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Migranti irregolari, stranieri considerati clandestini dalla legge, senza fissa dimora: un’emergenza umanitaria e sanitaria allo stesso tempo, soggetti socialmente fragili che da un punto i vista amministrativo sono invisibili. Molti di loro non hanno il codice fiscale, un documento di identità, e quindi anche volendo, non possono prenotarsi per il vaccino. Sono persone che vivono in condizioni difficili, a rischio perché spesso accedono a rifugi temporanei collettivi o per strada, che andrebbero protette per difenderne la salute e per controllare i contagi.
“Sono mesi che insieme alle associazioni del Terzo settore, Asgi, Naga, Sant’Egidio, facciamo pressioni sulla Regione Lombardia perché si muova e trovi una soluzione - spiega Valentina Cappelletti, segretaria regionale Cgil Lombardia -. E finalmente ha dichiarato che si impegnerà a garantire la vaccinazione Covid 19 anche ai soggetti socialmente fragili. Oltre alle centinaia di segnalazioni arrivate alla Regione, hanno aiutato le indicazioni dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco, ndr), che ha detto che il vaccino va somministrato a tutta la popolazione presente e residente, per evitare che ci fossero buchi nella campagna vaccinale”.
Un problema che non riguarda solo la Lombardia, ma tutta l’Italia. Secondo le stime delle organizzazioni del settore, sono circa 500mila gli immigrati senza permesso di soggiorno, alcuni dei quali senza documenti o con documenti non riconosciuti dal nostro ordinamento anche se possono avere il codice Stp, Straniero temporaneamente presente, utile per l’accesso ai servizi sanitari ma non al vaccino. E poi ci sono gli stranieri che hanno fatto domanda di regolarizzazione non ancora esaminata, e gli 80mila richiedenti asilo in attesa di risposta: hanno il codice fiscale e la tessera sanitaria provvisori, composti però con una modalità che non è compatibile con la prenotazione per il vaccino anti-Covid. Infine, senza fissa dimora, alcuni dei quali certamente in possesso dei documenti ma non in grado di accedere alle procedure di prenotazione.
“Il problema infatti è duplice – spiega Cappelletti -: fare in modo che queste persone abbiamo le carte in regola e poi raggiungerle e vincere le loro paure, che in molti casi le tengono lontane dal contratto con le istituzioni, anche sanitarie. Anche se non conosciamo le modalità che verranno adottate dalle Ats lombarde, pensiamo che si avvarranno della collaborazione delle associazioni e delle organizzazioni che quotidianamente si occupano di queste persone. In questa ottica potrebbero essere coinvolte le mense collettive, i dormitori pubblici, agli ambulatori solidali, contesti che hanno già a che fare quotidianamente con i più fragili e di cui queste persone già si fidano”.
Da un punto di vista giuridico, tutti devono potersi vaccinare. Lo dice la Costituzione che all’articolo 32 garantisce la salute come diritto fondamentale a coloro che vivono sul nostro territorio, anche se in via temporanea, anche se invisibili.