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La crescente diffusione della casa di proprietà, negli anni passati, sembrava avesse delineato un superamento della “questione abitativa”. Invece, la casa e l’abitare, complice la crisi economica del 2008, sono tornati a essere un problema sociale. Un problema avvertito nel dibattito scientifico, ma ancora fuori dall’agenda politica. Anche per questo l‘ultimo numero 2018 di Rps, La Rivista delle Politiche Sociali, dedica la sezione Tema a “Le nuove forme dell’abitare”.
Nel volume viene analizzata la “nuova questione abitativa”, frutto dei cambiamenti intervenuti nella domanda, maggiormente composita rispetto al passato, per effetto delle dinamiche socio-demografiche (invecchiamento della popolazione, immigrazione, trasformazioni della struttura famigliare, crescente mobilità territoriale ecc.), dei cambiamenti economici (il perdurare della crisi economico-finanziaria, un mercato del lavoro ultraflessibile, una ridotta capacità di risparmio delle famiglie) e culturali (diffusione della sharing economy, una maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale). I nove saggi che compongono il volume sono preceduti da un’importante introduzione dei curatori, Ugo Ascoli e Micol Bronzini, che riepiloga e commenta i diversi punti di vista degli autori sulla “questione abitativa” per come si presenta oggi, sia sotto il profilo dei bisogni, sia nella configurazione delle risposte.
Il primo contributo, di Manuela Olagnero, affronta il repertorio di espressioni e concetti per le nuove politiche abitative, attraverso la disamina di alcune parole chiave: nuova questione abitativa, fascia grigia, housing sociale, investimento sociale, buone pratiche, sperimentazione e innovazione. E ne descrive le caratteristiche. Il secondo contributo, di Claudio Tosi, è dedicato alle scelta in diversi Paesi europei di rivolgere le politiche abitative alle persone in condizione di estrema povertà e/o di marginalità socio-abitativa. L’autore affronta sia le strategie integrate e il programma Housing first, in favore degli homeless, che il cosiddetto settore abitativo “molto sociale”.
Il contributo successivo di Marianna Filandri e Valentina Moiso conferma la natura tradizionalmente “poco sociale” dell’intervento pubblico. Le autrici indagano sulla relazione tra povertà reddituale e povertà abitativa, dedicandosi in particolare a confrontare le condizioni degli affittuari nel mercato privato, dei percettori di contributi pubblici per l’affitto e dei conduttori di alloggi in affitto sociale. A continuazione, l’articolo di Marco Arlotti è focalizzato sulla domanda abitativa proveniente dagli anziani fragili. Una domanda che fatica a esprimersi. Molti anziani rimangono a vivere nella propria abitazione, anche in condizioni di fragilità, in quanto proprietari della casa in cui vivono e grazie a un supporto informale da parte dei famigliari e delle badanti. Ma non è detto che sia sempre una soluzione positiva. L’autore riflette criticamente sui rischi che questa soluzione si riveli una “trappola” e sulle misure necessarie a evitarla.
Il saggio di Carla Moretti si occupa degli interventi a livello municipale per affrontare il disagio abitativo. Descrive i differenti modelli di intervento e la varietà di strumenti che agiscono, generalmente con il coinvolgimento del terzo settore. Vengono in particolare presentati i risultati di un’indagine sui servizi dedicati al disagio abitativo, realizzata nel Comune di Ancona. Segue l’articolo di Chiara Davoli, che si focalizza sulla città di Roma. Descrive le caratteristiche del disagio abitativo e la sua distribuzione in base ai dati dell’ultimo censimento della popolazione. L’analisi di Davoli evidenzia quali siano le evidenti contraddizioni del sistema abitativo italiano: da una parte si assiste alla crescita ininterrotta del patrimonio edilizio, soprattutto nei grandi comuni metropolitani (Roma presenta tassi medi annui di crescita tra i più elevati), con immobili in stato di abbandono; dall’altra permane la saturazione del mercato degli affitti e l’insufficienza di alloggi di edilizia sociale.
Non solo. Fiorenza Deriu si occupa dei problemi abitativi connessi all’invecchiamento della popolazione e alla vulnerabilità economica dei giovani, comparando l’Italia e Taiwan. Due realtà, secondo l’autrice, distanti sul piano geografico, ma assai vicine per le caratteristiche del sistema abitativo e degli andamenti demografici. Nel saggio di Silvia Sitton si guarda al cosiddetto “abitare condiviso”, agli inediti bisogni relazionali connessi con l’abitare (l’altra faccia della nuova questione abitativa), bisogni non così pressanti come quelli legati alla povertà abitativa, ma altrettanto rilevanti. Bisogni che ampliano e diversificano gli interventi necessari e che riguardano anche il tema della questione urbana, della cooperazione tra individui e, quindi, della qualità della vita nelle città.
Chiude la sezione tematica il contributo di Laura Mariani e Claudio Falasca, che in base alle analisi e alle proposte della Cgil sulla questione dell’abitare, conferma le indicazioni emerse nei saggi precedenti, per dare risposte ai bisogni legati ai bassi redditi, come anche a quelli connessi con le mutate condizioni di vita, in primis con l’invecchiamento della popolazione, qui affrontato con l’esperienza del progetto “Abitare e Anziani”. Il saggio colloca le politiche abitative dentro una nuova idea di sviluppo e di coesione sociale e richiama la necessità che sia un tema dell’agire sindacale.
Tornando al saggio introduttivo, Ugo Ascoli e Micol Bronzini lo concludono segnalando come “la nuova domanda sociale, venga espressa dal ceto medio impoverito, dai giovani in cerca di indipendenza abitativa, dagli anziani con limitata autonomia, dai migranti. Ma anche dalle famiglie espulse dai circuiti economici e dagli esclusi (senza fissa dimora, immigrati irregolari, richiedenti asilo, profughi ecc.)”. La nuova domanda, per gli autori, non è più solo legata alla necessità di una casa, ma si associa “a bisogni identitari, di cura, assistenza, socializzazione, sicurezza, strettamente connessi a quel fatto sociale complesso che è l’abitare”.
Tale crescente diversificazione dei richiedenti sollecita un ripensamento delle tradizionali modalità di risposta, “con politiche e interventi – proseguono Ascoli e Bronzini – a loro volta più mirati alle varie fattispecie di bisogno, nonché maggiormente rispondenti ai diversi contesti territoriali”. Tutto ciò reclama, con urgenza e in modo strutturale, più risorse ed esplicite politiche pubbliche per un nuovo welfare abitativo e per le città. In questo senso, il volume Rps vuole essere un contributo “per un confronto approfondito tra gli studiosi del welfare e delle politiche abitative, il sindacato e gli operatori del settore”.
Il volume contiene, come sempre, due altre sezioni: attualità e dibattito. La prima in questo numero è dedicata alle pensioni, con i due saggi sulla “Previdenza complementare”, di Salvatore Casabona e di Lucia Anselmi, e con quello sulle cosiddette “Pensioni d’oro”, di Massimo Antichi e Carlo Mazzaferro. Infine, a conclusione del volume, la sezione dibattito, che ospita i due contributi di Grazia Zuffa e di Stefano Vecchio, che si confrontano a partire dall’ultima relazione al Parlamento sulle fenomeno delle tossicodipendenze in Italia”.
Stefano Cecconi è direttore de La Rivista delle Politiche Sociali