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La festa della Nazionale italiana ricevuta da Mattarella e Draghi, l’avvio in Senato della discussione sul ddl Zan, le grandi difficoltà della giustizia penale: questi i temi che dominano le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali di oggi (martedì 13 luglio).
“Così avete unito l’Italia. Gli azzurri ricevuti da Mattarella: ‘Vittoria meritata e armonia’. Chiellini, dedica ad Astori. Gli applausi di Draghi: ‘Grazie a voi siamo al centro dell’Europa’. Poi il giro in bus per Roma” titola il Corriere della Sera, mentre Repubblica apre con “Avete unito l’Italia. Draghi riceve la Nazionale e Berrettini: ‘Grazie a voi siamo al centro dell’Europa, lo sport insegna a tutti’. Mattarella: ‘Donnarumma ha reso felici milioni di persone’. Poi il bagno di folla nelle strade di Roma”.
Sulla Stampa si legge “Italia felice. Nazionale e Berrettini ricevuto al Colle e a Palazzo Chigi. Poi il bagno di folla”. Titolo analogo per il Messaggero: “I fratelli d’Italia. Mattarella e Draghi esaltano i neocampioni d’Europa. Folla in strada a Roma per gli azzurri sul bus scoperto”.
Il Giornale lancia “Cambia il vento, unità nazionale. Passerella d’onore per gli Azzurri. Mattarella ‘punge’ gli inglesi, Draghi esalta il ‘sistema Italia’. Così torniamo al centro del mondo dopo il Covid”. Stessa tema (ma in chiave polemica) per Libero: “Travaglio di bile per inglesi e anti-italiani. Botte ai nostri tifosi e il principe se ne va senza salutare Mattarella. Peggio dei sudditi della regina ci sono solo i commentatori di sinistra che volevano politicizzare il calcio”.
“Giochi pericolosi” titola il Manifesto: “Sulla pelle delle persone Lgbtq comincia oggi al Senato la discussione sul ddl Zan. La Lega cercherà di rimandare il testo in commissione e promette battaglia. Renzi insiste: i voti per approvarlo non ci sono. Tutto rischia di slittare a settembre e finire su un binario morto”. Il Fatto Quotidiano apre con “Notti magiche inseguendo il Covid. Bella vittoria azzurra, pessime reazioni italiote. Morti, incendi e spari: 2 vittime più 1 affogato, zero controlli, feriti e assembramenti. Anche per il pullman dei campioni, vietato e poi autorizzato (ma da chi?)”.
Infine, il Sole 24 Ore: “Processi penali, la classifica dei ritardi. In dieci distretti di Corte d’appello su 29 migliaia di procedimenti a rischio. Più risorse dal Pnrr. La riforma punta sul taglio ai dibattimenti in aula”.
Le interviste
“Dall'azienda un comportamento inaudito. Chiudere uno stabilimento di punto in bianco con una mail dà l'idea di guardare solo a logiche di profitto senza rispettare la dignità dei lavoratori, la legislazione e la contrattazione italiana”. Inizia così l’intervista alla sottosegretaria allo Sviluppo economico Alessandra Todde, pubblicata oggi sul Manifesto: “Abbiamo avuto contatti col management italiano e ci auguriamo che cambino il loro atteggiamento. Contro le delocalizzazioni possiamo rivalerci ma non se sono in paesi Ue, come in questo caso”.
Per la sottosegretaria “le ristrutturazioni sono lecite, le delocalizzazioni annunciate via mail sono inaccettabili. A pochi giorni dallo sblocco dei licenziamenti abbiamo già due casi di chiusure, Gianetti ruote e Gkn, entrambe nel settore dell’automotive”. Due casi molto diversi: “Per la Gianetti si è subito avviata un'interlocuzione con la proprietà con una procedura ordinata e ci sarà un tavolo regionale in Lombardia. Il caso Gkn è anomalo: licenziare con una mail e non avere alcun riguardo alle relazioni industriali è di una gravità inaudita”.
Todde evidenzia che “contro le delocalizzazioni abbiamo qualche strumento. Ad esempio possiamo rivalerci sulle aziende chiedendo la restituzione di incentivi e ammortizzatori. Nel caso della Whirlpool l'azienda ci ha dovuto rimborsare 7 milioni: è chiaro che per una multinazionale si tratta di cifre abbordabili, ma lo strumento c'è”. Il problema è che vale “solo rispetto a delocalizzazioni fuori dall'Unione Europea, perché nel caso di delocalizzazioni in Ue - come nel caso Gkn che pensa di spostare la produzione di Campi Bisenzio in Francia e Polonia - le norme comunitarie non consentono di rivalerci”.
L’ultimo tema affrontato è quello delle “armi” a disposizione del governo per affrontare le crisi aziendali. “La cosa più importante è arrivare per tempo per evitare di agire in emergenza”, illustra Todde: “Se si arriva in tempo ora abbiamo strumenti innovativi ed efficaci, specie in caso di crisi di liquidità di aziende italiane. Con il Fondo di salvaguardia, che permette a Invitalia di entrare nel capitale, abbiamo salvato aziende che erano già in concordato pre-fallimento come la Sicamb, azienda laziale del settore aerospazio, e la Corneliani, azienda mantovana dell'abbigliamento”. E così conclude: “Con il ministero del Lavoro abbiamo il Fondo nuove competenze che permette di coprire i costi di formazione per ristrutturare: abbiamo richieste da 20 aziende che diversamente avrebbero chiuso, come la Jabil”.
“Gli addetti ai lavori condividono da tempo l'assunto che il reddito di cittadinanza è uno strumento contro la povertà, mentre le politiche attive sono proprio un'altra cosa”. A dirlo è il presidente Adapt Emmanuele Massagli, in un’intervista pubblicato oggi sul Tempo: “Come strumento di contrasto alla povertà non si può dire che non abbia rappresentato un passo avanti rispetto al Reddito di inclusione, perché la platea è più ampia e si spende di più”.
Massagli spiega che “quando la norma fu approvata c'era bisogno di inserire meccanismi per evitare di aiutare i furbetti a restare sul divano. Così, per dimostrare l'impegno del singolo ad accettare la ricollocazione, fu definita la sottoscrizione del Patto per il lavoro. Una dichiarazione di immediata disponibilità ad accettare l'impiego qualora fosse arrivata la chiamata”. Il presidente Adapt rileva che “era noto che due terzi della platea interessata dal Reddito di cittadinanza non potevano essere obbligati alla firma del Patto perché inseriti in un percorso di reinserimento sociale. Solo per un terzo poteva essere considerato un possibile ingresso nel mondo del lavoro. Di questo 33 per cento, solo il 25 per cento ha poi trovato un posto. Ma lo hanno avuto perché già potenzialmente impiegabili”.
Per Massagli il Reddito di cittadinanza “non va abolito, da un certo punto di vista è stato provvidenziale e vero strumento di ultima istanza. Ma continuerà a drenare risorse perché i poveri sono in aumento”. Ma serve comunque una modifica: “Va eliminata – conclude – la componente che crea dipendenza. Si investono ogni anno cinque miliardi senza prospettive. La politica lo sapeva, ma ha detto le cose a metà. Con la scusa delle politiche attive è passato uno strumento di sostegno alla povertà. Che il lavoro non lo crea”.
Gli editoriali
“Gianetti Ruote e Gkn, l'albero e la foresta”: questo il titolo della riflessione dell’economista Vincenzo Comito pubblicata oggi sul Manifesto. “Mentre due aziende produttrici di pezzi meccanici per auto vogliono chiudere – spiega l’editorialista – molte altre lavorano al massimo della loro capacità produttiva e non riescono comunque a tener dietro alla domanda di chip, sempre per auto. Due mondi ormai molto lontani, che simboleggiano in qualche modo quello che sta accadendo nel mondo della componentistica”.
Comito rileva che “si sta passando rapidamente, con una rottura tecnologica epocale, dalla vettura tradizionale a una elettrica, a guida autonoma, imbottita di elettronica. La parte meccanica delle vetture sarà fortemente ridimensionata. È soprattutto su questo sfondo che bisogna valutare le decisioni della Gkn e della Gianetti Ruote, anche se la causa immediata delle crisi può essere quella del trasferimento all'estero per una questione di costi o per un calo della domanda”. La componentistica tradizionale ha la necessità “di adattarsi rapidamente o perire, mentre si pongono grandi interrogativi sull'occupazione nel settore. Ma cambiare non appare per niente semplice”.
Per l’economista sarà “molto difficile che la gran parte delle imprese si salvi da sola, anche se qualcuna riuscirà in qualche modo a farlo”, visto anche che “mancano i capitali privati nazionali desiderosi di tentare l'avventura”. L'unica soluzione è quella di “una forte iniziativa pubblica per il sostegno, la riconversione, la diversificazione, delle aziende del settore, magari con il coinvolgimento di capitali privati nazionali e stranieri. Il punto è che bisogna certamente cercare di salvare la Gkn e la Gianetti, ma il problema appare ben più largo e non bisogna far l'errore di guardare solo ai singoli alberi senza considerare tutta la foresta, e comunque prima che essa prenda fuoco”.
Il Rapporto annuale lstat ha certificato che solo il 19 per cento dei lavoratori ha operato “da remoto” durante il secondo trimestre 2020, un numero pari a 4,5 milioni di persone. Parte da questa considerazione la riflessione del ricercatore Francesco Seghezzi, pubblicata su Domani: “E questo è appunto il picco, perché la media nel corso del 2020 si fermerebbe invece al 14 per cento, poco sopra i 3 milioni. Cifra di certo maggiore rispetto agli anni precedenti, ma che è lontana dal far pensare che la ‘remotizzazione’ del lavoro sia l'inevitabile futuro della maggioranza dei lavoratori”.
Sono più d’una le motivazioni di un simile andamento. “Ci sono ragioni strutturali legate alla composizione economica del tessuto produttivo italiano, che vede una maggioranza di servizi di prossimità (retail, ristorazione, servizi alla persona) nei quali la dimensione fisica è essenziale per poter lavorare”, spiega Seghezzi, rilevando che “minore è invece la presenza di servizi di nuova generazione legati al settore bancario, finanziario, della consulenza. Questo riduce la quota di lavoratori che possono svolgere lavoro da remoto”.
C’è poi un tema “organizzativo”, che vede molte imprese italiane “legate a modelli tipici dell'impostazione taylorista fondata su ordini e direttive da parte del datore di lavoro e dei responsabili intermedi, e sul controllo della prestazione, controllo spesso esercitato in forma visiva e quindi sulla presenza fisica”. Un ulteriore fattore, più in generale, è “la polarizzazione dei livelli di innovazione e digitalizzazione delle imprese italiane, polarizzazione sia territoriale che soprattutto dimensionale”.
Ma non si può escludere, sottolinea il sociologo del lavoro, che vi sia stata “anche la volontà da parte dei lavoratori di tornare in presenza. Questo a causa dell'emersione di numerose condizioni di disagio individuale connesse all'eccessiva solitudine, all'aumento dei carichi di lavoro, al venir meno della separazione tra momenti di vita e momenti di lavoro”. Rischi psico-sociali, conclude Seghezzi, di cui si era “a conoscenza in astratto, ma che la diffusione massiccia e repentina del lavoro a distanza, senza una vera innovazione organizzativa che li limiti, ha fatto emergere. Non è così scontato quindi che questa modalità di lavoro sia il futuro, se non in una quota importante ma marginale”.
La Cgil
L’apertura di Collettiva è dedicata all’intervista al segretario confederale Cgil Roberto Ghiselli sui temi della riforma previdenziale e dell’attenzione del Pnrr alle pensioni..
Da non perdere sono anche il servizio sulla difficile vertenza della Gkn di Campi Bisenzio (Firenze), il video-reportage sul Festival del cinema di Cannes, la richiesta della Cgil al governo di aprire un tavolo di confronto sulla disabilità, il rinnovo del ccnl della piccola e media industria alimentare, i commenti dei segretari confederali Cgil Scacchetti e Ghiselli al XX rapporto annuale Inps.
Per la rubrica Buona Memoria, il ricordo della bracciante Paola Clemente, morta sul lavoro il l 13 luglio 2015 ad Andria.
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