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La Missione 6, quella che riguarda la sanità, è in grave ritardo. Questo quanto emerge dal report sullo stato di attuazione della Missione Salute a cura dell’Area Stato sociale e diritti della Cgil, stilato elaborando i dati della piattaforma di monitoraggio ReGiS predisposta dal ministero dell’Economia. Eppure Next Generation Eu e i relativi Pnrr nacquero come risposta dell’Europa alla crisi economica conseguente la pandemia, e i progetti per potenziare e rilanciare la sanità di territorio avrebbero dovuto essere centrali e i primi a essere realizzati. Ma i numeri sono impietosi.
I ritardi
Sono concentrati in pochi numeri: i 19,2 miliardi a dicembre 2024 sono serviti a finanziare 10.084 progetti della Missione 6, ma ne sono stati utilizzati solo 3,5 pari al 18,1% del totale. “A tre anni dall’avvio del Pnrr e a 16 mesi dalla scadenza – afferma Daniela Barbaresi, segretaria nazionale Cgil – lo scenario dello stato di attuazione della Missione Salute è allarmante, con troppi progetti che procedono a rilento, con ritardi nell’esecuzione dei lavori o ancora fermi alla fase di progettazione. Le poche opere completate e collaudate rendono concreto il rischio di non conseguire gli obiettivi strategici entro giugno 2026”.
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La denuncia
Si legge infatti nel report che “degli 8.871 progetti di cui è possibile monitorare l’iter di attuazione, 3.615 presentano ritardi in almeno una delle fasi di attuazione (40,8% di quelli monitorati): ritardi che alimentano forti preoccupazioni e incertezze in merito alla concreta volontà di attuarli. Solo 3.108 progetti risultano conclusi (pari al 35%)”.
Ancora più preoccupante è che a registrare i ritardi maggiori sono le case e gli ospedali di comunità. Cioè quelle infrastrutture che servono – forse sarebbe meglio dire servirebbero – a realizzare la rete della sanità di territorio, quella che è mancata durante la pandemia. Sarà un caso che proprio qui si registrano i ritardi maggiori? Ed è bene ricordare che fu l’allora ministro Fitto, nella prima rimodulazione del Piano, a ridurre proprio case e ospedali di comunità.
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Le case di comunità
Sono una struttura centrale e indispensabile per la sanità di territorio: in quelle case dovrebbe essere realizzata la presa in carico socio-sanitaria dei pazienti, soprattutto cronici. A dicembre scorso ne risultavano terminate e collaudate solo 25 su 1416, finanziate da 2,8 miliardi. A 16 mesi dal completamento del piano di case di comunità, dunque, ne sono state realizzate solo l’1,8%. In altri 885 progetti almeno uno step presenta un ritardo (62,6%); in 598 strutture (42,4% del totale delle opere previste) si sta lavorando, mentre ci sono preoccupanti ritardi nell’avvio dei lavori di esecuzione di 631 strutture (44,8%).
E, come nei giorni scorsi aveva denunciato la Svimez, le regioni dove si registrano maggiori ritardi sono al Sud: Molise (dove tutti i progetti presentano ritardi nell’inizio lavori), Sardegna (con ritardi nel 93,9% dei progetti), Calabria (86,9%) e Campania (78,4%). Ed è bene ricordare che la realizzazione di questi progetti è in capo alle Regioni.
Infine la capacità di spesa: ciò che davvero allarma è che, a fronte di 2,8 miliardi di euro di finanziamento complessivo, a dicembre 2024 risultano effettuati pagamenti per soli 261 milioni, meno di un decimo delle risorse a disposizione.
Ospedali di comunità
Non va meglio nemmeno per queste strutture, quelle che dovrebbero servire a rendere più sereno il passaggio dall’ospedale alla propria casa, con cure intermedie e continuità assistenziale gestite prevalentemente da personale infermieristico. Al momento però più una chimera che una realtà: 1,3 miliardi per 427 strutture, ma quelle finite e collaudate sono solo 10, pari al 2,3% del totale. Ben oltre il 61% dei progetti risultano in ritardo. Entrando più in dettaglio scopriamo che sono in corso i lavori per la realizzazione di 184 strutture (43,3% del totale), ma è ancora in ritardo l’avvio dei lavori di esecuzione di 193 strutture (45,4%), cui si aggiungono i ritardi nella fine dei lavori di altri 23 ospedali di comunità (5,4%).
E sono ben 143 i progetti ancora fermi perché in ritardo nella fase della progettazione della fase esecutiva. Dove si è più in ritardo? Sorprendentemente insieme alle note regioni meridionali scopriamo anche Bolzano dove, insieme al Molise, tutti i progetti sono in ritardo nella fase di progettazione
Per quanto riguarda, poi, la capacità di spesa, anche in questo caso non siamo messi bene: di quel miliardo e 300 milioni di finanziamenti sono stati effettuati pagamenti per soli 100 milioni di euro, stiamo parlando di uno scarso 7,9%.
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Dati su dati
L’analisi fornita dall’Area stato sociale e diritti della Confederazione è stato possibile grazie a uno strumento potentissimo, collegato a ReGiS e realizzato in Cgil, che nasce da una straordinaria esperienza di collaborazione interna, dall'area dell'organizzazione a quella economica, fino al settore informatico: grandi competenze e tanto altruismo al servizio delle persone e a disposizione dei territori, in grado di monitorare in tempo reale lo stato di avanzamento dei singoli progetti di ogni missione del Pnrr.
“Uno strumento pensato per dare forza alla rappresentanza sindacale nei territori”, spiega Cristiano Zagatti, coordinatore dell’Area stato sociale e diritti: “La riforma dell'assistenza territoriale, con gli ingenti finanziamenti del Pnrr, è un'occasione straordinaria per migliorare la vita delle persone che vogliamo rappresentare. L’applicativo è utile non solo al monitoraggio del rispetto dei tempi, ma ci permette di conoscere ogni singola gara, azienda o consorzio coinvolti. Possiamo così contrattare anticipatamente la condizione di lavoro di migliaia di donne e uomini per un lavoro di qualità, tutelato, dignitoso. Con il buon lavoro possiamo trasformare e migliorare i servizi pubblici proprio a partire dalle case e ospedali di comunità”.
Scenario sconcertante
E dai dati arriva lo sconcerto. Lo dicevamo, mancano 16 mesi alla scadenza del Piano, soprattutto manca moltissimo ai cittadini e alle cittadine una sanità di territorio in grado rispondere ai propri bisogni di salute. E poi una domanda: case e ospedali della comunità, quando saranno completati, come faranno a funzionare senza medici, infermieri e infermiere, operatori sanitari e assistenti sociali? E i medici di medicina generale, sempre meno e sempre più stremati come i colleghi dei pronto soccorso e degli ospedali, che rapporto avranno con il Ssn e con le case di comunità? Interrogativi che al momento sono senza risposte.
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Cgil: manca il personale
“In questo scenario - commenta Barbaresi - risulta davvero difficile credere che il governo possa immaginare di riuscire a terminare tutti i lavori per collaudare le strutture entro giugno 2026, data prevista per la scadenza definitiva. Inoltre resta il nodo del personale: non basta costruire strutture se non si mettono nelle condizioni di essere operative ed efficienti. Senza prendere in considerazione i possibili e auspicabili sviluppi della figura dei medici di medicina generale alle dipendenze del Ssn, solo per case e ospedali di comunità, per cui non si vedono atti di interessamento concreto da parte del ministero della Salute, è necessario assumere 33 mila unità di personale. Sarebbe l’unico concreto intervento che migliorerebbe i tempi di attesa, riempiendo il vuoto degli spot governativi o l’inconsistenza degli atti ministeriali. Quanti ricoveri impropri si potrebbero evitare garantendo la presa in carico da parte di un’adeguata rete di assistenza territoriale? Quanta pressione negli ospedali, a partire dagli accessi impropri nei pronto soccorso, si potrebbe evitare?”.
Conclusione: la mobilitazione prosegue
Per rilanciare il Servizio sanitario pubblico e universale bisogna partire dal territorio, servono investimenti e personale. I ritardi nell’attuazione della Missione 6 del Pnrr sono quasi una conferma del disinvestimento nel pubblico del Governo Meloni. “Per rendere effettivo il diritto alla tutela della salute - conclude Barbaresi - occorre adeguare l’offerta di assistenza ai bisogni della popolazione con un forte investimento nel territorio, superando divari e diseguaglianze tra le diverse aree del Paese. La nostra mobilitazione proseguirà per rafforzare e rilanciare il Servizio sanitario nazionale”.