimento dell'obiettivo dell'Agenda digitale europea del diritto di accesso a internet per tutti i cittadini "ad una velocità di connessione superiore a 30 Mb/s" e almeno per il 50% di sottoscrizioni di servizi di connessione con velocità "al di sopra di 100 Mb/s", il Ministero dello sviluppo economico, con il concorso delle imprese e gli enti titolari di reti e impianti di comunicazione elettronica fissa o mobile, predisponesse un progetto strategico per individuare gli interventi finalizzati alla realizzazione dell'infrastruttura di telecomunicazione a banda larga e ultra larga, anche mediante la valorizzazione, l'ammodernamento e il coordinamento delle infrastrutture esistenti.
Il raggiungimento degli obiettivi europei di sviluppo delle connessioni a banda ultra larga di rete fissa infatti, si legano anche allo sviluppo della rete mobile 5G in quanto l'infrastruttura in fibra è essenziale anche per un miglioramento della connessione mobile. Ciò in quanto il rilegamento in fibra delle stazioni radio base è la soluzione che crea le condizioni migliori per sfruttare appieno le capacità delle reti LTE.
L’altro versante dei vincoli al diritto di accesso alla rete riguarda invece il lato della domanda e dell’offerta, che si lega al discorso dell’infrastruttura e della sua realizzazione. Per quanto riguarda il nodo dell’offerta sono state infatti identificate sul territorio nazionale italiano aree differenti, suddivise a livello tecnico in 94.645 sotto-aree e da un punto di vista della qualità delle connessioni in quattro cluster di intervento a seconda del livello di intervento pubblico necessario per il conseguimento dell'obiettivo e che stimoli ed orienti la programmazione dei privati:
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cluster A - aree redditizie con cui si identificano le aree più favorevoli al conseguimento dell'obiettivo di realizzare reti ultraveloci a 100 Mbs. Si tratta delle 15 città "nere" (le più popolose d'Italia) e le principali aree industriali, in tutto si parla del 15% della popolazione nazionale (circa 9,4 milioni di abitanti). Anche in queste aree sono previsti alcuni minimi interventi necessari di stimolo pubblico, tramite strumenti di defiscalizzazioni o garanzie statali degli investimenti a debito.
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cluster B - aree per le quali non è previsto un investimento a 100 Mbs e che comprendono zone in cui sono programmati dagli operatori privati interventi per implementare connessioni a 30 Mbps, mentre soltanto grazie a interventi pubblici in grado di determinare le condizioni di mercato sufficienti a garantire i ritorni minimi necessari agli operatori è possibile prevedere investimenti per una connessione a 100 Mbs. Ci si riferisce in questo caso a 1120 comuni in cui risiede il 45% della popolazione (circa 28,2 milioni). È diviso in due sottocluster, a seconda che sia stato avviato o meno un intervento pubblico per lo sviluppo della connettività ad almeno 30 Mbps.
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cluster C - aree marginali in cui sono raggruppate quelle aree per le quali gli operatori possono maturare l'interesse a investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale. Sono circa 2.650 comuni e alcune aree rurali non coperte da reti a più di 30 Mbps in cui localizzate circa 15,7 milioni di persone (il 25% della popolazione). L'intervento pubblico in questo cluster è maggiore rispetto a quello del cluster B.
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cluster D - Sono aree a fallimento di mercato (c.d aree bianche) definite in questo modo per la loro scarsa densità abitativa, dislocata disomogeneamente sul territorio, e per le quali solo l'intervento pubblico diretto può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps. Sono comprese in queste aree i rimanenti 4.300 comuni circa, in particolare al Sud, incluse alcune aree rurali e riguarda il 15% della popolazione.
Come segnalato in ambito Agcom, si è rilevata la necessità di introdurre interventi dal lato della domanda, in quanto la domanda di servizi di connettività di rete fissa, sia residenziale sia affari, presenta dei livelli di penetrazione e di sofisticazione sensibilmente inferiori a quanto riscontrabile nei principali paesi europei, e non è migliore la situazione nell'utilizzo dell'ICT da parte della Pubblica Amministrazione. Le ragioni sono in parte legate alla composizione sociale e demografica italiana (utenza anziana e meno interessata alle nuove possibilità tecnologiche) e in parte, come ricordato dall’Agcom, dalla mancanza di contenuti idonei ad invogliare all’uso di tali nuove possibilità. La domanda di collegamenti in banda ultra larga necessita di incentivi economici che stimolino l'acquisizione effettiva di connessioni a 100 Mbps. Tali incentivi interesseranno circa il 30 per cento delle utenze nazionali accompagnando la naturale migrazione verso servizi a 100 Mbps.
In particolare, Il COBUL ha varato un piano di contributi alla connettività in favore di famiglie, piccole e medie Imprese e scuole, in tutte le aree del Paese e il Ministero dello Sviluppo Economico ha affidato ad Infratel Italia le risorse di cui alla delibera 65/2016 e 71/2017 per avviare la realizzazione e l'attivazione di un Piano Scuole e di un Piano Voucher (di fase I).
Nella seconda fase il Piano Vaucher riguarderà anche le famiglie con ISEE superiore a 20.000 euro e le imprese. Avere accesso all’infrastruttura BUL è infatti una precondizione per l’abilitazione di servizi essenziali per cittadini e imprese. La destinazione del beneficio è rivolto alle piccole e medie imprese (fino a 250 addetti, pari a 3.911.000 unità), tutte le scuole (si tratta di 39.966 plessi scolastici) e centri per l’impiego (561) e le famiglie (13.822.000 linee residenziali idonee). Peraltro, considerato l’obiettivo europeo della connessione a 100 mb in download (e 50 in upload), si prevede che tale incentivo possa essere assicurato anche per tecnologie diverse dalla fibra ottica «fino a casa» (ad esempio l’FWA o la VDSL purché assicurino un collegamento oltre i 100 mb). L’incentivo potrà operare dove sono disponibili le connessioni di rete con le caratteristiche sopra indicate.
Anche l’ultima edizione dell’indice DESI ha mostrato un miglioramento della posizione dell’Italia in ambito di penetrazione della connettività a banda ultra larga sul suo territorio ma testimonia anche come siamo ancora molto indietro dal punto di vista delle competenze digitali.
Un tema che risulta determinante anche nell’ottica di garantire il diritto di accesso ad Internet, sia per quanto riguarda le famiglie sia sul versante delle imprese. Il legame tra competenze digitali, nuove tecnologie e infrastruttura di rete è infatti molto stretto, in quanto soltanto con il miglioramento delle competenze digitali si creano le condizioni per l’introduzione ed il pieno sfruttamento delle nuove tecnologie e di conseguenza si rende indispensabile fornire imprese, cittadini e pubblica amministrazione di una infrastruttura di rete veloce e affidabile poiché essa costituisce lo strumento essenziale per la loro diffusione. Nei prossimi anni saranno necessari più investimenti per accelerare le infrastrutture a banda ultra larga, in fibra e 5G, e incrementare lo sviluppo di nuove tecnologie come l’Internet delle Cose, l’intelligenza artificiale e il Cloud, in modo da abilitare l’innovazione. Oltre a questo, è necessario che anche il Paese favorisca la diffusione della cultura del digitale a partire dai giovani e dalle scuole. Per far fronte a queste tematiche l’Italia si è dotata di una strategia globale per le competenze digitali risultato di un approccio collaborativo che ha messo sullo stesso tavolo Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Università̀, istituti di ricerca, imprese, professionisti, Rai, associazioni e varie articolazioni del settore pubblico con regia è affidata al Comitato Tecnico Guida di Repubblica Digitale, coordinato dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Con la pubblicazione del Piano operativo si sono identificate 4 linee di interventi con l’obiettivo di rendere cittadini, imprese e pubblica amministrazione pienamente consapevoli delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e connettività ad alta velocità e soprattutto in grado di sfruttare le opportunità che offrono in termini di crescita economica e sociale del Paese.
In conclusione, quindi il percorso che lega il diritto ad accedere alla rete e lo sviluppo dell’infrastruttura di rete fissa e mobile alla transizione digitale del nostro tessuto produttivo e sociale pur avendo avuto in questi ultimi anni una importante accelerazione, necessità di ulteriore impulso, superando gli ostacoli che sono stati segnalati da tutti gli attori coinvolti. È necessario in particolare continuare a rafforzare gli strumenti di semplificazione dei regimi autorizzatori a livello locale per il dispiegamento delle connessioni su rete fissa e mobile, tenendo presente, come è emerso ad esempio dalle audizioni in Commissione IX della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie nelle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5g e alla gestione dei big data, che la frammentazione regolatoria e la debolezza delle strutture tecniche a livello locale sono fattori strettamente connessi. Nelle stesse conclusioni dell’indagine conoscitiva, con riferimento alle scelte infrastrutturali è emersa la necessità di risolvere rapidamente le criticità legate alla diffusione delle connessioni in fibra ottica, si riguardo il completamento della rete a banda ultra larga sia con riferimento alla promozione dell’utilizzo della stessa. Come già accennato anche il pieno sfruttamento delle potenzialità del 5G potrà avvenire soltanto con la realizzazione di un’infrastruttura in fibra ottica completa ed efficiente quanto meno per quanto riguarda la connessione con l’infrastruttura «mobile» delle antenne 5G. Con riferimento alle “scelte infrastrutturali” sarà importante affiancare alla tecnologia FTTH anche altre opzioni per le aree remote. L’esempio del FWA comporterebbe infatti una significativa riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione dell’infrastruttura, assicurando al contempo prestazioni di grande qualità nelle aree più difficili da raggiungere. Nel complesso (infrastruttura 5G e rete fissa in fibra ottica) è di primaria importanza seguire le dinamiche di mercato e le scelte degli operatori per assicurare il raggiungimento di obiettivi di interesse nazionale, verificando con questi ultimi se le laddove il mercato italiano, caratterizzato da una forte erosione dei margini, possa giustificare e a quali condizioni, forme di sostegno o partecipazione pubblica.
Proprio il rapporto pubblico/privato, come dimostra anche la positiva esperienza della sperimentazione del 5G, necessità di un nuovo quadro di rapporti tra operatori pubblici e operatori privati e, soprattutto, all’interno del nostro sistema imprenditoriale e di formazione delle competenze. Resta una priorità primaria per l’Italia sviluppare una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, centri di sviluppo delle idee (università, centri di alta formazione, ecc.) e sistema delle imprese, non solo come elemento determinante per lo sviluppo industriale del nostro Paese, ma anche e soprattutto per consentirci di non perdere troppo terreno nei confronti degli altri Paesi nel contesto dell’avanguardia nello sviluppo mondiale.
Infine, l’altro elemento di criticità è la carenza di adeguate figure professionali in grado di promuovere e supportare le trasformazioni in corso.
Da questo punto di vista, sono fondamentali le iniziative volte a creare e rafforzare una cultura digitale diffusa che coinvolga in primis le scuole, partendo dall’insegnamento del coding nelle scuole elementari, passando per la scuola superiore per arrivare a livello universitario, dove in tutte le facoltà dovrebbe essere assicurata una formazione digitale di base. Un problema cruciale a questo proposito è quello della formazione degli insegnanti. Allo stesso modo, devono essere rafforzate le competenze specializzate. Emerge infatti in Italia da diverse analisi l’esistenza di un mismatch digitale, dovuto alla difficoltà di reperire le competenze tecniche necessarie sia per le attività intellettuali sia per quelle manuali. Utile in questo senso sarebbe approfondire le best practice internazionali, in cui poli di aggregazione tra università e centri di ricerche e imprese, si pongono come il punto di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Valerio Francola è un ricercatore della Fondazione Astrid