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La tragedia di Ravanusa e il suo triste bilancio (tre morti e sei dispersi), l’aumento dei vaccinati e dei guariti dal Covid, l’imminente elezione del capo dello Stato: questi i temi che dominano le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali di oggi (lunedì 13 dicembre).
“Virus, più vaccini e guariti. A dicembre 5,1 milioni di dosi, superato il target. Ieri più di 19 mila contagi. Londra alza l'allerta. Primo bilancio del super green pass. Attacco dei no vax contro Draghi” titola il Corriere della Sera, mentre Repubblica apre con “Gas, la strage annunciata. A Ravanusa si continua a scavare tra le macerie delle palazzine per cercare i sei dispersi. Tre i morti. L'ipotesi: fuga di metano sottoterra. Le condotte sono le più vecchie d'Italia, in una zona a rischio frana. La superstite: una vampata viola, poi è crollato tutto”.
Il Messaggero titola “Dramma annunciato. Ravanusa, c'era odore di gas da giorni ma nessuno aveva segnalato: 3 morti e 6 dispersi sotto le macerie”, sulla Stampa si legge: “Vaccini ai figli, sì da un genitore su due. Il sondaggio di Euromedia Research: il Nord Est più scettico, il 24 per cento delle famiglie non ha deciso. Parla Ricciardi: ci aspetta un inverno durissimo, il governo non revochi lo stato di emergenza”.
Il Giornale lancia “La corsa entra nel vivo: la mossa di Draghi. L'idea del premier: cabina di regia con i partiti sullo stato di emergenza. Spera in un ‘no’ alla proroga per essere più libero di salire al Quirinale. Meloni: Un patriota come presidente, Berlusconi lo è”. E così Libero: “II trionfo di Giorgia ad Atreju. La Meloni scopre le carte: ‘Ecco il mio centrodestra’. La leader di Fdi: ‘Allargheremo e guideremo lo schieramento dei conservatori. Al Colle voglio un patriota. Berlusconi lo è, Draghi non so...’. E ha altri nomi pronti”.
Questa l’apertura del Fatto Quotidiano: “Draghi paga le bollette con i soldi dei disabili. I 200 milioni prelevati per contenere la nuova stangata”. Infine, il Sole 24 Ore: “Qualità della vita: Trieste allo sprint vince su Milano. La provincia giuliana, pur con le proteste no vax, trascina il Nord Est. Ultime Crotone e 23 del Sud. ‘Ricucire l'Italia’: oggi l'evento Sole via web e Sky”.
Le interviste
“C’è stato un fuoco di fila eccessivo. Lo sciopero è un diritto sancito dalla Costituzione, non è una guerra”. Inizia così l’intervista al segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, pubblicata domenica 12 dicembre sul Corriere della Sera: “Noi siamo stati molto responsabili, è da un mese che facciamo mobilitazioni in tutta Italia. Abbiamo incontrato lavoratori, giovani, pensionati, che ci hanno chiesto di andare avanti perché vogliono risposte e garanzie che non sono arrivate. Lo sciopero è un diritto costituzionale che i lavoratori pagano di tasca loro. Ma in questo caso vuole essere anche un momento di riflessione per far capire che c'è bisogno di un'Italia diversa, e ora se ne sta parlando”.
Il leader della Uil evidenzia che il governo non ha ascoltato i sindacati. “Sulla riforma fiscale avevamo chiesto di partire dai più deboli, invece i vantaggi per chi ha redditi sotto i 25 mila euro e sopra i 90 mila sono uguali”, spiega Bombardieri: “Durante l'emergenza sono stati dati senza condizionalità 170 miliardi alle aziende: sono serviti anche a non far licenziare, ma ora tocca a lavoratori e pensionati. Abbiamo chiesto un vero intervento sul cuneo fiscale che abbassi il costo del lavoro, richiesta arrivata tra l'altro anche da Confindustria, per aumentare il potere di acquisto dei lavoratori: come faranno le aziende se non ripartono i consumi?”.
Il segretario generale della Uil rimarca la necessità di “una riforma che aiuti i più deboli e aggredisca l'evasione fiscale”. E si dice disponibile a tornare a Palazzo Chigi: “Da parte nostra non ci sono pregiudiziali o chiusure. Noi vogliamo arrivare a una discussione più ampia, che ci è stata promessa ma finora non c'è stata. Ma siamo pronti a tornare al tavolo con il governo anche prima del 16 dicembre”. Riguardo la diversità di vedute con la Cisl, Bombardieri conclude che “abbiamo storie e culture diverse. Ma io rispetto le decisioni altrui. E ho la sicurezza che ci saranno convergenze future. Ora andiamo per la nostra strada”.
“Sciopero sacrosanto. Cgil e Uil fanno bene: la politica è su Marte”: questo il titolo dell’intervista al sociologo Marco Revelli pubblicata domenica 12 dicembre sul Fatto Quotidiano. “La scelta dei sindacati è fisiologica, lo sciopero è un fatto di normalità democratica, in presenza di una manovra che colpisce la parte inferiore della piramide sociale”, spiega il docente dell’Università del Piemonte Orientale: “Quel pezzo di Paese che sta peggio viene sacrificato a chi sta in alto. Come se fossimo rimbalzati indietro di un secolo”.
Revelli sottolinea che “c'è una questione di merito grande come una casa. Ci si aspettavano scelte che almeno in parte riequilibrassero il rapporto tra impresa e lavoro, non il contrario”. Tra le misure “più offensive”, il politologo cita la “rimodulazione delle aliquote Irpef, che funzionano al rovescio rispetto a qualsiasi fiscalità progressiva” e la “controriforma che ci regala l'età pensionabile più alta d'Europa, forse del mondo. Cecoslovacchi, austriaci, coreani: vanno tutti in pensione prima degli italiani. Siamo due anni al di sopra della media europea. Le nuove generazioni accederanno alla pensione a 71 anni. È una condizione medievale”.
Per il sociologo “questo popolo messo in condizioni di deprivazione e di disagio sociale rischia davvero di perdere la bussola. Le manifestazioni che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, le piazze ‘sporche’ dei no vax, attraversate da ventate di irrazionalità e superstizione, sono il prodotto di un malessere profondo”. Revelli argomenta che “è già successo nella storia, come negli anni Trenta, che di fronte alla caduta di ogni speranza di riscatto i ceti popolari si rifugiassero in comportamenti irrazionali o reazionari. Se dovessero fallire i sindacati, non si aprirebbero le porte alla ‘pace sociale’ che auspica il leader di Confindustria Carlo Bonomi. Si aprirebbero le porte a manifestazioni di conflittualità irrazionale”.
Gli editoriali
Il caporalato “sembra avere i connotati della mitologica idra. Capace di auto-rigenerarsi continuamente, nonostante i colpi assestati”. A dirlo è coordinatore dell’Osservatorio Placido Rizzotto e responsabile delle Politiche migratorie della Flai Cgil nazionale Jean René Bilongo, in un editoriale pubblicato domenica 12 dicembre sulla Stampa. “Il caporalato – prosegue – in fondo altro non è che questo: una lacerante insidia dell'economia del lavoro dipendente, specie in agricoltura. Qui imperano i caporali, anelli di congiunzione con gli imprenditori, nella loro postura di padroni-predoni”.
In Italia l'agricoltura occupa oltre un milione di persone. “Accanto a questo imponente bacino occupazionale, c'è un'area di sofferenza di circa 180 mila lavoratrici e lavoratori, prevalentemente migranti”, spiega Bilongo: “Molti di loro hanno come unico orizzonte gli accampamenti rurali informali e i ghetti nei quali si stipano in condizioni inenarrabili (…) ghetti che hanno un'altra caratteristica: sono ubicati, non casualmente, nelle retrovie, nelle vicinali e negli epicentri dei distretti agricoli. Cioè sono serbatoi di manodopera da attingere, in base al ciclo delle colture, sulla scorta delle esigenze delle aziende. Qui dettano legge i caporali, in combutta con i fruitori finali di questo discount perverso del lavoro”.
Il coordinatore dell’Osservatorio Placido Rizzotto ricorda l’esistenza della legge 199/2016 (“Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura”) e della Rete del lavoro agricolo di qualità cui sono chiamate a iscriversi le aziende (finora 5.978 su una platea potenziale di oltre 250 mila). “L'architettura di contrasto allo sfruttamento del lavoro e al caporalato in agricoltura è stata potenziata di approcci, strumenti e misure”, conclude Bilongo, rimarcando però che “non possiamo trascurare un aspetto che fragilizza molti lavoratori migranti: la Bossi- Fini. Ha generato un esercito di invisibili consegnati di fatto alle fauci e alle grinfie dei caporali. Anche per questo, dobbiamo continuare a lottare per sconfiggere l'idra”.
“Se il mondo del lavoro lancia l'Sos”: questo il titolo della riflessione del professore emerito di Diritto del lavoro dell'Università di Napoli Federico II Mario Rusciano, pubblicata domenica 13 dicembre sul Corriere del Mezzogiorno. “L'iniziativa sindacale – spiega – è un segnale preoccupante del diffuso malessere sociale e richiede una generale riflessione sulla ‘dignità del lavoro’: che rimane centrale in qualsiasi situazione economica (…) Se è sacrosanto il ‘patto sociale’ invocato da Confindustria, specie nella transizione dall'economia tradizionale alla nuova economia (verde, tecnologica e digitale), non è però pensabile che tale patto possa realizzarsi senza prospettare, per lo sviluppo, strumenti di riequilibrio nella distribuzione della ricchezza”.
Per Rusciano “non basta dunque la riforma di cassa integrazione e ammortizzatori sociali, certamente indispensabile, ma occorre un confronto franco e aperto tra parti sociali e governo per impostare una vera politica industriale (ora del tutto assente) e una nuova politica economica e del lavoro”. Il giuslavorista evidenzia che “in particolare (ma non solo) nel Mezzogiorno, permangano inalterate ombre cupe sul mondo del lavoro (lasciando da parte le pensioni)”.
Il professore cita “l’aumento della disoccupazione per i licenziamenti di massa”, i “bassi salari e le diseguaglianze retributive”, le “assunzioni solo precarie”, gli “infortuni ricorrenti”, il “lavoro nero e lo sfruttamento intensivo di lavoratori (anche immigrati) In agricoltura, edilizia e logistica”, la “mancanza di sostegno legislativo della rappresentatività sindacale e della contrattazione collettiva”. Rusciano così conclude: “Si dica pure che uno sciopero generale è al momento inopportuno, ma nell'interesse generale non si può ignorare il ‘grido di dolore’ che proviene dal mondo del lavoro. Peraltro non illudiamoci: quand'anche fallisse lo sciopero, non diminuirebbe la conflittualità sociale. Che anzi aumenterebbe e magari verrebbe gestita da chissà quali soggetti, quelli sì irresponsabili”.
La Cgil
L’apertura di Collettiva è dedicata allo sciopero generale del 16 dicembre, con l’intervista alla vicesegretaria generale della Cgil Gianna Fracassi e le opinioni dei segretari generali di categoria: Filcams (Maria Grazia Gabrielli), Filctem (Marco Falcinelli), Fillea (Alessandro Genovesi), Filt (Stefano Malorgio), Fiom (Francesca Re David), Fisac (Nino Baseotto), Flai (Giovanni Mininni), Flc (Francesco Sinopoli), Fp (Serena Sorrentino), Nidil (Andrea Borghesi), Spi (Ivan Pedretti) e Inca (Michele Pagliaro).
Sempre sullo sciopero generale, ricordiamo le ragioni della mobilitazione e la diretta della conferenza stampa dei segretari generali di Cgil (Maurizio Landini, qui anche in podcast) e Uil (Pierpaolo Bombardieri); le interviste alla vicesegretaria generale Cgil Gianna Fracassi (su scuola e conoscenza) e ai segretari confederali Cgil Rossana Dettori (su sanità e non autosufficienza), Giuseppe Massafra (su giovani e Mezzogiorno) ed Emilio Miceli (su politiche industriali e delocalizzazioni).
Da non perdere anche la diretta streaming della manifestazione regionale di Cgil-Uil in Puglia di sabato 11 dicembre (chiusa da Landini) e il video della manifestazione nazionale a Roma in occasione dello sciopero generale della scuola di venerdì 10 dicembre.
Per la rubrica Buona Memoria, il ricordo della cattura e della prigionia ad Auschwitz di Primo Levi.
L’agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’agenda di Collettiva.