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“Il welfare ha davvero poco spazio in questa manovra. Innanzitutto non ci sembra che ci siano interventi strutturali su due questioni che noi consideriamo prioritarie: la non autosufficienza e la disabilità. Inoltre si rischia un restringimento del processo democratico di partecipazione su un documento così importante per la vita del nostro Paese”.
Ad analizzare la bozza del governo è Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo Settore, che ha presentato ai parlamentari le sue proposte per la legge di Bilancio, chiedendo a gran voce di investire risorse per ridurre le disuguaglianze anche in vista dell’autonomia differenziata, con il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, e di estendere la platea dei beneficiari dell’assegno di inclusione.
Insomma, il welfare non sembra essere di casa.
La situazione in cui versa il Paese è critica e le disuguaglianze sono troppo grandi per poter lasciare in secondo piano il rafforzamento del welfare e le misure a garanzia dei diritti, soprattutto dei più fragili. Questo lo abbiamo fatto presente ai parlamentari. Quello che ci preoccupa è l’assenza del dibattito, da sempre un modo per dare voce a soggetti sociali e territoriali, e ad esigenze che altrimenti rimarrebbero fuori dalla discussione.
Quali sono le misure che bisognerebbe mettere in campo per superare divari, disuguaglianze e povertà secondo lei?
Partiamo dai livelli essenziali delle prestazioni, fondamentali ancor di più alla luce della realizzazione dell’autonomia differenziata: il processo di individuazione da parte del Comitato istituito ad hoc si sta svolgendo in modo frettoloso, ma soprattutto ci preoccupa l’assenza di risorse aggiuntive per finanziarli. Sul fronte della povertà assoluta, che è aumentata notevolmente, gli attuali provvedimenti non possono essere considerati soddisfacenti nel contrastare il fenomeno.
Invece bisognerebbe avviare un percorso virtuoso in grado di sostenere un progressivo affrancamento dalla condizione di povertà, deprivazione ed emarginazione sociale. Per esempio, sull’assegno di inclusione si potrebbe reintrodurre la soglia reddituale di accesso differenziata per coloro che sono in locazione a 9.360 euro, allentare il vincolo di residenza per gli stranieri da 5 a 2 anni, rivedere la scala di equivalenza dell’assegno di inclusione.
Come giudica il reddito di inclusione e la social card?
Non conosciamo l’efficacia della carta dedicata a te, ma sappiamo che le misure di sostegno al reddito sono state fortemente ridimensionate. Bisogna puntare su un rafforzamento dell’assegno di inclusione per allargare la platea dei beneficiari, perché ci sono persone rimaste fuori per motivi burocratici. Occorre introdurre strumenti di dignità e autonomia di vita e, insisto, sostenere i servizi dei livelli essenziali delle prestazioni: se c’è carenza dei servizi, le prime a risentirne sono proprio le fasce più indigenti.
E per i soggetti fragili?
È indispensabile che nella legge di bilancio sia presente un consistente e adeguato stanziamento di risorse per garantire la copertura finanziaria per la riforma sugli anziani non autosufficienti, per cui non troviamo indicazioni nella norma, e anche l’apertura di servizi prevede risorse molto ridimensionate rispetto al fabbisogno. Per la disabilità i fondi inizialmente previsti sono stati temporaneamente spostati su altri ambiti. Poi c’è il tema della casa, completamente dimenticato nella manovra.
Avete delle proposte per riconoscere e valorizzare il ruolo delle realtà sociali. Quali?
In Italia ci sono 363 mila enti no profit attivi, realtà spesso piccole e piccolissime, sparse anche nelle aree interne, che rappresentano un presidio di partecipazione attiva e di tenuta sociale, spesso gravate da costi fissi difficilmente comprimibili. Ci vorrebbe un regime fiscale giusto e non penalizzante, a partire dall’eliminazione della tassa Irap e dall’applicazione del “fuori campo Iva”.
Tra le cose che mancano all’appello in manovra ci sono anche le risorse per il servizio civile universale?
Nonostante che con il Pnrr si sia voluto investire sul servizio civile universale, le risorse stanziate non sono sufficienti a garantire un target numerico minimo di 60 mila posizioni e un contingente estero di 1.500. Da qui la necessità di incrementare i fondi di 280 milioni di euro per il 2024 e 2025.
Capitolo cooperazione internazionale. Quali valutazioni fate?
C’è una proposta nella bozza di legge di bilancio che ci lascia perplessi, che prevederebbe una sorta di votazione da parte dei cittadini dei progetti presentati. Un meccanismo impossibile da capire che bypasserebbe il ministero degli Esteri, dove c’è un forum sulla cooperazione. A parte questo, occorre un sostegno alla cooperazione allo sviluppo anche in virtù della portata del fenomeno migratorio e delle pericolose dinamiche internazionali. La strada è impegnarsi a raggiungere l’obiettivo di destinare lo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo entro il 2030.